Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13282 del 28/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 28/06/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 28/06/2016), n.13282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22831/2012 proposto da:

N.K., (OMISSIS), N.J.

(OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, V.COSTANTINO

MORIN 45, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GIACCHETTI,

che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLETTA

MUNARI giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI SPA, in persona dei legali rappresentanti

Dott. S.R. e Dott. C.T., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio

dell’avvocato VALENTINO FEDELI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MICHELE COLOMBO giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2383/2011 del TRIBUNALE di MONZA, depositata

il 23/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO GIACCHETTI;

udito l’Avvocato GAETANO AMOROSO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale Ordinario di Monza, adito con appello proposto da Assicurazioni Generali s.p.a. quale impresa designata dalla Consap-

FGVS, con sentenza 23.9.2011 n. 2383, in totale riforma della decisione del Giudice di Pace di Monza, ha accolto la impugnazione e rigettato la domanda di condanna al risarcimento dei danni proposta da N.C., ritenendo che l’attore non aveva fornito prova della effettiva verificazione del sinistro, secondo la dinamica prospettata nell’atto introduttivo secondo cui la bicicletta condotta dal N. era stata urtata da una autovettura, che non aveva osservato il segnale di STOP posto all’incrocio proseguendo poi la marcia senza arrestarsi, e che il ciclista caduto in terra riportando lesioni e fratture, non era stato in grado di identificare.

La sentenza di appello non notificata è stata impugnata per cassazione da N.J. e N.K., n.q. di eredi di N.C., con due motivi concernenti vizi per errori di diritto e di fatto.

Ha resistito con controricorso la società assicurativa.

Le ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283, comma 1, lett. a), in relazione – a quanto sembra doversi evincere dalla esposizione del motivo – alla scorretta applicazione da parte del Giudice di appello della regola di riparato dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c..

Così formulata la censura è infondata atteso che il Tribunale ha correttamente individuato la disciplina dell’onere probatorio in materia, statuendo che grava sul danneggiato la prova del fatto storico e cioè dell’accadimento di un sinistro attribuibile ad un veicolo a motore o natante per il quale vi è obbligo di assicurazione, sia pure rimasto ignoto.

E’ affermazione consolidata nella giurisprudenza di legittimità che, nella ipotesi di cui alla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, comma 1, lett. a), poi riprodotta integralmente nel D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 283, comma 1, lett. a), Codice delle assicurazioni private, spetta a chi agisce in giudizio nei confronti della impresa designata dalla Consap-FGVS fornire la prova dei fatti costitutivi del diritto, individuati alla lett. a) della norma sopra indicata: 1) in una situazione di mero fatto implicante l’esistenza del sinistro come fatto storico; 2) nelle circostanze che hanno nel caso concreto impedito al danneggiato di identificare il veicolo (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10484 del 01/08/2001; id. Sez. 3, Sentenza n. 24449 del 18/11/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 15367 del 13/07/2011;

id. Sez. 3, Sentenza n. 23434 del 04/11/2014).

La definizione dei fatti costitutivi del diritto al risarcimento contenuta nella indicata norma risulta del tutto coerente con la specificità della peculiare ipotesi disciplinata dalla legge che, avuto riguardo alla obiettiva impossibilità di identificazione del veicolo investitore da parte del soggetto coinvolto nel sinistro, acconsente all’assolvimento dell’onere probatorio anche attraverso meri elementi indiziari che consentano di pervenire anche indirettamente alla prova dei fatti indicati, come ad esempio, in mancanza di testi, attraverso la verifica delle condizioni psicofisiche del danneggiato e della compatibilità tra le lesioni e la dinamica dell’incidente come riferita dall’attore, o descritta nella querela contro ignoti (che non costituisce obbligo, nè condizione di proponibilità della domanda risarcitoria: Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23434 del 04/11/2014) eventualmente presentata dal danneggiato e che costituisce anch’essa elemento indiziario da valutare unitamente a tutti gli altri elementi istruttori ai fini dell’accertamento del diritto (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18532 del 03/09/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 9939 del 18/06/2012), pur non valendo in se stessa, al pari della dichiarazioni rese dallo stesso danneggiato, a dimostrare che il sinistro sia senz’altro accaduto (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20066 del 02/09/2013).

