Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13262 del 01/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 01/07/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 01/07/2020), n.13262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7883-2018 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 77,

presso lo studio dell’avvocato GERARDO RUSSILLO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 06/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2014 C.D. convenne dinanzi al Tribunale di Avellino il Ministero della giustizia, deducendo:

– di avere espiato una pena detentiva della durata complessiva di 1.036 giorni, nella Casa Circondariale di Vallo della Lucania;

– che la detenzione era avvenuta in condizioni “disumane e degradanti”.

Chiese pertanto la condanna dell’amministrazione convenuta al risarcimento del danno sofferto in conseguenza di tale fatto, ai sensi dell’art. 35 ter dell’Ordinamento Penitenziario (L. 26 luglio 1975 n. 354).

2. Riassunto il giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli, competente ratione loci, quest’ultimo con decreto 6.9.2017 (senza numero) rigettò la domanda, ritenendo che il detenuto ebbe a disposizione uno spazio (al lordo della mobilia) superiore a 3 mq, e che le altre condizioni di detenzione, complessivamente valutate, non potevano ritenersi lesive della dignità della persona.

3. Avverso tale decreto C.D. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo ed illustrato da memoria. Il ministero della giustizia non si è difeso.

Il ministero non si difende.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente formula varie censure, così riassumibili:

a) il Tribunale ha erroneamente calcolato lo spazio a disposizione del detenuto, includendo in esso la superficie non calpestabile perchè occupato dalla mobilia, superficie, quest’ultima, che si sarebbe invece dovuta detrarre dallo spazio complessivo;

b) il Tribunale ha escluso la sussistenza di un trattamento disumano del detenuto, sul presupposto di questi per otto ore al giorno potesse circolare liberamente nel cortile, senza tenere conto che il cortile era rappresentato da uno spazio di soli 20 metri quadrati e la popolazione carceraria era di 70 detenuti;

-) il Tribunale non ha tenuto conto che era onere dell’Amministrazione resistente dimostrare la conformità delle condizioni carcerarie ai precetti dell’art. 3 Convenzione EDU;

-) in ogni caso l’amministrazione resistente non aveva contestato le allegazioni compiute dal ricorrente in punto di fatto;

-) la relazione depositata dalla direzione della Casa Circondariale di Vallo della Lucania non rispecchiava le effettive condizioni dell’istituto all’epoca dei fatti, ed in particolare non riferiva che le docce all’interno delle celle furono installate solo nel 2011, mentre il ricorrente era stato detenuto sin dal 2008.

1.1. Il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., in quanto ad esso non è stata allegata una copia autentica, nè una copia autenticata, del provvedimento impugnato, in violazione di quanto prescritto dalla disposizione appena ricordata.

Le Sezioni Unite di questa corte hanno infatti stabilito che, ai fini della procedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c., il deposito di copia cartacea della decisione impugnata, quando quest’ultima sia stata redatta in formato elettronico, sottoscritta digitalmente ed inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore del D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16 bis, comma 9 bis, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, determina l’improcedibilità del ricorso, a meno che il controricorrente, nel costituirsi, depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale.

Se invece, come è avvenuto nel caso di specie, la controparte sia rimasta soltanto intimata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio: il che nel caso di specie non è accaduto (Sez. U -, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597 – 02).

2. Benchè il rilievo che precede abbia carattere assorbente, il Collegio ritiene non inutile rilevare che – come già ritenuto da questa corte in vicenda analoga – l’indagine del giudice di merito chiamato a decidere una domanda di indennizzo ex art. 35 ter Ord. Pen., non può essere condotta sulla scorta del mero criterio del calcolo della superficie di cui il detenuto dispone all’interno della cella ma, persino quando questa sia inferiore ai 3 mq., deve includere la valutazione di ogni altro fattore, emergente dagli atti – come, nella specie, la regolare fruizione di attività ricreative e sportive, la possibilità di movimento all’esterno della cella, la condivisione di questa con un solo detenuto – che possa compensare la mancanza dello spazio vitale nella camera detentiva (Sez. 1 -, Sentenza n. 12955 del 24/05/2018, Rv. 649116 – 01, che richiama la conforme decisione della Corte EDU, Grande Camera, 20.10.2016, Mursic c. Croazia).

3. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

L’improcedibilità del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) dichiara improcedibile il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di C.D. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2020

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