Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13266 del 28/06/2016

Cassazione civile sez. III, 28/06/2016, (ud. 18/02/2016, dep. 28/06/2016), n.13266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15964-2013 proposto da:

D.N.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, LUNGOTEVERE SANZIO 1, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

ROMANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ROBERTO CAVALLO PERIN giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.C., G.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato

MARIO CONTALDI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati LUCA BIDOGGIA, VITTORIO BAROSIO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

UNIPOL ASSICURAZIONI già AURORA ASSICURAZIONI S.P.A. in persona

del procuratore Dr. L.G.M.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE LEPORE, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati SALVATORE ZARBA, FRANCESCO ZARBA giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

G.G., REGIONE PIEMONTE, ASL/(OMISSIS) TORINO, REALE

MUTUA

ASSICURAZIONI, INA ASSITALIA SPA, ASSITALIA LE ASSICURAZIONI

D’ITALIA SPA, TORO ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

Nonchè da:

G.G., domiciliato ex lege, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA

CLOTILDE INGRASSIA e ANGELO CARBONE giusta procura speciale del

Dott. Notaio NATALE NARDELLO in TORINO il 28/1/2016, rep. n. 64740;

– ricorrente incidentale –

contro

P.C., C.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato

MARIO CONTALDI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati LUCA BIDOGGIA, VITTORIO BAROSIO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

AURORA ASSICURAZIONI SPA già WINTERTHUR ASSICURAZIONI SPA,

SOCIETA’ REALE MUTUA ASSICURAZIONI, AZIENDA SANITARIA LOCALE

TO/(OMISSIS)

gia ASL/8, REGIONE PIEMONTE, INA ASSITALIA SPA gia ASSITALIA LE

ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA, UNIPOL SPA, ALLEANZA TORO SPA già

TORO ASSICURAZIONI SPA, D.N.C. (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, ALLEANZA TORO già TORO

ASSICURAZIONI SPA, GENERALI ITALIA SPA già INA ASSITALIA SPA,

in persona dei loro rispettivi procuratori Avv. M.F.,

Avv. MA.MA. e dell’Amministratore Delegato Dott.

ME.AN., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato MILENA LIUZZI, che

le rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI ANTONIELLI

D’OULX giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

P.C., C.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato

MARIO CONTALDI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati LUCA BIDOGGIA, VITTORIO BAROSIO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

C.D., C.M., G.G., REGIONE PIEMONTE,

A.S.L. N. (OMISSIS) (ora A.S.L. (OMISSIS)), UNIPOL SPA, GENERALI

ITALIA SPA

già INA ASSITALIA SPA, SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI,

AURORA ASSICURAZIONI SPA, già WINTERTHUR ASSICURAZIONI SPA, D.

N.C. (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

GENERALI ITALIA SPA (già INA ASSITALIA SPA) in persona suo

legale rappresentante pro tempore Avv. MA.MA.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 35, presso

lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PIER FRANCO GIGLIOTTI giusta

procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

P.C., C.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato

MARIO CONTALDI, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati LUCA BIDOGGIA, VITTORIO BAROSIO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

D.N.C. (OMISSIS), G.G., REGIONE

PIEMONTE, A.S.L. TO (OMISSIS) (già A.S.L. N. (OMISSIS)),

UNIPOL S.P.A.,

SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, GENERALI ITALIA SPA (già

INA ASSITALIA), ALLEANZA TORO (già TORO ASSICURAZIONI S.P.A.),

AURORA ASSICURAZIONI S.P.A. già WINTERTHUR ASSICURAZIONI SPA,

C.D., C.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 370/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/2/2013, R.G.N. 1438+1469/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito l’Avvocato ROBERTO PERIN CAVALLO;

udito l’Avvocato LUIGI ANTONIELLI D’OULX;

udito l’Avvocato ROBERTO OTTI per delega;

udito l’Avvocato ANGELO CARBONE;

udito l’Avvocato MARIA CLOTILDE INGRASSIA;

udito l’Avvocato STEFANIA CONTALDI per delega;

udito l’Avvocato GIUSEPPE LEPORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione del 2003 P.C. e C.F., in proprio e quali genitori esercenti la potestà sui figli minori C.M., C.D. e C.V., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino il dott. D.N.C., il dott. G.G., la Regione Piemonte e l’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) al fine di sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni conseguenti alle prestazioni sanitarie erogate all’attrice P.C. in data (OMISSIS) presso l’Ospedale (OMISSIS), in occasione del parto in cui venne alla luce C.M., affetta da paralisi cerebrale con tetraplegia spastica, riconosciuta totalmente e permanentemente invalida, con inabilità lavorativa del 100% e necessità di assistenza continua.