A tali principi si è attenuto il Tribunale, nel ripartire l’onere della prova, laddove valutando nel merito il complesso indiziario, ha ritenuto non raggiunta la prova della esistenza del fatto storico dello scontro tra ciclista ed autovettura.

Il ricorso deve trovare invece accoglimento quanto al secondo motivo con il quale si denuncia la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il Tribunale infatti ha affidato la pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria sulla mancanza di prova del fatto storico in quanto “le dichiarazioni rese dal danneggiato medesimo e riportate da terzi, e verbalizzate dalla Polizia stradale, non permettono comunque di provare l’evento dannoso in sè” ossia che il ciclista era stato costretto ad urtare l’autovettura che non si era fermata nonostante il segnale di STOP. Come esattamente evidenziato dalle ricorrenti il Giudice di merito ha omesso del tutto di prendere in considerazione gli altri elementi indiziari acquisiti nel corso del giudizio di merito ed in particolare:

– le risultanze del verbale redatto dalla PG relativamente ai danni riportati alla bici (“forcella anteriore piegata; canotto di sterzo piegato (telaio)” (ricorso pag. 18) quantificati in un ammontare di oltre Euro 6.000,00 (ricorso pag. 10);

– la dichiarazione del teste B. intervenuto successivamente a soccorrere il N. che riferisce di ricordare che la bici era danneggiata e che “i danni alla bici erano abbastanza gravi e forse non giustificati da una semplice caduta del conducente” (ricorso pag.

18);

– la relazione medico-legale espletata in primo grado da cui risulta il giudizio espresso dal CTU di compatibilità causale delle lesioni riportate dal ciclista con la dinamica del sinistro dallo stesso descritta.

Orbene in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (cfr. Corte Cass. sez. lav. 15.7.2009 n. 16499). Tale valutazione probatoria – che attiene al merito ed è insindacabile dal Giudice di legittimità ove esente da vizi logici – affinchè possa essere oggetto di verifica “ab externo”, deve tuttavia trovare necessario supporto in argomenti la cui esternazione – nell’apparato motivazionale che sorregge il decisum – soddisfi alla esigenza di relazionabilità tra le premesse di fatto e le conseguenze giuridiche affermate, e deve rispondere, pertanto, ai canoni di coerenza logica interna al discorso, segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), con riferimento ai principi di completezza, di causalità logica (secondo lo schema induttivo-deduttivo) e di non contraddizione (cfr.

Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 2357 del 07/02/2004; id. Sez. L, Sentenza n. 7846 del 04/04/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011; id. Sez. 1, Sentenza n. 24679 del 04/11/2013).

Ne consegue che in una causa, quale quella oggetto del presente giudizio, in cui la prova dei fatti costitutivi del diritto, come definiti nello schema legale del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283, comma 1, lett. a), non può che essere affidata a fatti secondari e dunque ad una valutazione del complesso indiziario offerto, deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il Giudice di merito si sia limitato a trascurare o negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (cfr. Corte Cass. Sez. L, Sentenza n. 6556 del 10/06/1995 Sez. 5,Sentenza n. 13819 del 18/09/2003; id. Sez. 1, Sentenza n. 19894 del 13/10/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012).

In conclusione il ricorso trova accoglimento quanto al secondo motivo, infondato il primo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa ad altra sezione del Tribunale Ordinario di Monza che provvederà ad emendare il vizio logico riscontrato, liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso, quanto al secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale Ordinario di Monza perchè provveda ad emendare il vizio logico riscontrato, liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016

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