Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13266 del 28/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13266 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 20951-2011 proposto da:
VICEDOMINI

IMMACOLATA

VCDMCL66L67F839Q,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VERONA, 30, presso lo
studio dell’avvocato GUIDA CRISTIANO, rappresentata e difeso
dall’avvocato OREFICE GENNARO giusta procura in calce al
ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA
17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

Data pubblicazione: 28/05/2013

rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA,
MAURO RICCI giusta procura in calce al controricorso;

– contradcorrente avverso la sentenza n. 2407/2011 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI del 28/03/2011, depositata il 22/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Ricci Mauro difensore del controricorrente che si
riporta ai motivi;
è presente il P.G. in persona del Dott. GIULIO ROMANO che
aderisce alla relazione.
FATTO E DIRITTO
La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale
della stessa città che aveva dichiarato improponibile il ricorso di
Immacolata Vicedomini, sul rilievo che, da un canto, la domanda
amministrativa per il conseguimento delle prestazioni assistenziali (del
22.3.1984) era stata depositata da un soggetto non legittimato perché
minorenne; dall’altro perché, comunque, non era stata offerta una
prova rassicurante dell’avvenuta ricezione della domanda stessa, poiché
l’avviso di ricevimento della raccomandata spedita dal Patronato (n.
4089 del 19.3.1984) non era in alcun modo riferibile alla domanda della
ricorrente, priva di data.
La corte territoriale ha evidenziato che l’appellante non ha confutato le
ragioni poste dal Tribunale a sostegno della sua pronuncia e si è
limitato a reiterare l’affermazione di aver già documentato l’invio della
domanda (documentazione ritenuta inidonea dal Tribunale), mentre in
appello ha depositato una domanda amministrativa datata 3.3.1993,
diversa da quella posta a fondamento del ricorso. Infine ha evidenziato
Ric. 2011 n. 20951 sez. ML – ud. 21-03-2013
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q

che dalla documentazione in atti risultava provato il riconoscimento di
prestazione assistenziale dal maggio 1996.
Per la Cassazione della sentenza ricorre la Vicedomini sulla base di un
motivo con il quale, nell’evidenziare la differenza tra improponibilità
ed improcedibilità, sottolinea l’erroneità della pronuncia posto che il

giudice non ha affatto accertato che il procedimento amministrativo
non aveva avuto inizio limitandosi ad affermare che la parte non era
legittimata ad inoltrare la domanda e che vi fosse la prova della sua
effettiva proposizione.
In tal modo secondo la ricorrente il difetto era stato sanato e,
comunque, la domanda esisteva, era stata rinvenuta il 7.11.2006 (
prodotta in allegato al ricorso per cassazione), ed inutilmente si era
chiesto al Tribunale di disporne l’acquisizione d’ufficio.
Sottolinea che al più la domanda doveva essere dichiarata
improcedibile e che l’improponibilità, una volta che non era stata
rilevata in prima udienza doveva ritenersi sanata.
Oppone alle difese dell’INPS ( senza spiegare a quale grado di giudizio
si riferisce) che la domanda era formulata in termini generici si da
poter essere riferita a tutte le prestazioni assistenziali ed anche
all’indennità di accompagnamento che prescinde da limiti di età.
Insiste nella possibilità di acquisire d’ufficio la domanda amministrativa
e evidenzia la tardività della costituzione dell’Inps e la conseguente
inammissibilità di ogni difesa da cui era decaduta

Il ricorso nella sua confusa formulazione deve essere respinto.
Ai sensi dell’art. 366 comma 1 n. 4 il ricorso deve contenere “i motivi
per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di
diritto su cui si fondano”.

Ric. 2011 n. 20951 sez. ML – ud. 21-03-2013
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Ic

”Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, n. 3, cod.proc.civ. ( e
questo sembra essere il vizio denunciato nel caso in esame) deve essere
dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione
dell’art. 366, n. 4, cod.proc.civ., non solo con la indicazione delle
norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante

motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in
diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto
con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con
l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità,
diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo
istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata
violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di

errori di diritto” individuati per mezzo della indicazione delle singole

norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una
critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le
questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante
specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione
comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non
attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle
desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.” (cfr. tra le
tante Cass. n. 5353/2007).
Peraltro il motivo è inammissibile anche sotto il diverso profilo della
sua carente autosufficienza. Postula, infatti- in modo tutt’altro che
chiaro — una errata applicazione di una formula processuale
(improcedibilità in luogo dell’improponibilità dichiarata) e pretende
poi che la Corte provveda al riconoscimento della prestazione
assistenziale (pensione da 22 marzo 1984 come da CTU) senza tuttavia
riportare il contenuto dell’accertamento peritale, indicare dove lo
Ric. 2011 n. 20951 sez. ML – ud. 21-03-2013
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specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a

stesso possa essere rinvenuto e comunque precisare in quale fase
processuale sia stato effettuato, chiedendo, peraltro, alla Corte un
accertamento di merito che non le è consentito.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Trattandosi di ricorso presentato prima dell’entrata in vigore del d.l.

non ripetibili non ricorrendo i presupposti per regolarle secondo la
soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara non ripetibili le spese del presente
grado di giudizio.

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Così deciso in Roma, il/IO/marzo

Il Presidente

30.9.2003 n. 269 conv. in 1. 4.11.2003 n. 326 le spese vanno dichiarate

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