Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13284 del 16/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 16/06/2011), n.13284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1530/2010 proposto da:

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato TEDESCHINI

FEDERICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MUSUMECI TOTI S., giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LE TURRIGLIE SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona del suo

liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA ADELAIDE 8,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MINUTILLO TURTUR,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO ZIDARICH, UMMARINO

RODOLFO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1346/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

5.11.08, depositata il 14/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Lorenzo Grisostomi Travaglini (per

delega avv. Federico Tedeschini) che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA IN FATTO

Al relatore, nominato ai sensi dell’art. 376 c.p.c., è apparso possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, ed ha proposto il rigetto del ricorso in base alla relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., del seguente tenore: “Con sentenza del 29 giugno 2009 la Corte di appello di Torino ha condannato il rag. C. a risarcire i danni – lire 18 milioni e accessori – alla società Le Turriglie, di cui era commercialista, per mancanza di diligenza (art. 1176 c.c., comma 2) nell’espletamento dell’incarico dalla stessa ricevuto di ottenere un finanziamento – due miliardi di lire – avendo a tal fine reperito, sul Sole 24 ore, una società inglese – Wilson & Partners – senza adempiere agli obblighi di indagare e assumere preventive informazioni sulla serietà commerciale della stessa – ed infatti non era iscritta all’albo prescritto dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106, per le società erogatrici di credito e si era iscritta nel registro delle imprese soltanto tre settimane prima del contratto di “prefinanziamento”, impliciti in quello di espletare diligentemente l’incarico, anche avuto riguardo alla fiducia riposta dalla società Le Turriglie nel suo commercialista – che, se acquisite, avrebbero impedito a questa di concludere, tre mesi dopo, il preliminare di mutuo corrispondendo alla wilson & Partners le spese di istruttoria senza percepire poi il finanziamento promesso, e pertanto era tardiva la ricerca effettuata dal C. di detta società a Londra – dove era risultata sconosciuta – a trattativa conclusa. Perciò non poteva esser riconosciuta la somma di lire 35 milioni richiesta dal C. a titolo di compenso professionale per il finanziamento di cui è causa, contestata “sotto il profilo della non debenza in relazione all’inadempimento del professionista per la pratica di mutuo.. non essendo necessario l’impugnazione delle singole voci esposte..”.

Con il primo motivo il C. denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 1218, 1703 c.c. e segg., e art. 2697 c.c. e segg., e comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa tale punto decisivo della controversia, prospettato dall’esponente”, lamentando l’erronea ritenuta carenza di diligenza professionale nell’esecuzione del contratto sovrapponendo confusamente e contraddittoriamente il mandato al contratto di prestazione d1 opera professionale al quale la diligenza del mandatario è estranea perchè gli obblighi del professionista sono autonomi, senza peraltro individuare quali obblighi ha assunto il C. nei confronti della società Le Turriglie, che aveva l’onere di dimostrarli, come evidenziato dal giudice di primo grado, desumendoli invece presuntivamente, da fatti successivi, e senza tener conto che il finanziamento richiesto da detta società esula dalle attività esigibili dal commercialista, mentre la stessa poteva conoscere meglio il mercato al riguardo in base alla propria esperienza di banche e istituti finanziarie quindi se mai l’omessa diligenza era imputabile alla mutuataria.

Il motivo, costituito in massima parte dalla trascrizione della motivazione della sentenza di primo grado di rigetto della domanda di responsabilità professionale del C., è inammissibile perchè, mediante affermazioni apodittiche e prive di argomentata critica giuridica, contrapposta al le ragioni della Corte di merito imperniate sul generale obbligo di esecuzione del contratto secondo buona fede e sull’onere del mandatario di provare di aver eseguito l’incarico con la dovuta diligenza, si risolve in una mera diversa prospettazione di fatti, anche nuovi.

2. – Lamenta il ricorrente con il secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione degli art. 180, nella formulazione risultante dal D.L. n. 238 del 1994, art. 4, convertito nella L. n. 534 del 1995, in relazione al primo e secondo comma della norma, come introdotti in sostituzione del primo comma del testo originario e dalla data del 30 aprile 1995, dal D.L. n. 238 del 1994, art. 4, convertito nella L. n. 534 del 1995, e art. 183 c.p.c., (nella formulazione risultante dalla data del 30 aprile 1995, dalla L. n. 353 del 1990, art. 17, i commi 4 e 5 sono stati poi ulteriormente sostituiti dalla data del 22 giugno 1995, dal D.L. n. 238 del 1995, art. 5, reiterato con l’art. 5 del 9 agosto 1995 n. 347 e con l’art. 5 del 18 ottobre 1995 n. 432, convertito dalla L. n. 534 del 1995) e comunque per omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione su tale punto decisivo della controversia”. La società Le Turriglie, non avendo depositato le memorie di cui agli artt. 170, 180 e 183 c.p.c., non poteva più contestare il compenso richiesto, come aveva osservato il giudice di primo grado, che pertanto l’aveva riconosciuto. Il motivo, non correlato alla ratio decidendi della sentenza di appello secondo cui la contestazione del compenso richiesto era implicita come necessaria conseguenza dell’inadempimento del professionista di cui era stata chiesta altresì la condanna al risarcimento dei danni, è inammissibile.

