Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13278 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 01/07/2020), n.13278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 8773 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

1) A.C., + ALTRI OMESSI;

rappresentati e difesi dall’avvocato M.T. (C.F.: non

dichiarato)

-ricorrenti-

nei confronti di:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F.: (OMISSIS))

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS))

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore (C.F.: (OMISSIS)) MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del

Ministro pro tempore (C.F.: (OMISSIS))

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.:

(OMISSIS))

– resistenti –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Messina n.

907/2017, pubblicata in data 21 settembre 2017;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 30 gennaio 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, deducendo di non avere ricevuto la remunerazione prevista dalle Direttive CEE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 per la frequenza di corsi di specializzazione universitaria, hanno agito in giudizio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata attuazione delle suddette direttive comunitarie.

Le loro domande sono state rigettate dal Tribunale di Messina, che ha ritenuto prescritti i diritti fatti valere in giudizio.

La Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della decisione di primo grado, esclusa la prescrizione, le ha invece parzialmente accolte e ha condannato, in solido, le amministrazioni convenute a pagare, in favore di ciascuno di essi, l’importo di Euro 6.713,94 per ogni anno di frequenza del corso, oltre interessi legali dalla data della domanda.

Avverso tale decisione ricorrono i medici indicati in epigrafe quali ricorrenti, sulla base di tre motivi.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il M.I.U.R., il Ministero della Salute il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno depositato mero atto di costituzione, finalizzato alla partecipazione alla eventuale discussione orale.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 Trattato CEE, delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000, degli artt. 2, 3, 10 e 97 Cost.; del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. n. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L 359); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c. e della L. n. 370 del 1999, art. 11, e del D.Lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c.c., della L. n. 370 del 1999, art. 11, e del D.lgs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 Trattato CEE, delle Dir. CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000, degli artt. 2, 3, 10 e 97 Cost.; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 Protocollo n. 1 alla CEDU (diritto al rispetto dei beni); del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e della L. m. 370 del 1999, art. 11 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L 359); degli artt. 1223,1226,1227 e 2056 c. c., dell’art. 11 della L. n. 370 del 1999 e del D.Lqs. n. 257 del 1991, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

I motivi del ricorso hanno tutti ad oggetto l’importo liquidato dalla corte di appello a titolo risarcitorio, sono logicamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente infondati e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1.

I ricorrenti, in sostanza, censurano la sentenza impugnata per non essere stato loro riconosciuto: a) quale danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei corsi di specializzazione, il compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991 per gli specializzandi iscritti ai corsi istituiti a partire dall’anno accademico 1991/92 (pari a L.. 21.500.000 per ciascun anno di frequenza del corso) invece dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, (pari a L.. 13.000.000, ovvero Euro 6.713,94, per ciascun anno di frequenza del corso); b) il danno per il mancato ottenimento del riconoscimento dei titoli conseguiti e dei conseguenti maggiori punteggi, da far valere nell’ambito comunitario (ai fini di eventuali occasioni lavorative, colloqui, concorsi, ecc.); c) il diritto agli interessi compensativi ed alla rivalutazione monetaria sulle somme riconosciute a titolo di danno.

La prima e la terza pretesa sono manifestamente infondate.

I ricorrenti deducono infatti di avere frequentato corsi di specializzazione iniziati in anni accademici anteriori al 1991/92, e/o comunque non soggetti alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 257 del 1991.

La decisione impugnata, nel liquidare il danno conseguente al mancato riconoscimento dell’equa remunerazione dovuta per la frequenza dei suddetti corsi di specializzazione, risulta dunque conforme al costante orientamento di questa Corte (che il ricorso non offre motivi per rimeditare) secondo cui “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore – dettando la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, con la quale ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo delle citate direttive – abbia palesato una precisa quantificazione dell’obbligo risarcitorio da parte dello Stato, valevole anche nei confronti di coloro i quali non erano ricompresi nel citato art. 11; a seguito di tale esatta determinazione monetaria, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione avente natura di debito di valuta, rispetto alla quale – secondo le regole generali di cui agli artt. 1219 e 1224 c.c. – gli interessi legali possono essere riconosciuti solo dall’eventuale messa in mora o, in difetto, dalla notificazione della domanda giudiziale” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1917 del 09/02/2012, Rv. 621205; conformi, tra le tante: Sez. 3, Sentenza n. 17682 del 29/08/2011, Rv. 619541; Sez. 3, Sentenza n. 21498 del 18/10/2011, Rv. 620244; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 1157 del 17/01/2013, Rv. 625215; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23635 del 06/11/2014, Rv. 633541; Sez. 1, Sentenza n. 2538 del 10/02/2015, Rv. 634216; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004).

