Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13285 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31037/2006 proposto da:

AGEFORMA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 91,

presso lo studio dell’avvocato BRINDISI ROCCO, rappresentata e difesa

dall’avvocato SANTOCHIRICO Vincenzo, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

M.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 804/2006 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 23/08/2006 R.G.N. 1151/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/04/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza pubblicata il 23 agosto 2006 e notificata il 7/11 settembre successivo, riformando la decisione di primo grado, ha dichiarato l’inefficacia della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato concluso tra M.V. e la s.p.a. Ageforma in data (OMISSIS), contratto che ha pertanto convertito a tempo indeterminato, con la conseguente condanna della società a pagare all’originario ricorrente le retribuzione dalla data dell’atto di messa in mora del 7 marzo 2003, con gli accessori di legge.

In proposito, la Corte territoriale, avendo rilevato che il termine era stato inserito nel contratto di lavoro senza l’indicazione delle specifiche ragioni dello stesso, come richiesto dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, ha ritenuto, contrariamente alla tesi sostenuta dalla società, che la circostanza che l’assunzione a termine avesse riguardato un soggetto affetto da invalidità psichica e fosse avvenuta nel quadro di una convenzione stipulata tra la datrice di lavoro e la P.A. ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 11, non comportasse l’inapplicabilità della disciplina generale sul contratto a tempo determinato di cui al decreto legislativo del 2001 citato.

Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione la società, con un unico articolato motivo.

Nonostante la regolare notifica degli atti introduttivi, Vittorio M. non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col ricorso, la società deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e della L. n. 68 del 1999, art. 11, con riferimento alla ritenuta necessità di specificare nel contratto di lavoro a termine con un disabile – assunto in base alla indicata norma della legge sul diritto al lavoro di tali soggetti – della ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo dell’apposizione del termine.

La ricorrente sostiene infatti la specialità, in argomento, delle disposizioni della L. n. 68 del 1999, che interessano il caso esaminato, rispetto alla disciplina generale del contratto a tempo determinato, specialità la cui ratio sarebbe rinvenibile anche nell’intento di predisporre adeguati incentivi per i datori di lavoro relativamente all’assunzione dei disabili, soprattutto di quelli che si trovano in particolari condizioni di difficoltà, quali gli invalidi psichici.

In particolare, l’art. 11 della legge, che disciplina le convenzioni tra datori di lavoro e P.A. finalizzate ad agevolare l’ingresso dei disabili nel mondo del lavoro, in particolare di quelli con particolari inabilità, menzionerebbe la possibile stipula di un contratto a tempo determinato tra le altre modalità incentivate di possibile assunzione, così implicitamente escludendo tale tipo di contratto dalla disciplina generale del contratto a termine per consegnarlo all’interno della dinamica relazionale tra impresa e P.A., in funzione del più proficuo inserimento lavorativo del disabile.

Ed infatti, secondo la ricorrente, nel caso in esame era stata proprio la P.A. che., a fronte della richiesta della società di una assunzione a tempo indeterminato, avrebbe suggerito una durata a tempo determinato.

Il ricorso conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Nel caso di assunzione a tempo determinato di un disabile psichico sulla base di specifica previsione convenzionale ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 11, è richiesta la sussistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo e la loro indicazione nel contratto o per dette ipotesi non è necessaria tale specificazione?”.

Il ricorso è fondato, in base all’affermazione del seguente principio di diritto:

“In caso di assunzione con contratto a tempo determinato di un disabile psichico sulla base di specifica previsione della convenzione stipulata tra l’impresa che assume e la P.A. ai sensi della L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 11, non è richiesta l Indicazione nel contratto di lavoro delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo eh giustificano l’apposizione del termine”.

Facendo tesoro dell’esperienza acquisita in applicazione della L. n. 482 del 1968, in gran parte insoddisfacente sul piano della effettiva realizzazione del diritto al lavoro delle persone disabili, la nuova disciplina di cui alla L. 12 marzo 1999, n. 68, si propone l’obiettivo della “promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato” (art. 1, comma 1 della legge).