Si costituivano in giudizio D.N.C., G.G. e la Regione Piemonte contestando la domanda attorea e chiedendone il rigetto. L’ASL rimaneva contumace.

Il D.N. chiamava in causa in garanzia la Compagnia ASSITALIA, il G. la Winterthur e la Società Reale Mutua di Assicurazioni, la Regione Piemonte la Società Reale Mutua Assicurazioni, l’Unipol, la Toro Assicurazioni e la ASSITALIA. Le compagnie assicurative si costituivano tutte in giudizio, tranne la Toro Assicurazioni. L’ASSITALIA si costituiva soltanto quale garante del D.N..

2. Il Tribunale, espletata consulenza medico legale e successivo supplemento di indagine, con sentenza del 30 maggio 2008, affermava la responsabilità sia del dott. D.N., quale medico che aveva avuto in carico la paziente, sia del dott. G., nella sua qualità di primario, sia della Regione Piemonte, quale successore in tutti i rapporti facenti capo alle estinte USL. La domanda proposta nei confronti dell’ASL veniva respinta. I predetti convenuti venivano quindi condannati in solido al risarcimento dei danni, liquidati in Euro 2.537.076,50 per C.M., Euro 244.375,27 per P. C., Euro 110.000,00 per C.F., Euro 20.000,00 per C.D. ed Euro 20.000,00 per C.V..

Quanto alle chiamate in garanzia, il Tribunale accoglieva la domanda del D.N. nei confronti di ASSITALIA nei limiti del massimale;

respingeva la domanda del G. nei confronti della Winterthur (poi Aurora Assicurazioni) accogliendo in parte la domanda proposta nei confronti della Società Reale Mutua di Assicurazioni;

accoglieva le domande di garanzia formulate dalla Regione Piemonte nei confronti delle società coassicuratrici Società Reale Mutua di Assicurazioni, Unipol, Toro Assicurazioni e ASSITALIA nei limiti del massimale e in proporzione delle rispettive quote.

Il Tribunale poneva a fondamento della decisione le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, la quale aveva evidenziato una negligenza da parte dei sanitari nell’attuazione dei trattamenti diagnostici e terapeutici indispensabili per fronteggiare un quadro clinico già sospetto nella giornata del (OMISSIS), inviando la paziente a casa senza effettuare ulteriori accertamenti e prescrizioni ed eseguendo poi il taglio cesareo soltanto il giorno successivo alle ore 15,10, anzichè operare per la nascita del feto in tempi brevi onde evitare compromissioni durante il travaglio.

3. La sentenza veniva impugnata dal dott. D.N. e dal dott. G. dando luogo a due procedimenti successivamente riuniti.

Costituitesi le altre parti, la Toro Assicurazioni, la Società Reale Mutua di Assicurazioni, la ASSITALIA (poi INA ASSITALIA) e la Aurora Assicurazioni proponevano appello incidentale.

Con sentenza del 21 novembre 2012 la Corte d’appello di Torino, in parziale accoglimento degli appelli principali proposti dal D.N. e dal G. e degli appelli incidentali formulati dalle compagnie assicuratrici, riformava la sentenza impugnata limitatamente al risarcimento dei danni riconosciuti dal primo giudice in favore di C.D. e C.V., confermando la sentenza nel resto. Condannava D.N., G. e la Regione Piemonte in solido al pagamento delle spese del grado in favore di P.C. e C.F., compensandole tra le altre parti.

4. Contro la suddetta sentenza D.N.C. propone ricorso per cassazione, affidato a sette motivi ed illustrato da memoria.

Resistono con controricorso P.C. e C.F. nonchè la Unipol Assicurazioni (già Aurora Assicurazioni).

Controricorso con ricorso incidentale, articolato in due motivi, viene proposto da G.G., che ha depositato memoria.

Altro controricorso con ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, è proposto da Società Reale Mutua di Assicurazioni, Generali Italia (già INA ASSITALIA), Alleanza Toro (già Toro Assicurazioni), che hanno anche depositato memoria.

