Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13282 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. III, 18/05/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 18/05/2021), n.13282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36356/2019 proposto da:

D.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 90, presso

lo studio dell’avvocato LUCIANO NATALE VINCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE MARIANI, per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), PREFETTO PROVINCIA POTENZA,

QUESTURA POTENZA;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di MELFI, depositata il

25/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.D., proveniente da (OMISSIS), ha proposto un ricorso notificato il 25 novembre 2019, per la cassazione dell’ordinanza pronunciata dal Giudice di Pace di Melfi il 25 ottobre 2019, con la quale è stata disposta la proroga per trenta giorni del provvedimento di trattenimento presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri (C.P.R.) di (OMISSIS) in vista della successiva espulsione, tenuto conto della complessità della procedura di organizzazione del rimpatrio.

Il Ministero dell’interno non si è costituito.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

Diritto

RITENUTO

che:

Con un unico motivo il ricorrente censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e la falsa o erronea applicazione o interpretazione di una norma di legge.

Segnatamente lamenta che il Giudice di Pace di Melfi, nel disporre la proroga del trattenimento presso il CPR, ha violato gli artt. 13 e 14 del Testo Unico Immigrazione che prevedono che le proroghe possano essere richieste dal Questore e concesse dal Giudice solo ove siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l’identificazione o se sia necessario ai fini della organizzazione delle operazioni di rimpatrio e comunque il trattenimento non può essere disposto per un periodo superiore a centottanta giorni.

Il provvedimento del Giudice mancherebbe inoltre di motivazione, impedendo così il necessario controllo costituzionale sul provvedimento de libertate (il giudice avrebbe utilizzato un formato standard di decisione senza motivare).

Si lamenta inoltre che la proroga del trattenimento sia stata chiesta ben prima della scadenza del termine di trenta giorni.

Il motivo è infondato.

Come è già stato affermato da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 6064 del 2019), il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza costituisce una misura di privazione della libertà personale legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge e secondo una modulazione dei tempi rigidamente predeterminata. Ne consegue che, in virtù del rango costituzionale e della natura inviolabile del diritto inciso, la cui conformazione e concreta limitazione è garantita dalla riserva assoluta di legge prevista dall’art. 13 Cost., l’autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale e negli stessi limiti opera anche il controllo giurisdizionale, non potendo essere autorizzate proroghe non rigidamente ancorate a limiti temporali e a condizioni legislativamente imposte, con l’ulteriore corollario che la motivazione del provvedimento giudiziale di convalida della proroga del trattenimento deve contenere l’accertamento della sussistenza dei motivi addotti a sostegno della richiesta, nonchè la loro congruenza rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio.

Ciò non di meno, innanzitutto, da un punto di vista formale, l’utilizzazione, per l’adozione del provvedimento impugnato, di uno schema standardizzato di decisione in cui sono predisposti alcuni “campi” liberi da riempire con i riferimenti alle circostanze del caso concreto non è di per sè illegittimo.

L’utilizzazione di format di decisione predisposti in via informatica per poter essere utilizzati per una serie indeterminata di provvedimenti non è tale da invalidare la decisione, ed è al contrario conforme al principio di buona organizzazione del lavoro del giudice, che passa anche attraverso l’utilizzo consapevole dell’ausilio fornito dagli strumenti informatici, dai programmi di scrittura e dall’utilizzo di macro, a condizione che il format sia integrabile – e sia stato integrato nel caso di specie con l’inserimento di tutti i dati che consentano di identificare il caso concretamente sottoposto all’attenzione del giudice e di inserire una motivazione relativa al caso concreto. Quindi il format deve poter contenere i dati atti all’identificazione della parte, gli elementi della fattispecie rilevanti in relazione al provvedimento da adottare, e una motivazione che, seppur succinta, come consentito dalla legge, debba tuttavia rispondere ai requisiti di legge e dar conto dell’accertamento, da parte del giudice, della sussistenza dei presupposti di legge.

Nel caso in esame, tutte le indicazioni necessarie sono presenti.

Anche la censura relativa alla mancanza della motivazione è infondata, nel caso di specie, atteso che il relativo “campo” è colmato con l’inserimento di una motivazione, a giustificazione della decisione, stringata ma specifica in ordine alla sussistenza delle condizioni di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 e contenente l’affermazione della sussistenza di una delle ipotesi in presenza delle quali la legge consente la proroga del trattenimento nei cosiddetti centri di permanenza seppur per un arco di tempo ben limitato (tra i quali l’art. 14, comma 1, del T.U. immigrazione indica la particolare difficoltà di procedere al rimpatrio): si fa riferimento infatti alle circostanze segnalate a verbale di udienza dal delegato della Questura. La richiesta di proroga si fonda non su un comportamento passivo tenuto dalla autorità italiana onerata della corretta identificazione del migrante, ma sulla non ancora attuata benchè richiesta collaborazione dell’autorità straniera.

L’inoltro della richiesta di proroga alcuni giorni prima della scadenza, inoltre, è di per sè è irrilevante ai fini di una sua declaratoria di illegittimità, in quanto la richiesta di proroga deve necessariamente esser inoltrata precedentemente alla scadenza del provvedimento di trattenimento, avendo l’autorità l’obbligo di consentire immediatamente l’allontanamento del migrante alla scadenza del termine per il suo trattenimento. Come già affermato da questa Corte, infatti, è illegittima la proroga del trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza per i rimpatri che sia stata disposta sulla base di un’istanza formulata successivamente alla scadenza del termine iniziale, o prorogato, della misura restrittiva, sicchè, anche qualora l’iniziale convalida della misura restrittiva non sia stata tempestivamente impugnata dal destinatario, il provvedimento di proroga va cassato senza rinvio, con conseguente cessazione del trattenimento (Cass. n. 33178 del 2019). Peraltro, la ragione dell’anticipo si evince dal fatto che lo stesso consolato del Marocco non aveva prontamente risposto alla prima richiesta di informazioni, rendendo necessario un sollecito, il che faceva ipotizzare tempi di risposta non immediati.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

Non è luogo al raddoppio del contributo unificato, se dovuto, in quanto il procedimento è esente dall’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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