Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13270 del 18/05/2021

Cassazione civile sez. II, 18/05/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 18/05/2021), n.13270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25518/2019 proposto da:

B.O., rappresentato e difeso dall’Avvocato CHIARA BELLINI, ed

elettivamente domiciliato presso il suo studio in VICENZA, Piazzetta

A. PALLADIO 11;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2913/2019 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

5/11/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

CENNI DEL FATTO

B.O. (alias B.O.) proponeva appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 26.6.2018 di rigetto dell’opposizione avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale, chiedendo il riconoscimento della protezione sussidiaria o di quella umanitaria.

Sentito dalla Commissione Territoriale, il richiedente aveva riferito di essere cittadino senegalese e di aver lasciato il proprio Paese per il fatto di non essere stato accettato dalla famiglia (o meglio da quella che aveva adottato la sorella), nè dalla comunità del villaggio quando vi aveva fatto ritorno nel 2013, dopo che il maestro di corano con cui era cresciuto in Guinea e con cui viveva era deceduto durante l’epidemia di ebola; che, rientrato per questo motivo in Senegal, era stato rifiutato dalla comunità per il timore di un contagio.

Con sentenza n. 2913/2019, depositata in data 12.7.2019, la Corte d’Appello di Venezia rigettava l’appello, confermando quanto dedotto dal Giudice di primo grado circa la scarsa credibilità del racconto, atteso che l’epidemia di ebola era cessata e, in ogni caso, il lungo tempo trascorso portava ad escludere che il richiedente potesse essere considerato ancora fonte di contagio. Rilevava la mancata allegazione di danni gravi, avendo il ricorrente solo affermato di non voler fare ritorno in Senegal senza ulteriori specificazioni, così come (Ndr: testo originale non comprensibile), di una situazione di vulnerabilità o di criticità umanitarie nel Paese. Quanto alla protezione sussidiaria, si rilevava che l’appellante non avesse mai fatto cenno alla situazione generale del suo Paese come fonte di effettivo pericolo per la sua incolumità in caso di rimpatrio. Non risultava che l’appellante fosse colpito da condanna a morte o rischiasse l’esecuzione della pena capitale e difettava qualsivoglia elemento che facesse anche solo presumere che, in caso di rimpatrio, potesse essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, nè poteva ritenersi che in Senegal vi fosse una violenza generalizzala legata a un conflitto armato. Neppure si ravvisavano i presupposti per la protezione umanitaria, mancando elementi anche a livello di allegazione idonei a definire la presumibile durata di esposizione a uno specifico rischio.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il B. sulla base di tre motivi. Resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione delle norme che disciplinano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g) e art. 14 (per la protezione sussidiaria), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1 lett. c-ter), (per la protezione umanitaria)”.

1.2. – Con il secondo motivo, il richiedente deduce la “Violazione, anche quale vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a-e), in punto di onus probandi, cooperazione istruttoria in capo al Giudice e criteri normativi di valutazione degli elementi di prova e delle dichiarazioni rese dai richiedenti nei procedimenti di protezione internazionale”.

1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia la “Violazione del principio del “non refoulement” di cui all’art. 3 CEDU e art. 33 Convenzione di Ginevra”.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – Secondo l’insegnamento di questa Corte (seguito anche dal presente collegio: Cass. n. 21452 del 2020), nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. n. 10072 del 2018; conf. Cass., sez. un., n. 11308 del 2014; ex plurimis Cass. n. 21452 del 2020; Cass. n. 4029 del 2020).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha ritenuto di far precedere ai motivi di ricorso tale necessaria parte espositiva, che appare mancante anche nella formulazione dei motivi stessi; circostanza, questa, che non consente a questa Corte la comprensione dei medesimi e la verifica della loro ammissibilità.

2.2. – L’esposizione sommaria dei fatti risponde non già ad una esigenza di mero formalismo, bensì a consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., sez. un., n. 22860 del 2014; Cass., sez. un., n. 1772 del 2013). Pertanto, detto requisito è volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, allorquando il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto della impugnazione (Cass. n. 16103 del 2016), senza dovere ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. n. 21137 del 2013).

2.3. – Laddove poi (rilevato che l’esigenza sottesa alla esposizione sommaria è quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa), va posto in rilievo il contenuto, del tutto rapsodico e disordinato, con cui vengono trattate le situazioni prese, di volta in volta, in considerazione.

3. – Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Nonostante la costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno nessuna liquidazione delle spese va disposta in suo favore, poichè il controricorso non possiede i requisiti previsti dall’art. 370 c.p.c.. Va viceversa emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2021

 

 

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