Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13289 del 29/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13289 Anno 2013
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 9696-2007 proposto da:
ARIES SRL in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato
CARLETTI FIORAVANTE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALLEGRO ENRICO giusta delega
in calce;
– ricorrentecontro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del
Ministro pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona

Data pubblicazione: 29/05/2013

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;

con troricorrenti

MILANO, depositata il 06/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2012 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il controricorrente l’Avvocato MELILLO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1/2006 della COMM.TRIB.REG. di

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 1/12/06 depositata il 6-2-2006 la CTR di Milano ha rigettato l’appello proposto dalla
ARIES srl avverso la sentenza della CTP di Milano che aveva respinto il ricorso proposto dalla stessa
società avverso l’avviso di accertamento per IRPEG ed ILOR 1996 emesso nei suoi confronti
dall’Agenzia delle Entrate.
La CTR riteneva legittima la adottata procedura di accertamento analitico-induttivo in quanto

dalla Guardia di Finanza sui c/c bancari relativi ai personaggi coinvolti ed ai familiari, e, in ordine alla
documentazione prodotta a discarico con riferimento ai c/c, rilevava che le matrici degli assegni erano
inattendibili (perchè non in grado di attestare in modo certo la motivazione delle operazioni) mentre
la restante documentazione (bonifici e contabili) non trovava sicuro riferimento nei rilievi dei
verbalizzanti.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione la società, affidato ad un motivo; resisteva
l’Agenzia con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso la società, deducendo ex art. 360, commi 1 e 3 cpc, violazione e falsa
applicazione di legge e interpretazione delle prove in relazione agli artt. 32 e 39 DPR 600/1973,
rilevava che l’accertamento in questione era da ritenersi illegittimo in quanto non conforme alle
predette disposizioni; in particolare evidenziava che le violazioni accertate non erano tali da rendere
inattendibili le scritture contabili e che mancavano gli elementi indiziari gravi, precisi e concordanti
richiesti dalla norma; nello specifico, riteneva che l’art. 32, commi 1 e 2 (secondo cui i singoli dati ed
elementi risultanti dai c/c devono essere posti a base degli accertamenti) doveva essere inteso nel
senso che detti dati ed elementi potevano essere valorizzati dall’Amministrazione a fini accertativi e
costituire la base per la ricerca in fase istruttoria di altri elementi tali da supportare l’atto di
accertamento; di conseguenza, doveva escludersi qualsiasi automatismo tra il rilevamento di
movimenti non giustificati e la presunzioni di ricavi non contabilizzati, sicchè, in mancanza di
presunzione legale, l’Amministrazione era tenuta a provare ogni suo assunto.
Sosteneva, inoltre, che il numero dei soci o il legame di parentela tra di essi non poteva di per sè
costituire fatto idoneo per fondare la presunzione di distribuzione ai soci del reddito non
contabilizzato, in quanto in tal caso si doveva ricorrere ad una duplice (e quindi non consentita)
doppia presunzione: accertamento di tipo presuntivo a carico della società (prima presunzione);
maggior reddito imputato poi ai soci sulla base della ristretta base azionaria e sulla re ativa
presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili (seconda presunzione).

conforme agli artt. 32 e 39 dpr 600/73; in particolare affermava la legittimità dei controlli operati

Affermava, infine, che le presunzioni erano state vinte dalle contestazioni e relative produzioni
effettuate in corso di giudizio.
Il motivo è infondato.
Per costante e condiviso principio di questa Corte, invero, in tema di accertamento delle imposte sui
redditi, in virtù della presunzione di cui all’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (che, data la
fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod.
vanno imputati a ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività d’impresa, se quest’ultimo
non dimostra che ne ha tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che gli stessi
sono estranei alla produzione del reddito (in particolare: che i versamenti siano registrati in
contabilità ed i prelevamenti siano serviti per pagare determinati e specificamente indicati beneficiari,
anziché costituire acquisizione di utili); in senso conforme, v., tra le tante, Cass. 25502/2011;
16650/2011; 13035/2012 e 13036/2012; v. anche, Corte costituzionale, n. 225 del 2005.

La CTR ha fatto corretto uso di tale principio, avendo, invero, affermato (alla luce della gravità delle
infrazioni evidenziate dai verificatori), da una parte, la correttezza della procedura di accertamento
analitico-induttivo, e, dall’altra, l’inattendibilità della documentazione prodotta a discarico dalla
società.
Irrilevante, e come tale inammissibile, è la sollevata questione in ordine alla legittimità della
presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non avendo la CTR
fatto alcuna menzione della stessa nella gravata sentenza.
La censura (sollevata, peraltro, con motivo di ricorso ex art. 360 n. 3 cpc) concernente la valutazione
operata dalla CTR sul mancato superamento della presunzione di cui sopra attraverso le contestazioni
e produzioni avvenute in corso di giudizio impone a questa Corte una nuova e diversa valutazione del
fatto, inammissibile in questa sede, atteso il pacifico principio secondo cui nel giudizio di Cassazione
non è consentito alla parte censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali
contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al
fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal
giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella
sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di
merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti
delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.

civ. per le presunzioni semplici), sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari

MENTE DA RRGIST,AZIONE
Al SENSI

Le spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento dei compensi di lite relativi al presente

Così deciso in Roma l’ 1-12-2012 nella Camera di Consiglio della sez. tributaria.

giudizio di legittimità, liquidati in complessivi euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

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