Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13280 del 28/06/2016

Cassazione civile sez. III, 28/06/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 28/06/2016), n.13280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19745-2012 proposto da:

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona del Sindaco in carica, On.

A.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL

TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

MAGNANELLI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

ACERO 2-A, presso lo studio dell’avvocato GINO BAZZANI, che la

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2716/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito l’Avvocato ANDREA MAGNANELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del 2 motivo

di ricorso, assorbito il 1 motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 21.5.2012 n. 2716 la Corte d’appello di Roma rigettando l’appello proposto dal Comune di Roma confermava la decisione di prime cure che aveva ritenuto responsabile l’ente locale, ai sensi dell’art. 2051 c.c., del danno patrimoniale e non patrimoniale subito da D.S.N. in seguito al sinistro stradale verificatosi in data (OMISSIS), essendo quest’ultima caduta con la propria moto, procurandosi lesioni personali, a causa di una chiazza oleosa presente sull’asfalto.

La Corte riteneva validamente interrotto il termine prescrizionale con l’invio della raccomandata in data 13.8.1994. Nel merito, dichiarata inammissibile la eccezione di difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio formulata dal Comune soltanto in comparsa conclusionale, riteneva provata la esclusiva responsabilità dell’ente locale sulla scorta delle risultanze testimoniale, e del rapporto redatto dai VV.UU. intervenuti sul luogo del sinistro, nonchè riteneva corretto il criterio di liquidazione del danno morale da reato e del danno patrimoniale da lucro cessante.

La sentenza di appello notificata in data 10.8.2012 è stata ritualmente impugnata per cassazione dal Comune di Roma con due motivi, deducendo vizi di “insufficiente motivazione” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ha resistito con controricorso la intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Comune ha impugnato la sentenza con il primo motivo deducendo la inattendibilità delle dichiarazioni rilasciata dal teste R. “sulla cui testimonianza è stata fondata la responsabilità della Amministrazione”, ed evidenziando nella esposizione del motivo le incongruenze di cui sarebbero affette le dichiarazioni del teste.

Il motivo è inammissibile in quanto non impugna entrambe le autonome “rationes decidendi” poste a fondamento della decisione.

Il Giudice di appello ha, infatti, accertato in via principale la responsabilità dell’ente locale ritenendo provati i fatti costitutivi della responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. e confermando la decisione di prime cure avendo il Tribunale “fatto corretto uso dei principi giurisprudenziali in ordine alla applicabilità al caso di specie della responsabilità ex art. 2051 c.c.”, in quanto dal verbale di sopralluogo, redatto dai vigili urbani, risultava comprovata la presenza sulla strada comunale, ne luogo del sinistro, di una macchia oleosa, rilevando che il Comune –

che non aveva dedotto alcuna prova idonea a superare la presunzione juris tantum di responsabilità – doveva tanto più ritenersi responsabile anche in relazione alla distinta fattispecie generale dell’illecito ex art. 2043 c.c., dovendosi ravvisare l’elemento soggettivo della colpa nella negligenza dell’ente locale che, come riferito dal teste (OMISSIS), non si era attivato tempestivamente per rimuovere il pericolo nonostante egli avesse provveduto a segnalarlo lo stesso giorno ai vigili urbani poco tempo prima che si verificasse il sinistro nel quale era rimasta coinvolta la D. S..

La prova testimoniale, sulla quale si incentrano gli argomenti critici svolti nella censura, non appare quindi decisiva, atteso che essendo valorizzata dalla Corte territoriale ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo della condotta illecita, supporta soltanto l’affermazione di responsabilità in concreto dell’ente locale (art. 2043 c.c.), mentre è da ritenere del tutto indifferente – e dunque priva del carattere della “decisività”, requisito essenziale per configurare il vizio di legittimità previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – ai fini dell’accertamento della responsabilità ex art. 2051 c.c. fondato sulla presunzione legale, sorreggendosi pertanto la decisione impugnata su autonome ragioni, una soltanto delle quale investita dal ricorso per cassazione, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso per carenza di interesse in quanto, “qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante la intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa ” (cfr. Corte cass. 3 sez. 7.11.2005 n. 21490;

id. 3 sez. 11.1.2007 n. 389; id. SS.UU. 20.6.2007 n. 14297; id.

