Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13281 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 01/07/2020), n.13281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 11966 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

1) A.T.;

2) + ALTRI OMESSI;

;

rappresentati e difesi dall’avvocato Marco Tortorella (C.F.: TRT MRC

68P23 H501S);

AU.Gi. rappresentato e difeso dall’avvocato Olimpia

Criscuolo (C.F.: TRT MRC 68P23 H501S);

– ricorrenti –

nei confronti di:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore (C.F.: (OMISSIS)) MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del

Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS));

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.:

(OMISSIS));

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma n.

6649/2017, pubblicata in data 20 ottobre 2017;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 30 gennaio 2020 dal consigliere Tatangelo Augusto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, hanno agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le loro domande sono state tutte rigettate dal Tribunale di Roma, che ha ritenuto prescritti i diritti fatti valere in giudizio, ad eccezione di quella di Al.Gi., che è stata accolta. La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.

Avverso tale decisione ricorrono i medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, precisamente A.T. ed altri sulla base di cinque motivi e Au.Gi. sulla base di un unico motivo.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il M.I.U.R., il Ministero della Salute il Ministero dell’Economia e delle Finanze resistono con controricorso al ricorso di A.T. ed altri e hanno depositato un mero atto di costituzione in relazione al ricorso di Au.Gi..

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che i ricorsi fossero destinati ad essere dichiarati manifestamente infondati.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

I ricorrenti A.T. ed altri hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del loro ricorso, A.T. e gli altri ricorrenti difesi dall’avvocato Tortorella denunziano “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonchè degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, dell’art. 10 Cost.; delle Dir CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU; degli artt. 1, 10, 11 e 12 preleggi e degli artt. 2934,2935 e 2938 c.c., del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) nonchè della L. n. 370 del 1999, art. 11. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, relativamente ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 ed agli artt. 395 e 112 c.p.c.”.

Con l’unico motivo del suo ricorso, Au.Gi. denunzia “Erronea e falsa applicazione di legge art. 360 c.p.c., n. 3 Decorrenza della prescrizione – artt. 2043 e 2946 c.c. – In ogni caso, stante la proposizione della domanda giudiziale nel 2015, il diritto non è prescritto, essendo applicabile la prescrizione decennale. – Principio di ragionevolezza e giustizia sostanziale: un diritto non può essere fatto valere se non da quando lo stesso è conoscibile e pienamente esercitabile”

Il primo motivo del ricorso di A.T. ed altri e quello a base del ricorso di Au.Gi. pongono la medesima questione di diritto e possono quindi essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente infondati e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

La decisione impugnata è infatti sul punto conforme all’indirizzo assolutamente costante di questa Corte (che i ricorsi non offrono argomenti per rimeditare) secondo cui “il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il D.Lgs. n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L. n. 370 del 1999, il cui art. 11 ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo” (cfr., da ultima: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16452 del 19/06/2019, Rv. 654419 – 01; in precedenza: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10813 del 17/05/2011, Rv. 617338; tra le molte successive conformi: Sez. 3, Sentenza n. 10814del17/05/2011, Rv. 617341; Sez. 3, Sentenza n. 17350 del 18/08/2011, Rv. 619125; Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619542; Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621204; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1156 del 17/01/2013, Rv. 625214: Sez. 3, Sentenza n. 16104 del 26/06/2013, Rv. 626903; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628541; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6606 del 20/03/2014, Rv. 630184; Sez. 3, Sentenza n. 23199 del 15/11/2016, Rv. 642976 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 13758 del 31/05/2018, Rv. 649044 – 01).

E’ pacifico che tutti i ricorrenti abbiano introdotto il presente giudizio oltre 10 anni dopo il 27 ottobre 1999, senza che fossero nelle more intervenuti atti interruttivi della prescrizione, onde le censure di cui ai motivi di ricorso in esame non possono trovare accoglimento.

2. Con il secondo motivo del loro ricorso, A.T. e gli altri ricorrenti difesi dall’avvocato Tortorella denunziano “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000, degli artt. 2, 3, 10 e 97 Cost.; del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L 359); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con il terzo motivo i medesimi ricorrenti denunziano “Violazione o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.”.

Con il quarto motivo denunziano “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost.; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU (diritto al rispetto dei beni); del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L 359); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11 e del D.lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso di A.T. e degli altri medici difesi dall’avvocato Tortorella hanno tutti ad oggetto l’importo liquidato dalla corte di appello a titolo risarcitorio, sono logicamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi hanno in realtà rilievo esclusivamente con riguardo alla posizione di Al.Gi., l’unico tra i ricorrenti la cui domanda è stata accolta in sede di merito.