Controricorso con ricorso incidentale, articolato in sei motivi, è altresì proposto da Generali Italia, quale compagnia assicuratrice di D.N.C..

P.C. e C.F. resistono ai ricorsi incidentali con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, principale e incidentali, proposti avverso la medesima sentenza.

RICORSO PRINCIPALE. 1. Con il primo motivo D.N.C. denuncia “violazione di legge di cui all’art. 1218 c.c.”, per avere la corte territoriale identificato la prova liberatoria posta a carico del medico con la dimostrazione che un comportamento diverso avrebbe evitato il danno, facendo così erroneamente coincidere la prova dell’esatto adempimento con quella dell’assenza di nesso causale.

Il motivo è infondato.

La corte territoriale si è conformata al consolidato indirizzo di questa Corte in tema di onere della prova nell’ambito della responsabilità medica in base al quale il danneggiato ha l’onere di provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e di allegare l’inadempimento qualificato del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, restando, invece, a carico del medico e/o della struttura sanitaria la dimostrazione che tale inadempimento non si sia verificato, ovvero che esso non sia stato causa del danno (Cass. civ., sez. 3, 30-09-2014, n. 20547).

2. Con il secondo motivo si denuncia “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio: il primo tracciato ((OMISSIS)) non imponeva nè anche solo “consigliava” il ricovero”. Sostiene il ricorrente che, contrariamente alle risultanze della C.T.U., in presenza di un tracciato analogo a quello effettuato sulla gestante il (OMISSIS), secondo la letteratura medica, trasfusa in linee guida e protocolli, come evidenziato dal consulente di parte, non sarebbe stato opportuno il ricovero o un approfondimento diagnostico.

3. Con il terzo motivo si denuncia “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio: il secondo tracciato ((OMISSIS)) non rendeva “obbligatorio” nè anche solo consigliava il taglio cesareo urgente”.

Deduce il ricorrente che il tracciato in questione si presentava “non reattivo” o “non rassicurante”, situazione che non era indicativa di una patologia o di una sofferenza fetale, come ritenuto nella C.T.U., ma di una ordinaria condizione di “sonno o quiete del feto”.

Risultava pertanto erronea la valutazione espressa dai consulenti tecnici d’ufficio, recepita dal giudice, secondo cui, in tale situazione, non sarebbe stato consentito effettuare un ulteriore monitoraggio (terzo tracciato), dovendosi invece eseguire con urgenza il taglio cesareo.

4. Con il quarto motivo si denuncia “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio: il terzo tracciato ((OMISSIS)) conferma che non v’era alcuna indicazione al taglio cesareo urgente”.

Deduce il ricorrente che il terzo tracciato (il secondo del (OMISSIS)) presentava – come rilevato dalla C.T.U. – “condizioni di variabilità migliorate” e alcune seppure scarse “accelerazioni”, il che confermava che non vi era alcuna indicazione al cesareo urgente.

Errata si palesava, quindi, l’affermazione dei consulenti d’ufficio secondo cui il miglioramento del tracciato era spiegabile come “un estremo tentativo di compenso preterminale del feto”.

5. Con il quinto motivo si denuncia “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio: i criteri universalmente riconosciuti escludono nel caso una paralisi cerebrale da asfissia intrapartum”.

Il ricorrente censura la C.T.U., recepita dai giudici di merito, nella parte in cui afferma – in contrasto con la letteratura medica e linee guida – la sussistenza del nesso causale tra la condotta e l’evento dannoso, ritenendo: a) che la patologia cerebrale sia conseguenza di un’asfissia o evento anossico “manifestatisi in travaglio di parto o entro le ore immediatamente precedenti”; b) che perciò il ritardo di “4,28 ore” nell’esecuzione del cesareo abbia “prolungato” l’esposizione del feto ad una situazione di sofferenza;

c) che in seguito a ciò si sia “in toto concretizzata o tuttalpiù aggravata in misura comunque decisiva o sostanziosa una preesistente sofferenza cerebrale”.

6. Con il sesto motivo si denuncia “omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio: l’assenza d’asfissia intrapartum esclude che un taglio cesareo urgente potesse essere di qualche utilità”. Sulla base delle considerazioni svolte con riferimento al precedente motivo di ricorso, sostiene il ricorrente che, non essendo la paralisi cerebrale da cui è risultata affetta la neonata riconducibile ad asfissia intrapartum, ma ad una diversa causa, l’intervento di taglio cesareo urgente non avrebbe potuto produrre alcun effetto benefico.

