Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13276 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. II, 18/05/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 18/05/2021), n.13276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26575/2019 proposto da:

A.O.G., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

LUFRANO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE BOLOGNA SEZ. FORLI’ CESENA;

– intimati –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il

12/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.O.G. – cittadino della Nigeria – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Bologna avverso la decisione della locale Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva rigettato la sua istanza di protezione in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’essersi dovuto allontanare dal suo Paese poichè omosessuale, essendo stato scoperto dai familiari il suo reale orientamento sessuale, essendo stato colto durante il compimento di rapporti intimi con il suo compagno.

Il Tribunale, con Decreto del 12 agosto 2019, ha rigettato il ricorso, ritenendo non credibile il racconto del richiedente asilo, alla luce della genericità ed incoerenza del racconto, privo di dettagli tali da permettere di reputare attendibile quanto riferito.

Inoltre, pur dandosi atto della diffusa discriminazione sociale che colpisce gli omosessuali in Nigeria, doveva però escludersi che l’Edo State dal quale proveniva il ricorrente fosse connotato da una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno, tale da porre la popolazione civile in pericolo per il solo fatto di essere sul territorio.

Ciò escludeva anche la possibilità di invocare la protezione umanitaria non avendo l’interessato fornito elementi utili per poter individuare sua situazione di vulnerabilità o d’integrazione sociale in Italia, posto che lo studio della lingua italiana e la ricerca di attività lavorativa non integrano da soli fattori ostativi al rientro in patria, ove il richiedente conserva i riferimenti familiari ed affettivi.

Avverso detto decreto A.O.G. ha proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno, ritualmente vocato, ha resistito ai soli fini della discussone orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, alla luce della ricostruzione di tale norma offerta da Cass. SU n. 7155/17.

Con il primo motivo di doglianza si deduce la violazione delle disposizioni portate nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per aver il Tribunale escluso, con motivazione apparente, l’esistenza in Nigeria di una situazione “di violenza indiscussa ed incontrollata” e ciò in contrasto con l’insegnamento dettato al riguardo da questo Supremo Collegio.

In disparte l’assenza di censure nel ricorso, quanto alla valutazione di inattendibilità ed implausibilità del narrato personale del ricorrente, ed in particolare in merito all’indicazione della condizione di omosessualità quale fattore tale da averlo indotto ad allontanarsi dal proprio paese ed a giustificare il timore del rientro in patria, il Tribunale, invece, ha partitamente esaminato l’attuale situazione socio-politica della Nigeria, sulla scorta delle informazioni desunte dai rapporti redatti da Organizzazioni internazionali all’uopo preposte (tra cui l’EASO COI Nigeria Security Situation del novembre 2018), mettendo in rilievo come la situazione nell’Edo State non presenta l’esistenza di un conflitto armato e comunque di una situazione di violenza indiscriminata tale da mettere a repentaglio la sicurezza della popolazione civile per il solo fatto di essere in quel luogo.

A fronte di tale puntuale ricostruzione il ricorrente si limita a contrapporre la propria personale interpretazione di tali informazioni, senza però specificamente contestare l’affermazione secondo cui, pur palesandosi degli episodi di violenza, gli stessi non sono quelli che invece legittimano il ricorso alla protezione sussidiaria.

Dunque, la critica portata rimane a livello di asserzione apodittica senza un effettivo confronto con la motivazione illustrata dal Tribunale.

Con il secondo motivo di doglianza il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, poichè il Tribunale non ha ritenuto sussistente condizione di sua vulnerabilità in caso di rimpatrio senza adeguatamente considerare la situazione economica e geo-politica della Nigeria.

L’argomento critico sviluppato risulta svincolato dalla motivazione esposta al riguardo dal Collegio – avverso la quale il ricorrente non porta alcuna specifica censura – limitandosi invece ad esporre un ragionamento astratto teso a delineare le linee portanti dell’istituto senza una verifica della possibilità di sussumere in detto contesto teorico il caso concreto.

Viceversa, il Tribunale ha posto in evidenza come non concorrevano le condizioni di vulnerabilità proprio in relazione alla situazione sociale, politica ed economica del paese del ricorrente ed alla non provata concorrenza di una situazione di integrazione sociale in Italia del ricorrente, così ponendo in essere la prescritta comparazione, di cui agli arresti di legittimità evocati, nel ricorso, e richiamati anche nella decisione gravata (cfr. Cass. n. 4455/2018).

Nulla a disporre per le spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Occorre dare atto che ricorrono le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

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