Tale finalità è perseguita attraverso una serie di strumenti, che vanno dall’imposizione dell’obbligo di assunzione degli invalidi nell’ambito di definite quote di riserva (art. 3 della legge), all’adozione di strumenti idonei per la corretta valutazione e valorizzazione da parte degli organi pubblici di avviamento delle capacità lavorative del soggetto inabile (cfr. in generale, l’art. 2 della legge), alla predisposizione, nei confronti dei datori di lavoro, di forme di promozione di tali assunzioni e del corretto impiego dell’invalido assunto.

Uno degli strumenti deputati al perseguimento delle finalità indicate è rappresentato dalle convenzioni di cui all’art. 11, commi 1, 2 e 3 della legge.

Trattasi di convenzioni tra datore di lavoro e uffici pubblici competenti contenenti un programma mirante al conseguimento degli obbiettivi occupazionali cui la disciplina di legge è finalizzata, attraverso la previsione di tempi e modalità delle assunzioni che il datore si impegna ad effettuare, in particolare nei riguardi dei soggetti affetti da particolari inabilità.

Tra tali possibili modalità, la norma di legge elenca la facoltà di scelta nominativa (che, se riferita ad un invalido psichico rende comunque necessaria la via della convenzione, a norma dell’art. 9, comma 4 della legge, estesa poi ad ogni caso di assunzione nominativa dal D.P.R. n. 333 del 2000, art. 7, contenente il regolamento di attuazione della legge), lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento, l’assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo.

Una tale normativa è qualificabile come speciale quanto all’avviamento degli inabili, rispetto alla generale disciplina relativa la fase di avviamento e di costituzione del rapporto di lavoro e nell’ambito della quale deve ritenersi che anche la stipula del contratto a termine costituisca una ipotesi speciale rispetto a quelle considerate nelle regole generali della materia del contratto di lavoro a tempo determinato, così come la possibilità di una richiesta nominativa o di una durata della prova maggiore di quella prevista dal contratto collettivo.

In tale contesto, la possibile previsione, nella convenzione tra la P.A. e il futuro datore di lavoro, della stipulazione di un contratto di lavoro a termine assolve infatti alla funzione, da un lato, di individuazione della forma di assunzione più adatta, in un determinato momento, al tipo di inabilità e di disagio dell’invalido e dall’altro, di promuovere presso il datore di lavoro l’assunzione di personale invalido anche con particolari problemi di inserimento lavorativo.

Appare pertanto non in linea col perseguimento di tali finalità, ritenere – con la sentenza impugnata – applicabile all’assunzione di un disabile, che avvenga secondo la L. n. 68 del 1999, art. 11, la disciplina generale delle causali giustificative del contratto a tempo determinato, che al momento dell’approvazione della L. n. 68 del 1999, era considerato come del tutto eccezionale e giustificato unicamente al verificarsi di ipotesi tipiche (nella L. n. 230 del 1962) e che anche nella nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001 costituisce deroga rispetto alla normale forma di contratto di lavoro e deve essere motivato e giustificata nei modi ivi indicati.

La sottoposizione della possibilità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro stipulato sulla base della convenzione indicata ai vincoli di disciplina generale contrasterebbe infatti con la finalità di agevolare nell’impiego lo stesso lavoratore con particolari problemi nonchè l’impresa.

Non sembra del resto casuale il fatto che nel caso dell’invalido psichico M. l’iniziativa di proporre l’apposizione di un termine al suo rapporto di lavoro in luogo dell’assunzione a tempo indeterminato inizialmente prospettato dall’impresa sia partita dall’organo pubblico, nella valutazione ad esso affidata delle misure più adeguate ad assicurare un proficuo inserimento lavorativo del disabile.

La collocazione della modalità del contratto a termine tra altre misure derogatorie rispetto alla disciplina generale dei relativi istituti, in una ottica di collocamento mirato del soggetto disabile e la rado giustificativa di una tale collocazione, consentono pertanto di ritenere la specialità del contratto a termine ivi considerato, che pertanto può essere utilizzato nel contesto indicato indipendentemente dai limiti stabiliti dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, commi 1 e 2, in quanto deve ritenersi che nella materia è la stessa normativa speciale che individua nei modi indicati la particolare ragione giustificativa del termine.

Il ricorso della Ageforma s.p.a. in liquidazione va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, col rigetto delle domande originariamente proposte da M. V..

L’andamento del giudizio nei due gradi del giudizio di merito, sostiene la decisione di compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le originarie domande di M. V.; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

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