I cinque motivi di ricorso appena enunciati, in quanto intrinsecamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

La corte territoriale, nel confermare la sentenza del primo giudice, ha posto a fondamento della decisione le risultanze della consulenza medico-legale espletata in primo grado. Nella sentenza impugnata si rileva che la consulenza tecnica d’ufficio aveva accertato che “l’ingiustificabile ritardo con cui venne eseguito il taglio cesareo ha condizionato la gravità della patologia; che le cause paiono riconducibili ad una sofferenza fetale conseguente ad anossia verificatasi in travaglio di parto o subito prima o comunque aggravatasi in occasione del parto stesso; che risulta una evidente imperizia a carico dei sanitari per aver eseguito in ritardo il taglio cesareo, nonchè elementi di imprudenza, attesa l’assenza di qualsiasi ulteriore registrazione cardiotocografica per oltre 20 ore”.

Ciò premesso, va rilevato che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data successiva all’11 settembre 2012 e quindi, nella specie, è applicabile il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui non sono più deducibili, come in passato, genericamente vizi di motivazione, ma esclusivamente l’ “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Secondo il recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza 7 aprile 2014 n. 8053) “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv., con modif., dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è deducibile esclusivamente l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile””. Le Sezioni Unite hanno altresì precisato che “l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.

Tanto premesso, va osservato come i fatti storici decisivi per il giudizio, evocati nei motivi di ricorso, siano stati tutti presi in considerazione dalla corte d’appello. Segnatamente, il secondo, terzo e quarto motivo involgono i tre tracciati effettuati dal (OMISSIS) presso la struttura ospedaliera, i quali sono stati esaminati nella consulenza tecnica d’ufficio le cui risultanze sono poi state recepite dai giudici di merito. La circostanza che il ricorrente, sulla scorta delle osservazioni formulate dal proprio consulente tecnico, tragga dai fatti suddetti conclusioni che si discostano da quelle cui era pervenuta la C.T.U. riguardo alla opportunità di effettuare il ricovero della gestante il (OMISSIS) (o eseguire approfondimenti diagnostici) e alla necessità di effettuare il taglio cesareo urgente il giorno successivo non assume rilievo in questa sede, risolvendosi nella prospettazione di un inammissibile riesame del merito della vicenda. Analoghe considerazioni valgono per il quinto e sesto motivo di ricorso, a fondamento dei quali il ricorrente pone le valutazione del proprio consulente, contrastanti con quelle espresse dai consulenti d’ufficio, circa il verificarsi di una paralisi cerebrale da asfissia intrapartum.

7. Con il settimo motivo, formulato in via subordinata, si denuncia “violazione di legge di cui agli artt. 1218 e 1223 c.c.”. Si duole il ricorrente che la sentenza impugnata non abbia dato rilievo alla patologia preesistente della neonata, neppure al solo limitato fine di circoscrivere il quantum del risarcimento alle conseguenze dannose eziologicamente riconducibili alla condotta dei sanitari.

Il motivo è infondato.

La ricorrenza di una patologia pregressa della neonata è postulata dal ricorrente sulla base della asserita riconducibilità dell’evento dannoso a cause diverse da una asfissia o ipossia intrapartum, che, invece, sulla base delle considerazioni svolte con riferimento agli altri motivi di ricorso, deve porsi in nesso causale con la paralisi cerebrale da cui è affetta C.M.. Inoltre, il ricorrente non ha espressamente censurato le argomentazioni con cui la corte territoriale ha osservato che “eventuali cause naturali, che avrebbero potuto concorrere nella determinazione del danno, non comportano una diminuzione del risarcimento dei danni patiti sia da Mara Catto sia dai suoi genitori, non essendo stato dimostrato un concorso di colpa da parte del creditore avente diritto alla prestazione”.

In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.

RICORSO INCIDENTALE DI G.G..

1. Con il primo motivo si denuncia “omesso esame circa il fatto, discusso e decisivo per il giudizio, dell’assenza giustificata del primario dell’ospedale in occasione del ricovero della paziente (art. 360 c.p.c., n. 5)”.