Il suddetto indirizzo, con riguardo all’importo dovuto a titolo risarcitorio, è stato di recente confermato e ribadito dalle stesse SS.UU. di questa Corte, le quali hanno espressamente chiarito che “in tema di risarcimento dei danni per la mancata tempestiva trasposizione delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE in favore dei medici frequentanti le scuole di specializzazione in epoca anteriore all’anno 1991, deve ritenersi che il legislatore, con l’aestimatio” del danno effettuata dalla L. n. 370 del 1999, art. 11, abbia proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo valevole anche nei confronti di coloro non ricompresi nel citato art. 11, a cui non può applicarsi il D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, in quanto tale decreto, nel trasporre nell’ordinamento interno le direttive in questione, ha regolato le situazioni future con la previsione, a partire dall’anno accademico 1991/1992, di condizioni di frequenza dei corsi diverse e più impegnative rispetto a quelle del periodo precedente” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30649 del 27/11/2018, Rv. 651813 – 02). In tale decisione viene altresì precisato, quanto al criterio di liquidazione del danno nella misura dell’importo previsto dalla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, invece che di quella del compenso previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, che “la C.G.U.E., tanto nella sentenza del 25/2/1999 quanto nella (in gran parte reiterativa) recente sentenza del 24/1/2018, non ha incluso tra i principi interpretativi vincolanti alcun riferimento all’una o all’altra delle due fonti normative interne sopra richiamate, avendo piuttosto rimesso al giudice nazionale la determinazione della misura dell’indennizzo”, il che esclude che sussistano i presupposti per rimettere la questione interpretativa alla stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea, come richiesto in particolare nel primo e nel terzo motivo del ricorso (nonchè nella memoria depositata dei ricorrenti ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2).

Per quanto riguarda la seconda pretesa, la censura risulta inammissibile, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Non risulta infatti specificamente indicato nel ricorso se ed in quali atti del giudizio di merito sarebbe stato allegato il danno in concreto subito dagli attori sotto i profili richiamati, in mancanza del quale va certamente esclusa la possibilità del riconoscimento di un danno ulteriore rispetto a quello compensato con il riconoscimento degli importi previsti dalla L. n. 370 del 1999 (cfr. sul punto, specificamente, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14376 del 09/07/2015, Rv. 636004 01: “in tema di diritto al risarcimento del danno, spettante ai medici specializzandi per inadempimento della Dir. 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, l’applicazione del solo parametro di cui alla L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, è di per sè sufficiente a coprire tutta l’area dei pregiudizi causalmente collegabili al tardivo adempimento del legislatore italiano all’obbligo di trasposizione della normativa comunitaria, salva la rigorosa prova, da parte del danneggiato, di circostanze diverse da quelle normali, tempestivamente e analiticamente dedotte in giudizio prima della maturazione delle preclusioni assertive o di merito e di quelle istruttorie”; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 30502 del 22/11/2019, Rv. 655837 – 02: “in materia di tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive CEE relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, il riconoscimento di un danno ulteriore rispetto a quello parametrato sulla L. n. 370 del 1999, art. 11, esige un onere di allegazione di perdita di “chance” specifica, con l’individuazione puntuale delle occasioni favorevoli in concreto perdute in ragione della mancata possibilità di ottenere un titolo conforme alle caratteristiche imposte dal diritto comunitario e non già con la mera deduzione dell’impossibilità di utilizzazione del titolo in astratto”; cfr. altresì, in generale, sulla necessità di allegazione e prova, in caso di richiesta di danni da perdita di chance, di un pregiudizio concreto derivante dalla perdita di concrete possibilità di lavoro: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11353 del 11/05/2010, Rv. 613000 01).

Sono del resto altresì inammissibili le censure di vizi di motivazione avanzate ai sensi della formulazione abrogata dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile nella fattispecie in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo le amministrazioni intimate svolto effettiva attività difensiva nella presente sede.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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