Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13271 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 01/07/2020), n.13271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36709-2018 proposto da:

F.T. MECCANICA SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in

persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO VENETO 108, presso lo studio

dell’avvocato SERGIO COCCIA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TM.E. SPA TERMOMECCANICA ECOLOGIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIULIO CACCINI 1, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DOMENICO

l’IRRITO, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI FONTANA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 989/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 18/6/2018, la Corte d’appello di Genova ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla TME Termomeccanica Ecologia s.p.a., ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla F.T. Meccanica (FTM) s.p.a. per il pagamento, da parte della TME s.p.a., di somme a titolo di corrispettivo per la fornitura di macchinari;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva sottolineato come le parti avessero consensualmente subordinato il pagamento del corrispettivo, da parte della TME s.p.a., alla prestazione, da parte della FTM S.p.a., di una garanzia bancaria biennale a tutela del corretto adempimento della controparte: garanzia, nella specie, mai ritualmente prestata;

che la mancata prestazione di tale garanzia da parte della FTM aveva conseguentemente giustificato il rifiuto della TME di corrispondere quanto dovuto, attesa la sostanziale inesigibilità del credito azionato in sede monitoria;

che, avverso la sentenza d’appello, la F.T. Meccanica s.p.a., in amministrazione straordinaria, propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;

che la TME s.p.a. Termomeccanica Ecologia resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1460 e 1175 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente giustificato l’inadempimento della TME s.p.a. a causa del mancato rilascio della garanzia promessa dalla FTM S p.a., senza considerare il contrasto, dell’avverso rifiuto di prestare il corrispettivo delle forniture di macchinari già eseguite, con il dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, altresì posto a fondamento dell’esercizio dell’eccezione di inadempimento regolata dall’art. 1460 c.c.;

che il motivo è manifestamente infondato;

che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale abbia correttamente rilevato l’avvenuto esercizio, ad opera della TME s.p.a., attraverso il rifiuto di corrispondere il pagamento preteso dalla controparte, della corrispondente prerogativa, convenzionalmente stipulata dai contraenti, correlata alla specifica evenienza della mancata prestazione, da parte della FTM S.p.a., della garanzia bancaria biennale promessa a tutela del proprio corretto adempimento;

che, ciò posto, nessuna possibile riconducibilità al mancato rispetto del dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (o nell’eventuale richiamo all’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c.) può essere concretamente rinvenuta nel puntuale e legittimo esercizio di detta prerogativa convenzionale da parte della TME s.p.a., trattandosi di un’evenienza fattuale prevista e regolata espressarriente dalle stesse parti contrattuali, sì da escludere il ricorso di alcun possibile vizio di sussunzione su tale punto ascrivibile a carico della decisione impugnata;

che, con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1183 e 1353 ss. c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte d’appello erroneamente qualificato il rilascio della garanzia preteso da controparte quale condizione sospensiva del pagamento dovuto dalla TME s.p.a. anzichè quale termine di adempimento, da ritenersi, nella specie, sostanzialmente maturato;

che il motivo è manifestamente infondato;

che, al riguardo, varrà considerare come – al di là della correttezza della qualificazione del rilascio della garanzia bancaria, da parte della FTM S.p.a., alla stregua di una condizione sospensiva dell’efficacia dell’obbligazione di pagamento prevista in capo alla TME s.p.a. – in nessun capo il rilascio di detta garanzia può ritenersi tale da assumere i connotati di un termine di adempimento, trattandosi, viceversa, della prevista esecuzione di una prestazione (di per sè incerta an) che le stesse parti hanno considerato come decisiva ai fini della stessa realizzazione della causa contrattuale, al punto di riservare alla TME s.p.a. la piena facoltà di differire l’adempimento corrispettivo per il caso del mancato rilascio della ridetta garanzia;

che, con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 177 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente respinto le istanze istruttorie avanzate dalla FTM s.p.a. sul presupposto che la stessa non avesse richiesto la revoca dell’ordinanza con la quale il giudice istruttore aveva respinto l’ammissione delle prove invocate dall’odierna ricorrente;

che il motivo è inammissibile;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, in relazione al caso di specie, sia appena il caso di richiamare il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti (rifiuto che il giudice di merito non è tenuto a formalizzare in modo espresso e motivato, qualora l’inconcludenza dei mezzi istruttori invocati dalle parti possa implicitamente dedursi dal complesso della motivazione adottata: cfr. Sez. L, Sentenza n. 5742 del 25/05/1995, Rv. 492429 – 01), il ricorrente ha l’onere di dimostrare che con l’assunzione delle prove richieste la decisione sarebbe stata diversa, in base a un giudizio di certezza e non di mera probabilità, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 – 01);

che, al riguardo, varrà qui ribadire il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709);

che, ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo la società ricorrente propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto destinate ad essere comprovate dalle fonti di prova non ammesse (e che avrebbero al contrario condotto – in ipotesi – a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia), dovendo conseguentemente ritenersi che, attraverso le odierne censure, la ricorrente altro non abbia prospettato se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

che, sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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