Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13285 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. III, 18/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 18/05/2021), n.13285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36316/19 proposto da:

Y.M., elettivamente domiciliato a Roma, viale

dell’Università n. 11, (c/o avv. Emiliano Benzi), difeso

dall’avvocato Alessandra Ballerini, in virtù di procura speciale

apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova 27.5.2019 n. 770;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13 gennaio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Y.M., cittadino (OMISSIS), nel 2014 domandò alla questura di Genova il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari, adducendo di essere coniugato con una donna italiana, e padre di due figli minori (uno dei quali divenuto maggiorenne al momento di presentazione della domanda).

La questura di Genova rigettò l’istanza, sul presupposto che il richiedente aveva riportato diverse condanne penali ed era stato denunciato per spaccio di stupefacenti, e doveva perciò ritenersi socialmente pericoloso.

2. Il Tribunale di Genova, adito dalla richiedente, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., dell’11 gennaio 2018 accolse l’impugnazione, ritenendo l’istante non socialmente pericoloso.

La sentenza venne appellata dal Ministero dell’Interno.

3. La Corte d’appello di Genova, con sentenza 27 maggio 2019 n. 770, accolse il gravame.

La Corte d’appello rilevò in punto di fatto che l’istante aveva riportato 12 condanne in sede penale, tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), per reati del più vario tipo (spaccio di stupefacenti, violazione del diritto d’autore, ricettazione, commercio di prodotti falsi, violazione delle norme sull’immigrazione); al momento della decisione d’appello era inoltre sottoposto a procedimento penale per resistenza a pubblico ufficiale.

Premessi questi fatti, la Corte d’appello ha osservato che l’istante era continuativamente e sistematicamente dedito alla ricettazione, alla vendita di merci contraffatte ed allo spaccio di stupefacenti e non era stato “per nulla dissuaso dalle ripetute condanne”.

Ha poi escluso che la circostanza che l’ultima condanna risalisse al (OMISSIS) consentisse di ritenere che l’appellato avesse abbandonato le sue abitudini criminali, tenuto conto anche del fatto che non risultava avere un lavoro stabile, e che l’ultimo lavoro documentato risaliva a nove anni prima della pronuncia della sentenza d’appello.

4. La decisione di secondo grado è stata impugnata per cassazione da Y.M. con ricorso fondato su un solo motivo.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso, ma ha depositato un “atto di costituzione” al fine di poter partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta contemporaneamente sia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 4,5,5 bis e 19, nonchè l’omesso esame d’un fatto decisivo.

Nella illustrazione del motivo sostiene che la Corte d’appello avrebbe:

a) trascurato di valutare l’attuale pericolosità sociale del richiedente;

b) adottato in ogni caso una motivazione solo apparente;

c) violato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, il quale vieta di espellere lo straniero convivente di cittadino italiano, a meno che non costituisca un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato; a tal fine tuttavia secondo il ricorrente è insufficiente la commissione di “reati gravi ma comuni”;

d) trascurato di valutare il rapporto del ricorrente con la moglie e le figlie.

2. Le censure a) e b) sono manifestamente infondate. La Corte d’appello ha adottato una motivazione chiara, e non ha trascurato di valutare se il ricorrente fosse o non fosse pericoloso.

Lo stabilire, poi, se tale valutazione sia stata corretta o scorretta è questione di puro merito, insindacabile in sede di legittimità.

3. La censura sub c) è infondata alla luce dello stesso precedente di questa Corte richiamato dal ricorrente (Cass. 14159/17).

Secondo tale sentenza, infatti, in tema di soggiorno degli stranieri coniugati con cittadini italiani, la legge prevede due “sistemi”.

3.1. Il primo “sistema” è quello di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e riguarda gli stranieri già espulsi, o comunque irregolarmente presenti in Italia.

Per costoro, se coniugati con cittadini italiani:

a) la regola è che non possono essere espulsi (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c));

b) ad essi spetta pertanto lo speciale permesso di soggiorno previsto dal D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, comma 1, lett. b);

c) l’eccezione a tale regola è che l’espulsione è consentita solo “per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato” (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 1).

