Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1329 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 20/01/2011), n.1329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.D., F.E., F.M., F.

P., F.R., FO.MA. quale erede di

fo.ma., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ACQUARONE

GIUSEPPE, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati

MARITATO LELIO, ANTONINO SGROI, LUIGI CALIULO, giusta procura in

calce al ricorso notificato;

– resistente –

e contro

F.A., BNL SPA CREDITO INDUSTRIALE, SOGET SPA, D.

T.G., CAPITALIA SPA già Banca di Roma SpA, EQUITALIA

PRAGMA SPA, BANCA POPOLARE ADRIATICO SPA, TERCAS CASSA DI RISPARMIO

DELLA PROVINCIA DI TERAMO SPA, PRAGMA RISCOSSIONE SPA, MONTEPASCHI

SERIT SPA, BNL SPA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 382/1994 R.E. del TRIBUNALE di TERAMO,

depositata il 31/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito per i ricorrenti l’avv. Gabriele Pafundi che si riporta agli

scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PASQUALE

PAOLO MARIA CICCOLO che nulla osserva rispetto alla relazione

scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: “1. – E’ chiesta la cassazione della ordinanza del tribunale di Teramo in data 31.7.2009, con la quale, il giudice dell’esecuzione, dichiarato estinto il procedimento esecutivo immobiliare di R.G. n. 382/1994 adottava il seguente provvedimento Il G.E., a scioglimento della riserva che precede, ritenuta la natura non contenziosa del procedimento esecutivo, essendosi la procedura estinta per mancanza di iscrizione nel termine assegnato del giudizio di divisione, e non a seguito del suo naturale svolgimento nell’ambito del quale le spese della procedura esecutiva sono poste a carico del debitore nel piano di riparto finale (provvisoriamente a carico del creditore procedente); ritenuto che non possa essere applicato il criterio della soccombenza e dunque non è individuabile il soggetto che sarebbe tenuto a sostenere le spese eventualmente liquidate, rigetta l’istanza di liquidazione delle spese inerenti la presente procedura”. Gli intimati non si sono costituiti.

Il giudizio che ha dato luogo al presente ricorso può sintetizzarsi come segue. La BNL, sulla base di titolo esecutivo rappresentato da decreto ingiuntivo nei confronti di D.T.G. e di F.A., promuoveva esecuzione forzata immobiliare notificando il relativo pignoramento che, per il D.T., comprendeva i diritti pari ad un terzo degli immobili allo stesso intestati.

Nell’esecuzione intervenivano altri creditori.

Nel corso del procedimento esecutivo, la creditrice procedente notificava agli odierni ricorrenti, comproprietari non debitori, istanza ex art. 600 c.p.c. per la divisione dei beni sottoposti ad esecuzione relativamente alle quote appartenenti agli stessi, nonchè decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti in cui si costituivano gli stessi.

Rilevavano che le porzioni immobiliari indicate nell’atto loro notificato erano divenute di loro proprietà per usucapione, prima dell’inizio dell’esecuzione immobiliare, avendole essi possedute per 50 anni in modo pacifico, pubblico ed ininterrotto.

Aggiungevano che gli immobili erano stati regolarmente frazionati con l’attribuzione relativa e che le porzioni, che già all’epoca del frazionamento erano state dagli stessi usucapite, erano state vendute a terzi.

Dichiaravano, comunque, di non opporsi alla divisione.

Per quel che qui interessa deve rilevarsi che il G.E. disponeva procedersi a divisione immobiliare, giudizio che non era promosso, ne dal creditore procedente, ne dagli intervenuti.

Anzi la BNL, con documentazione acquisita al procedimento esecutivo, all’udienza fissata, dava atto che riteneva di non procedere ulteriormente, posto che, sulla base della documentazione ora in suo possesso, il credito di cui si tratta è riferito, difformemente da quanto appariva, alla posizione Del Toro Gabriele Ditta, che comunque risulta anch’essa da tempo estinta e che, quindi, non vi era più ulteriore attività giudiziaria da compiere.

Alla stessa udienza, quindi, gli odierni ricorrenti chiedevano al G.E. la liquidazione delle spese giudiziali a carico del creditore procedente e degli intervenuti.

Il G.E., a tale udienza, dichiarava estinto il procedimento esecutivo, riservandosi in ordine all’istanza di liquidazione delle spese giudiziali, a scioglimento della quale adottava il provvedimento sopra indicato.

L’istituto di credito procedente non ha radicato il giudizio di divisione degli immobili indivisi sottoposti ad esecuzione immobiliare nel termine perentorio concesso dal giudice dell’esecuzione.

In sostanza la BNL ha rinunciato all’esecuzione, sia perchè il credito azionato non riguardava il debitore personalmente (ma la ditta), sia soprattutto perchè il credito si era da tempo estinto.

Ma, quel che rileva ai fini che qui interessano è che la declaratoria di estinzione della procedura esecutiva in corso è stata causata dalla mancata introduzione, nel termine perentorio concesso dal giudice dell’esecuzione, del giudizio di divisione.

In sostanza, la BNL ha, con la sua condotta, implicitamente posto in essere una rinuncia al giudizio di divisione, così determinando la declaratoria di estinzione del procedimento esecutivo.

Ora, la rinuncia, in mancanza di accettazione – come nella specie – comporta che, ai sensi dell’art. 306 c.p.c., u.c., il rinunciante deve rimborsare alle altre parti le spese; e che, per il richiamo a tale norma da parte dell’art. 629 c.p.c., u.c., la disposizione dell’art. 306 c.p.c., u.c. si applica, in questo caso, anche al processo esecutivo.

Erroneo è, pertanto, il richiamo, da parte del giudice di merito, al principio della soccombenza per la individuazione del soggetto tenuto alle spese; principio che, per le ragioni dette, non ha alcun rilievo.

Gli ulteriori profili di censura restano assorbiti”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma i ricorrenti sono stati ascoltati in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata al tribunale di Teramo in persona di diverso magistrato.

Le spese vanno rimesse al giudice del rinvio.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso. Cassa e rinvia, anche per le spese, al tribunale di Teramo in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio Sesta Sezione Civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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