2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 128 del 1969, art. 7 e D.P.R. n. 761 del 1979, art. 63”. Sostiene il ricorrente che le suddette disposizioni normative si limitavano a disciplinare le funzioni e le prerogative del primario e degli altri sanitari ospedalieri, senza tuttavia incidere sulla responsabilità in senso civilistico. Inoltre, la corte di merito non aveva specificato quale concreta condotta del primario aveva giustificato la sua responsabilità. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

Come è reso palese dalle ampie argomentazioni svolte al riguardo nella sentenza impugnata (pp. 49 – 55), la corte territoriale non ha posto a fondamento della concorrente responsabilità del primario dott. G. il fatto che questi fosse presente in ospedale la mattina del (OMISSIS), quando la paziente venne ricoverata, avendo per contro imputato al predetto l’inosservanza dei doveri riconducibili alla posizione del primario sulla base della normativa richiamata, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte.

Alle decisioni menzionate nella sentenza impugnata hanno dato continuità Cass. civ., sez. 3, 29-11-2010, n. 24144, secondo cui il primario ospedaliero, che, ai sensi del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, art. 7 ha la responsabilità dei malati della divisione (per i quali ha l’obbligo di definire i criteri diagnostici e terapeutici, che gli aiuti e gli assistenti devono seguire), deve avere puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano tutti i degenti, a prescindere dalle modalità di acquisizione di tale conoscenza (con visita diretta o interpello degli altri operatori sanitari), ed è, perciò obbligato ad assumere informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri medici cui il paziente sia stato affidato, indipendentemente dalla responsabilità degli stessi, tanto al fine di vigilare sulla esatta impostazione ed esecuzione delle terapie, di prevenire errori e di adottare tempestivamente i provvedimenti richiesti da eventuali emergenze, nonchè Cass. civ., sez. 3, 22/10/2014, n. 22338, che ha affermato che il primario ospedaliero risponde del danno derivato da un deficit organizzativo della struttura da lui diretta, ove non dimostri di avere adempiuto tutti gli obblighi a lui imposti dal D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, art. 7 e cioè di essersi informato sulle condizioni dei malati, di avere impartito le necessarie istruzioni al personale e di avere predisposto le direttive per eventuali emergenze.

RICORSO INCIDENTALE DI GENERALI ITALIA, QUALE ASSICURATRICE DI D. N.C..

Il Collegio rileva che lo scrutinio dei motivi non è possibile, in quanto il ricorso è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3.

E’ opportuno premettere che “per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa” (ex multis, Cass. civ., sez. 2, 04-04-2006, n. 7825). Tutto ciò vale anche per il ricorso incidentale, il quale deve contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, pena la sua inammissibilità (Cass. civ., sez. 3, 08/01/2010, n. 76).

Orbene, alla luce dei principi di diritto richiamati, l’esposizione del fatto nel ricorso incidentale in esame si presenta carente, essendosi la ricorrente limitata a riportare nella parte iniziale del ricorso il dispositivo della sentenza della corte d’appello impugnata, procedendo poi direttamente alla elencazione e illustrazione dei motivi di ricorso.

Il ricorso incidentale proposto da Generali Italia va dunque dichiarato inammissibile.

RICORSO INCIDENTALE DI SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, GENERALI ITALIA E ALLEANZA TORO. Con un unico motivo si denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Deducono le compagnie assicurative che erroneamente la corte territoriale aveva individuato il massimale di polizza per sinistro, mentre occorreva prendere come riferimento il più limitato massimale per persona, riferito alla sola persona direttamente danneggiata che aveva subito la lesione corporale, come espressamente previsto dalle condizioni generali di polizza.

Il ricorso incidentale, per come formulato, è inammissibile, essendo dedotto, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 l’omesso esame di fatti decisivi e controversi tra le parti. Le questioni prospettate dalle ricorrenti, invece, sono state oggetto di valutazione da parte della corte di appello, la quale è pervenuta alla decisione sul punto alla stregua di una diversa interpretazione delle condizioni generali di contratto rispetto a quella patrocinata delle compagnie assicuratrici.

In conclusione, sulla base delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso principale ed il ricorso incidentale di G.G. devono essere rigettati. Gli altri ricorsi incidentali sono dichiarati inammissibili.

Tutti i ricorrenti, principale e incidentale, vanno condannati al pagamento in favore di P.C. e C.F. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, il ricorrente principale e i ricorrenti incidentali sono tenuti al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale di G.G.; dichiara inammissibili gli altri ricorsi incidentali.

Condanna tutti i ricorrenti, principale e incidentale, al pagamento in favore di P.C. e C.F. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 40.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2016

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