3.2. Il secondo “sistema” è quello di cuì al D.Lgs. n. 30 del 2007, artt. 20 e 21 e riguarda gli stranieri già titolari di un legittimo titolo di soggiorno, e coniugati con cittadini italiani.

Per costoro, se coniugati con cittadini italiani:

a) la regola è che hanno diritto di soggiornare in Italia;

b) l’eccezione è che possono essere espulsi non solo per ragioni di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, ma anche per motivi di pubblica sicurezza (art. 20, comma 1).

Tra i motivi di pubblica sicurezza che rendono possibile l’espulsione dello straniero coniugato con cittadino italiano, il D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20, comma 3, prevede l’ipotesi di chi sia stato condannato per uno o più delitti “corrispondenti alle fattispecie indicate nella L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 8”.

La L. n. 69 del 2005, art. 8 (mandato d’arresto Europeo) prevede al comma 1, lett. e), il fatto di “vendere, offrire, cedere, distribuire, commerciare, acquistare, trasportare, esportare, importare o procurare ad altri sostanze che, secondo le legislazioni vigenti nei Paesi Europei, sono considerate stupefacenti o psicotrope”.

Pertanto lo straniero già titolare di permesso di soggiorno, e coniugato con un cittadino italiano, può essere espulso se condannato in sede penale per violazione delle norme sugli stupefacenti, come in qualsiasi altro caso in cui sia socialmente pericoloso: concetto, quest’ultimo, da intendersi comprensivo sia della pericolosità per l’ordine pubblico, sia della pericolosità per la sicurezza dello Stato, sia della pericolosità per la sicurezza pubblica (Sez. 1 -, Ordinanza n. 17289 del 27/06/2019, Rv. 654421 – 01).

3.3. Nel nostro caso, il ricorrente era già titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari, ed ha riportato sei condanne per spaccio di stupefacenti.

Ricorre dunque l’ipotesi descritte supra, al p. 3.2, e non sussiste la violazione di legge lamentata dal ricorrente, perchè lo straniero nell’ambito del “secondo sistema” sopra descritto poteva essere espulso per il solo fatto di essere pericoloso per la sicurezza pubblica, come già ritenuto da questa Corte, ancora di recente, in vicenda pressochè analoga (Sez. 1, Ordinanza n. 21486 del 6.10.2020).

4. L’ultima delle censure proposte dal ricorrente (e cioè l’avere la Corte d’appello trascurato di valutare il rapporto del ricorrente con la moglie e le figlie) è nello stesso tempo inammissibile ed infondata.

E’ inammissibile, perchè il vizio di omesso esame non è dedotto secondo i criteri stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la decisione n. 8053/14.

Secondo tale decisione, colui il quale intenda denunciare in sede di legittimità il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo da parte del di merito, ha l’onere di indicare – a pena di inammissibilità – quale fatto sia stato trascurato, quando sia stato dedotto in giudizio, come sia stato provato, per quali ragioni debba ritenersi decisivo.

Nel caso di specie il ricorrente ha assolto, tra i suddetti oneri, solo il primo: il ricorso infatti indica il “fatto” che si assume trascurato dal giudice di merito, ma non espone nella illustrazione del motivo nè quando venne dedotto in giudizio, nè come venne provato, nè le ragioni per le quali, se esaminato, avrebbe condotto ad una decisione diversa.

4.1. Ritiene il Collegio di aggiungere in ogni caso, ad abundantiam, che il motivo sarebbe comunque infondato.

Infatti il presente caso ricade nelle previsioni di cui al D.Lgs. n. 30 del 2007, art. 20 e tale norma non solo non vieta l’espulsione dello straniero coniugato con cittadini italiani, ma anzi – disciplinandola – implicitamente la consente.

5. Non mette conto provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

L’inammissibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Y.M. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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