SS.UU. 23.12.2009 n. 27210; id. 3 sez. 12.3.2010 n. 6045; id. Sez. 6 – L, Ord. 3.11.2011 n. 22753; id. SS.UU. 29.3.2013 n. 7931).

Con il secondo motivo il Comune impugna la sentenza di appello nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la eccezione di difetto di titolarità passiva del rapporto dedotto in giudizio, che l’ente locale aveva formulato per la prima volta nella comparsa conclusionale.

Sostiene il Comune che, essendosi verificato il sinistro in data anteriore al 28.4.2008, ed essendo stata attribuita ad apposita Gestione commissariale – istituita D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 78, comma 6 conv. in L. 6 agosto 2008, n. 133 – la liquidazione dei debiti contratti dal Comune di Roma precedentemente alla data indicata, la eccezione doveva considerarsi tempestiva, in quanto volta a richiedere la applicazione del “jus superveniens” intervenuto ad istituire detta Gestione tre anni dopo la instaurazione del giudizio di merito.

Il motivo è inammissibile in quanto il Comune impugna per “errore di fatto” quello che deve, piuttosto, qualificarsi come “errore di diritto” nella applicazione della norma processuale che fa divieto di nuove domande ed eccezioni nel giudizio di appello, e che avrebbe dovuto, pertanto, essere censurato come nullità processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il motivo è comunque infondato in quanto la istituzione della Gestione commissariale prevede un procedimento amministrativo di tipo concorsuale per la liquidazione ed il pagamento dei debiti maturati dal Comune di Roma anteriormente al 28.4.2008, ma non dispone alcuna successione nei rapporti debitori, nè tanto meno una sostituzione nella titolarità del debito dell’ente locale, il quale pertanto conserva la legittimazione processuale a resistere in giudizio alle domande di accertamento e di condanna al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento danni, anche per fatti verificatisi anteriormente alla data del 28.4.2008, come emerge dal D.L. n. 112 del 2008, art. 78, comma 3 conv. in L. n. 133 del 2008 – interpretato autenticamente dal D.L. n. 2 del 2010, art. 4, comma 8 bis conv. in L. n. 42 del 2010 – secondo cui sono imputate alla gestione straordinaria del Comune di Roma le obbligazioni nascenti da atti o fatti precedenti al 28 aprile 2008, anche se accertate con sentenze divenute definitive successivamente a tale data. Il rinvio, contenuto nel D.L. n. 112 del 2008, art. 78, comma 6 all’art. 248, commi 2, 3 e 4, nonchè al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 255, comma 12, (che disciplinano la procedura di tipo concorsuale conseguente alla dichiarazione di dissesto degli enti locali, prescrivendo il divieto di azioni esecutive individuali), deve essere, infatti, inteso in senso restrittivo, dovendo ravvisarsi in conseguenza il limite imposto all’esercizio delle azioni da parte dei creditori esclusivamente nei confronti delle procedure di espropriazione forzata volte ad azionare individualmente un titolo esecutivo –

rimanendovi, quindi, sottratte le ordinarie azioni di cognizione -, tanto più considerando che la “normativa di risanamento” del Comune di Roma Capitale viene a porsi in rapporto di specialità rispetto alla disciplina normativa delle procedure concorsuali degli enti dissestati prevista dal TU n. 267 del 2000, avendo il Legislatore inteso evitare proprio la dichiarazione di dissesto di tale Comune attraverso la istituzione di una gestione contabile separata che continua, in ogni caso, ad essere riferibile al medesimo soggetto giuridico Comune di Roma Capitale (cfr. Corte cost. sentenza 21.6.2013 n. 154 – motivazione paragr. 7.3 – che precisa come la peculiarità della normativa introdotta con il D.L. n. 112 del 2008 conv. in L. n. 133 del 2008 e succ. mod. vada ravvisata nella assenza di una “successione di soggetti giuridici” nei debiti già maturati nei confronti del Comune di Roma anteriormente alla data del 28.4.2008).

In conclusione il ricorso deve essere rigettato ed il Comune di Roma Capitale condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.

PQM

La corte:

– rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in 5.200,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016

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