Per tutti gli altri, la conferma della decisione impugnata nella parte in cui ha dichiarato prescritti i relativi diritti, assorbe ogni altra questione.

I motivi in esame sono comunque manifestamente infondati e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

La sentenza impugnata viene in sostanza impugnata per non aver riconosciuto: a) quale danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei corsi di specializzazione, il compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991 per gli specializzandi iscritti ai corsi istituiti a partire dall’anno accademico 1991/92 (pari a Lire 21.500.000 per ciascun anno di frequenza del corso) invece dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11 (pari a Lire 13.000.000, ovvero Euro 6.713,94, per ciascun anno di frequenza del corso); b) il diritto agli interessi compensativi ed alla rivalutazione monetaria sulle somme riconosciute a titolo di danno.

Si tratta di pretese manifestamente infondate.

I ricorrenti (e, in particolare, il ricorrente Al.) deducono infatti di avere frequentato corsi di specializzazione iniziati in anni accademici anteriori al 1991/92, e/o comunque non soggetti alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

La decisione impugnata, nel liquidare il danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei suddetti corsi di specializzazione, risulta dunque conforme al costante orientamento di questa Corte (che il ricorso non offre motivi per rimeditare) secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11; a seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; conformi, tra le tante: Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).

Il suddetto indirizzo, con riguardo all’importo dovuto a titolo risarcitorio, è stato di recente confermato e ribadito dalle stesse SS.UU. di questa Corte, le quali hanno espressamente chiarito che “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore, con l'”aestimatio” del danno effettuata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, abbia proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo valevole anche nei confronti di coloro non ricompresi nel citato art. 11, a cui non può applicarsi il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in quanto tale decreto, nel trasporre nell’ordinamento interno le direttive in questione, ha regolato le situazioni future con la previsione, a partire dall’anno accademico 1991/1992, di condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative rispetto a quelle del periodo precedente” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30649 del 27/11/2018, Rv. 651813 – 02). In tale decisione, quanto al criterio di liquidazione del danno nella misura dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, invece che di quella del compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, viene altresì precisato che “la C.G.U.E., tanto nella sentenza del 25/2/1999 quanto nella (in gran parte reiterativa) recente sentenza del 24/1/2018, non ha incluso tra i principi interpretativi vincolanti alcun riferimento all’una o all’altra delle due fonti normative interne sopra richiamate, avendo piuttosto rimesso al giudice nazionale la determinazione della misura dell’indennizzo”, il che esclude che sussistano i presupposti per rimettere la questione interpretativa alla stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea, come richiesto in particolare nel primo e nel quarto motivo del ricorso.

Sono infine inammissibili le censure di vizi di motivazione avanzate ai sensi della formulazione abrogata dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile nella fattispecie in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata.

3. Con il quinto motivo del loro ricorso, A.T. e gli altri ricorrenti difesi dall’avvocato Tortorella denunziano “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie nonchè degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE; delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost.; del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per pronuncia in ultra petizione, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ed omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5”.

Il motivo è assorbito, in virtù della conferma della decisione impugnata nella parte in cui ha dichiarato la prescrizione delle pretese fatte valere da tutti i ricorrenti (ad eccezione dell’ Al., peraltro non interessato al motivo di ricorso in esame, che riguarda esclusivamente i medici B., Av., Az., Af., Ba., Be., Ai., b., Ap., Al. e ba.).

4. Sono dichiarati inammissibili il primo ed il secondo motivo (quest’ultimo solo in relazione al medico Al.Gi.) del ricorso di A.T. ed altri nonchè l’unico motivo del ricorso di Au.Gi., con assorbimento di ogni altra censura.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, con riguardo al ricorso di A.T. e degli altri ricorrenti difesi dall’avvocato Tortorella, in quanto con riguardo al ricorso di Au.Gi. l’Avvocatura Generale non ha svolto alcuna concreta attività difensiva.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo (quest’ultimo solo in relazione a Al.Gi.) del ricorso di A.T. ed altri nonchè l’unico motivo del ricorso di Au.Gi., assorbita ogni altra censura;

– condanna i ricorrenti A.T. e gli altri difesi dall’avvocato Tortorella a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore delle amministrazioni controricorrenti, liquidandole in complessivi Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

– nulla per le spese, nei rapporti tra il ricorrente Au.Gi. e le amministrazioni resistenti.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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