3.- Con il terzo motivo il C. chiede: “Applicabilità al presente giudizio dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con conseguente istanza di decisione della causa nel merito da parte della Corte di Cassazione”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti. Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte mentre il ricorrente ha depositato memoria.

All’adunanza del 27 gennaio 2011 è comparso il difensore del ricorrente. Il pubblico ministero non ha mosso rilievi alla relazione.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. – il rilievo contenuto nella memoria secondo cui la relazione è riferibile a diversa sentenza poichè il relatore l’ha indicata con la data di deposito della minuta al cancelliere, ai sensi dell’art. 119 disp. att. c.p.c., anzichè con la data di pubblicazione, non è fondato poichè quest’ ultima, pubblicata il 14 ottobre 2009, come evidenziato in memoria, è stata consegnata al cancelliere il 29 giugno 2009, ed è la medesima sentenza che ha condannato il C. a risarcire i danni – lire 18 milioni e accessori – alla società Le Turriglie, e che egli ha impugnato per cassazione.

2. – I rilievi concernenti la disapplicazione dell’art. 2697 c.c., da parte della Corte di merito per non aver considerate l’onere della società Le Turriglie di provare l’esistenza e il contenuto del contratto intercorso tra le parti a cui rapportare l’obbligo di diligenza del C., non sono idonei a superare l’inammissibilità del primo motivo, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto prive di qualsiasi censura giuridica e logica sulla ratio decidendi della sentenza di appello – che ha ritenuto sussistere la violazione delle “comuni regole di correttezza e buona fede..” da parte del C. nel “fornire alla cliente una corretta e sicura informazione circa il soggetto con cui contrattare per ottenere l’erogazione dell’ingente mutuo di lire 2 miliardi..”, omettendo, gravemente, di controllare la serietà della società finanziatrice, neppure iscritta all’albo prescritto dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 106, per le società erogatrici di credito ed iscrittasi nel registro delle imprese soltanto tre settimane prima del contratto di “prefinanziamento” – circostanze tutte provate “dall’istruttoria e dalle stesse ammissioni del C., nonchè dalla ricostruzione in fatto della sentenza di primo grado, da cui risulta che fu egli stesso a scegliere, sulla base di una sommaria indagine, ricavata dalla pubblicità del Sole 24 ore, e senza alcuna preventiva informazione commerciale su tale soggetto giuridico, la società Wilson & Partners” (finanziaria inglese con sede italiana a Milano,secondo lo stesso ricorrente), segnalandola alla cliente Le Turriglie – che lo aveva incaricato (pag. 3 del ricorso) di reperire un finanziatore per l’operazione di installazione di tre nuovi impianti di autolavaggio – e suffragate dalla considerazione che una tempestiva indagine, “avviata a marzo, contestualmente ali1 inizio delle trattative”, avrebbe potuto scongiurare la conclusione del c.d.

precontratto di finanziamento – sottoscritto il 24 giugno 1999 con il contestuale pagamento di lire.. 18 milioni, d1 altro canto prosegue la sentenza impugnata “E’ poi lo stesso C. ad ammettere che solo in presenza delle reiterate lamentele della cliente, egli effettuò per la prima volta le necessarie visure, scoprendo che la società di diritto inglese era sconosciuta in Italia, recandosi a tal punto, inidoneamente e tardivamente all’estero, purtroppo senza esito, al fine di reperire i responsabili, elementi tutti di grave leggerezza, negligenza e omissione di necessarie garanzie di serietà e trasparenza (pagg. il – 16 della sentenza impugnata)”.

3.- Altrettanto inidonei sono i rilievi mossi dal ricorrente alla prospettata inammissibilità del secondo motivo di ricorso consistenti nella reiterazione delle censure di violazione degli articoli indicati in rubrica – secondo i quali la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere tardiva la contestazione della domanda riconvenzionale del C. di condanna della società le Turriglie a pagargli il compenso professionale e perciò accoglierla – non correlati con la ratio decidendi della sentenza impugnata, espressa a pag. 19, secondo cui “.. per le voci aventi ad oggetto la pratica in esame… maturò l’inadempimento del professionista e perciò quest’ultime dovranno escludersi, dovendo considerarsi inadempiute..”. Cioè, in altri termini, secondo la sentenza impugnata, l’accoglimento di detta domanda riconvenzionale, il cui fatto costitutivo è il medesimo della domanda principale – contratto professionale, di cui il C. chiede l’adempimento ed il cui inadempimento è il fondamento della domanda risarcitoria della società le Turriglie – è da escludere per incompatibilità con l’accoglimento della domanda principale, sinallagmaticamente collegata, perchè la fondatezza della riconvenzionale avrebbe richiesto una valutazione in senso diametralmente opposto degli stessi fatti accertaci dal giudice e posti a fondamento del predetto accoglimento.

4. – Pertanto in camera di consiglio il collegio ha condiviso le argomentazioni e le conclusioni della relazione, con la precisazione che il ricorso è da dichiarare inammissibile.

5.- Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i1 ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad e 1.700,00, di cui e 200,00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2011

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