Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1328 del 22/01/2021
Cassazione civile sez. II, 22/01/2021, (ud. 03/07/2020, dep. 22/01/2021), n.1328
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20862/2019 proposto da:
D.M.L., rappresentato e difeso, giusta delega in
calce al ricorso, dall’avvocato ROSSELLA GOSTOLI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
e contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE ANCONA;
– intimata –
avverso il decreto n. 7167/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato
il 30/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
03/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
Fatto
RILEVATO
che:
è stato impugnato da D.M.L. il Decreto n. 7167 del 2019, del Tribunale di Ancona con ricorso fondato su tre motivi.
La P.A. intimata si è costituita con controricorso instando per la declaratoria di inammissibilità del proposto ricorso.
Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla Commissione Territoriale di Ancona il riconoscimento della protezione internazionale.
La domanda veniva respinta dalla detta Commissione.
La decisione della Commissione, con successivo ricorso innanzi all’A.G., veniva impugnata.
Il ricorso veniva rigettato col provvedimento del Tribunale di Ancona oggetto del proposto ricorso.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1.- Con il motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).
La censura è svolta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., del quale si citano – contestualmente – i nn. 3), 4) e 5).
3.- Entrambi i motivi vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione.
Gli stessi non possono essere accolti.
Entrambi i motivi tendono – come ben segnalato in sede di controricorso – ad una non più possibile rivalutazione nel merito della fattispecie.
Non si è neppure, in ipotesi, al cospetto di una mancata attivazione – da parte del Tribunale dei propri doveri officiosi di cooperazione istruttoria in materia.
L’intento palese del ricorso è (lungi dal contestare fondatamente e non strumentalmente vizi di violazione di legge quello di una rivalutazione delle dichiarazioni del richiedente protezione e della veridicità.
Nella fattispecie tale veridicità è stata esclusa con congrua valutazione in fatto dal Tribunale e, in questa sede di giudizio di legittimità, non può certo darsi corso ad una revisione del ragionamento decisorio del Giudice del merito.
Al riguardo va opportunamente rammentato e riaffermato il principio per cui “in ogni caso non può ammettersi, anche attraverso la formale e strumentale deduzione di vizio di violazione di legge, una revisione in punto di fatto del giudizio di merito già svolto”, giacchè “il controllo di logicità del giudizio di fatto non può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608), specie quando non ricorre – come nella fattispecie – l’ipotesi di “un ragionamento del giudice di merito dal quale emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).
Per di più il secondo motivo è, altresì, inammissibile anche sotto il profilo della sua concreta formulazione, giacchè con lo stesso si svolgono promiscuamente censure di varia natura con inestricabile sovrapposizione di profili del tutto eterogenei (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 23 settembre 2011, n. 19443 e, da ultimo, Ord. 23 ottobre 2018, n. 26874).
Entrambi i proposti motivi sono, dunque, inammissibili.
4.- Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
5.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come da dispositivo.
6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
La Corte;
dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della parte controricorrente determinate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021