Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13275 del 31/05/2010
Cassazione civile sez. lav., 31/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13275
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 30219/2006 proposto da:
E.N.P.A.F. – ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FARMACISTI,
in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE PISANELLI 2, presso lo studio
dell’avvocato ANGELETTI ALBERTO, che lo rappresenta e difende, giusta
mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
D.V.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
COMMODILLA 7, presso lo studio dell’avvocato FABBRI BRUNO,
rappresentata e difesa dall’avvocato MARCHESANO VITANTONIO, giusta
mandato in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 845/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 09/11/2005 r.g.n. 1098/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/04/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l’Avvocato GNISCI LEONARDO per delega ALBERTO ANGELETTI;
udito l’Avvocato MAGNANTI CLAUDIO per delega VITANTONIO MARCHESANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI COSTANTINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 9 novembre 2005, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’ENPAF – Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Farmacisti – a pagare a D.V.R., farmacista titolare di farmacia, la somma di Euro 11.140,72 a titolo di differenza di indennità di maternità, richiesta con domanda del 26 agosto 2002 e calcolata dall’ente ai sensi della L. n. 379 del 1990, art. 1, comma 3, come sostituito dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 70, anzichè, come ritenuto corretto dalla Corte territoriale, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, con riferimento al reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista nel secondo anno precedente quello della domanda.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Ente previdenziale, con un unico articolato motivo.
Resiste alle domande D.V.R., con rituale controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col ricorso, l’E.N.P.A.F. deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 379 del 1990, art. 1, commi 2 e 3, come sostituito, senza modificazioni, dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 70 e art. 83, comma 1 nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata.
L’ente previdenziale sostiene infatti che la disciplina di cui alla L. n. 379 del 1990, art. 1, comma 2 è applicabile alle farmaciste iscritte alla Cassa da esso gestita unicamente con riguardo al reddito di natura professionale eventualmente percepito e non anche con riferimento al reddito di impresa a queste proveniente dalla titolarità di una farmacia, come del resto sarebbe stato chiarito dalla L. n. 289 del 2003, art. 1.
La diversa interpretazione della legge fatta propria dalla Corte territoriale sarebbe stata altresì sostenuta, secondo il ricorrente, da una errata motivazione, fondata sul carattere previdenziale e non assistenziale dell’indennità.
L’Ente chiede pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguenza di legge.
Il ricorso è infondato.
Secondo l’orientamento prevalente di questa Corte, al quale questo collegio dichiara di aderire (cfr., ad es., le sentt. nn. 1102/05, 11935/08 e 12528/09, che richiamano una giurisprudenza uniforme formatasi prima dell’approvazione della L. n. 289 del 2003, art. 1, sul quale e sui relativi lavori preparatori appare fondare l’opposto orientamento, di cui all’isolata Cass. N. 12260/05), il criterio di determinazione dell’indennità di maternità spettante alle libere professioniste, basato, a norma della L. 11 dicembre 1990, n. 379, art. 1, comma 2, sul “reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla libera professionista nel secondo anno precedente a quello della domanda” è applicabile a prescindere dalla forma di esplicazione dell’attività professionale e, in particolare quando tale reddito abbia natura mista, professionale e di impresa, come si verifica per la farmacista titolare di farmacia.
E’ stato infatti correttamente rilevato che l’accenno contenuto nella relazione alla proposta di legge di modifica del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 70, al fatto che con essa “si intende chiarire, senza possibilità di equivoci, che il reddito da prendere a riferimento…
è solo quello professionale con esclusione di quanto eventualmente percepito per altre attività svolte”, non ha trovato effettiva traduzione nella L. n. 289 del 2003, il cui art. 1 sostituisce nell’art. 70 cit., comma 2 l’espressione “del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali” con quella “del solo reddito percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo”.
Al nuovo testo dell’articolo modificato, non avente chiaramente natura interpretativa della precedente disposizione, non è stata infatti attribuita dalla legge efficacia retroattiva, sicchè le situazioni da cui è originato il diritto all’indennità in parola in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge di modifica restano disciplinate dal precedente testo normativo, del quale l’intervenuta modifica conferma il diverso significato, costantemente ritenuto da questa Corte (cfr., ad es. Cass. Nn. 5221/91, 15222/00, 15301/01) e che il collegio intende ribadire, avuto riguardo al tenore letterale della norma nella quale “l’attività libero- professionale non è richiamata in funzione del reddito denunciato” (Cass. N. 15301/01) e alla realtà sociale della gestione di farmacie con vendita di prodotti farmaceutici e para-sanitari.
In base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese processuali, operato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Ente ricorrente a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 16,00 per spese ed Euro 2.500,00, oltre accessori, per onorari di avvocato.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010