Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13289 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 31/05/2010), n.13289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAMERINO 15, presso lo studio dell’avvocato CIPRIANI ROMOLO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARSACCHI LUCIA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente.-

avverso la sentenza n. 1363/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 21/10/2005 r.g.n. 2169/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2010 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito l’Avvocato MARIO MICELI per delega ROBERTO PESSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 551/2003 il giudice del lavoro del Tribunale di Pisa, in accoglimento della domanda proposta da L.A. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti il (OMISSIS) (per il periodo 3-3-2000 – 30-6-2000, per “esigenze eccezionali” ex art. 8 ccnl 1994 e successivi accordi integrativi) con conseguente sua trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato tuttora in essere e con condanna della societa’ a riammettere la ricorrente nel posto di lavoro e a pagare le retribuzioni omesse a partire dal 16-4-2003 (messa in mora avvenuta con la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione), oltre accessori e spese.

La societa’ proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte.

La L. si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza depositata il 21-10-2005, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso con due motivi, illustrati con memoria.

La L. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. e vizi di motivazione in ordine all’interpretazione dell’accordo 25-9-97 e successivi (dei quali afferma la natura meramente ricognitiva).

Osserva il Collegio che la Corte di merito, ha attribuito rilievo decisivo in particolare alla considerazione che con accordo attuativo veniva fissato il “limite del 31-1-98 di (preventivata) sussistenza delle esigenze legittimanti” e che altro accordo “fissava il termine finale per procedere alle assunzioni al 30-4-98”, per cui “successivamente e’ venuta meno la contrattazione autorizzatoria e, dunque, la causale del contratto a termine stipulato dalla L. nel marzo 2000 risulta per questa ragione illegittima”.

Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al ccnl del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) – e’ sufficiente a sostenere la legittimita’ della impugnata decisione, in relazione alla nullita’ del termine apposto al contratto de quo (stipulato “per esigenze eccezionali” in data successiva al (OMISSIS)).

Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, e’ stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove pero’ un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullita’ della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, nella specie, come questa Corte ha ripetutamente affermato e come va anche qui enunciato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimita’ delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

Tale interpretazione degli accordi attuativi (ed in specie dell’ultimo citato) e’ fondata sul significato letterale delle espressioni usate che e’ cosi’ evidente e univoco (“in conseguenza di cio’ e per far fronte alle predette esigenze si potra’ procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30-4-98”) che non necessita di un piu’ diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volonta’ delle parti (cfr., ex plurimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453), mentre, diversamente opinando – ritenendo cioe’ che le parti non avessero inteso introdurre limiti temporali alla deroga – si dovrebbe concludere che gli accordi attuativi, cosi’ definiti dalle parti sindacali, fossero in sostanza “senza senso” (cosi’ testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866).

Peraltro al riguardo irrilevante e’ l’accordo del 18 gennaio 2001, invocato dalla societa’, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga; ed infatti, ammesso che le parti stipulanti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), considerata la indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, deve comunque escludersi che le parti stesse avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141).

Va quindi confermata la nullita’ del termine apposto al contratto de quo, cosi’ respingendosi il secondo motivo, restando assorbito il primo.

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese in favore della L..

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della L., delle spese, liquidate in Euro 20,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

 

 

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