Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13278 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/05/2010, (ud. 28/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28964/2006 proposto da:

AZIENDA U.S.L. N. (OMISSIS) DI MESSINA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, già elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DI VILLA GRAZIOLI 13, presso lo studio dell’avvocato ACCARDO

ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato MERLO ARTURO, giusta

delega a margine del ricorso e da ultimo d’ufficio presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

V.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARANTO

142/C, presso lo studio dell’avvocato PRUDENTE SIMONA, rappresentato

e difeso dall’avvocato ALOISI FRANCESCO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 661/2006 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 30/06/2006 R.G.N. 996/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

Udito l’Avvocato ALOISI FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

La sentenza di cui si domanda la cassazione rigetta l’appello dell’Azienda unità sanitaria locale n. (OMISSIS) di Messina e conferma la decisione del Tribunale di Messina – giudice del lavoro – n. 1017/2005, con la quale l’Ausl era stata condannata al pagamento in favore del Dott. V.L. di somme dovute a titolo di “compenso aggiuntivo” in relazione ai due rapporti di convenzione di medicina generale con l’Azienda, l’uno relativo alla medicina dei servizi, l’altro di continuità assistenziale (ex guardia medica).

Il ricorso dell’Asl si articola in due motivi.

Resiste con controricorso il Dott. V. che eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo: a) invalidità della procura perchè priva del requisito della specialità; generico anche il contenuto della Delib. 12 ottobre 2006, n. 3140, relativa al conferimento della stessa procura; b) violazione del disposto dell’art. 366 bis c.p.c. Il controricorrente deposita altresì memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

La deduzione del controricorrente relativa alla prima ragione di inammissibilità del ricorso è infondata in entrambi i profili.

Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3, come modificato dal D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, art. 4, lett. d, accentra tutti i poteri di gestione, nonchè la rappresentanza, al direttore generale; ne deriva che, quale organo monocratico che espleta le sue funzioni in assenza di organi deliberativi, il direttore generale può, con un unico atto deliberare di promuovere un giudizio (o di resistervi) e rilasciare la relativa procura ad litem, sicchè nessuna autonomia riveste la formale delibera che precede il rilascio della procura (vedi Cass. 30 marzo 2004, n. 6343). Trova poi applicazione il principio secondo cui la procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione è per sua natura speciale, senza che occorra per la validità dell’atto uno specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale si rivolge, poichè in tal caso la specialità è deducibile dal fatto che la procura al difensore forma materialmente corpo con l’atto sul quale è apposta (orientamento consolidato: vedi, tra le numerose decisioni, Cass. 3 luglio 2009, n. 15692; 9 maggio 2007 n. 10539; 31 marzo 2007 n. 8060).

E’ invece fondata la seconda ragione di inammissibilità.

E’ applicabile alla controversia (ricorso contro sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006) l’art. 366 bis c.p.c., primo periodo dell’unico comma, (articolo inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, successivamente abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), per i giudizi instaurati dopo la data della in vigore della legge, ai sensi dell’art. 58, comma 1), che recita: “Nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. I due motivi di ricorso denunciano violazione di norme di diritto: 1) violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 30 del 1993, art. 55, e delle L. n. 724 del 1994, art. 6, e L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, in relazione al Decreto del Presidente della regione n. 189 del 7.7.1995; 2) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 484 del 1996, artt. 25,45, 58 e 14, nonchè degli artt. 1362 e 1363 c.c..

Entrambi i motivi non recano la formulazione di quesiti di diritto, nè rileva, in difetto dell’adempimento dell’onere specificamente imposto, che il quesito possa ricavarsi dalle deduzioni svolte nell’illustrazione del motivo. In tal senso la giurisprudenza della Corte si è espressa univocamente (vedi, tra le numerose decisioni conformi, Cass. S.u. 16 marzo 2007, n. 6278).

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e la parte ricorrente condanna al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, nella misura determinata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, liquidate le prime in Euro 23,00 oltre spese accessorie, iva e epa, ed i secondi in Euro 2500,00 (duemilacinquecento/00).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 28 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

 

 

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