Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13261 del 17/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 17/05/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 17/05/2021), n.13261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28873-2018 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato MAURIZIO GIORGIO

SILIMBANI;

– ricorrente –

contro

BANCA INTESA SPA, in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA GRAZIOLI 15,

presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO BIAGI;

– controricorrente –

e contro

UNICREDIT BANCA SPA, in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CESI 72, presso lo

studio dell’Avvocato ACHILLE BUONAFEDE, rappresentata e difesa

dall’avvocato MASSIMILIANO IOVINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1219/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Nel settembre del 2004, la s.p.a. UnipolSai (come allora diversamente denominata) ha convenuto avanti al Tribunale di Bologna la s.p.a. Banca Intesa (banca trattaria) la s.p.a. Unicredit (banca negoziatrice) in relazione al pagamento di un assegno di traenza avvenuto a favore di soggetto diverso dall’effettivo beneficiario del titolo e per somma diversa da quella che questo in sede di emissione portava scritta. Per chiederne la condanna, nel caso in solido, a risarcire il danno che da tale evento le era derivato.

Il Tribunale adito ha respinto la domanda attorea.

2.- UnipolSai ha presentato appello avanti alla Corte di Bologna. Che, con sentenza depositata il 10 maggio 2018, lo ha respinto così confermando integralmente la decisione del primo giudice.

3.- In via preliminare, la pronuncia ha osservato che l'”appellante, pur avendo richiesto la discussione orale della causa, non ha portato a termine l’iter previsto dall’art. 352 c.p.c., comma 2, atteso che non è stata riproposta l’istanza, indirizzata al Presidente, dopo la scadenza dei termini per le difese finali”.

Passando al merito, la decisione ha poi riscontrato che, nella specie, la contraffazione “non era percepibile senza l’ausilio di sofisticate apparecchiature delle quali non si poteva pretendere che gli istituti di credito si munissero”.

“Dalle indagini eseguite dal consulente del Tribunale” – si è pure precisato – “è emerso che il titolo non era in alcun modo sospetto”: persino “dalla foto ingrandita dell’assegno nella parte corrispondente all’importo e al nome del beneficiario” nel concreto effettuata dal CTU – “non sono emersi segni di abrasione o altro che avrebbero potuto allarmare il cassiere”. Del resto, le conclusioni a cui è giunta la CTU – si è pure soggiunto – “hanno trovato piena conferma anche nella sentenza penale prodotta in atti”.

Posta questa situazione, di “assenza del benchè minimo sospetto” a livello di fattispecie concreta, “sarebbe arduo” – si è concluso – sostenere che la banca avrebbe dovuto comunque telefonare all’emittente”: ciò equivarrebbe a dire, insostenibilmente, che ogni volta venga presentato un titolo all’incasso, la banca dovrebbe, per prassi ordinaria, chiamare l’emittente” al telefono.

4.- Avverso questa decisione UnipolSai propone ricorso per cassazione, basato su tre motivi.

Resistono, con separati controricorsi, Banca Intesa e Banca Unicredit.

Il ricorrente e la controricorrente Unicredit hanno anche depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- Col primo motivo, ricorrente assume la violazione del principio del contraddittorio – art. 111 Cost., artt. 101 e 352 c.p.c.”.

Non è vero – così si rileva – quanto affermato dalla sentenza impugnata (sopra, n. 3 primo capoverso): in realtà, l’istanza relativa alla discussione orale della controversia era stata depositata in uno con la memoria di replica. E tanto basta, si aggiunge: posta una simile situazione, la norma dell’art. 352 c.p.c. è violata e la sentenza impugnata non può che essere nulla.

6.- Il motivo non merita di essere accolto.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’adozione del modello a trattazione scritta, in luogo di quella mista richiesta dalla parte, “non è causa di nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio o di difesa, attesa l’equipollenza tra i detti modelli decisionali” a meno che la parte interessata “dimostri una lesione concreta del diritto di difesa mediante l’indicazione degli aspetti che la discussione orale le avrebbe consentito di evidenziare e approfondire, a integrazione dei precedenti difensivi” (cfr., di recente, Cass., 14 gennaio 2016, n. 464).

7.- Col secondo motivo, (ricorrente denunzia la violazione degli artt. 115,116,167 e 183 c.p.c., degli artt. 1176 e 1218 c.c., pure assumendo la nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c.

Sostiene, in particolare, &ricorrente che la sentenza impugnata ha frainteso il senso della sentenza del Tribunale di Napoli, resa nel procedimento penale n. 27817/2001 e pure introdotta nell’ambito del presente giudizio. Questa sentenza – si osserva – “racconta un episodio criminale della plurime connotazioni, e consistenti in più, reiterati e ravvicinati incassi di titoli di credito, più o meno degli stessi importi, in un brevissimo arco temporale, da parte degli stessi soggetti, clienti di una stessa filiale della stessa banca in un piccolo centro”. D’altra parte si prosegue – la Corte d’Appello pure ha dato una “interpretazione superficiale e non corrispondente alla realtà della CTU”: questa non ha utilizzato nessuno strumento “particolarmente sofisticato”; e comunque “ha rilevato tracce di alterazione”.

8.- Sulla scia di questi rilievi, il terzo motivo di ricorso – nel denunziare la violazione dell’art. 43 L. assegni, degli artt. 1176 e 1218 c.c., nonchè difetto assoluto di motivazione, lamenta che l’analisi della Corte si è fermata ad approvare un riscontro appena superficiale da parte delle banche coinvolte. Laddove le norme richiamate escludono senz’altro la legittimità di un controllo solo ictu oculi.

9.- Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili.

Il secondo viene in particolare a richiedere una nuova valutazione del materiale probatorio, che è stato esaminato dai giudici del merito) così invocando un giudizio che risulta per contro precluso all’attività di questa Corte.

Per altro verso, il ricorrente si limita a formulare enunciazioni generiche, senza neppure trascrivere i passi della sentenza del Tribunale napoletano da cui emergerebbero in modo circostanziato gli elementi che avrebbero dovuto mettere in sospetto le banche coinvolte nella fattispecie concreta. E pure che questi stessi elementi erano effettivamente conoscibili secondo i parametri della diligenza professionale di cui all’art. 1176 c.c., comma 2 – nel memento in cui lo specifico assegno che qui è in questione venne concretamente presentato all’incasso.

10.- Quanto al terzo motivo, lo stesso non si confronta oggettivamente con i contenuti della motivazione esposta nella sentenza impugnata. Questa, infatti, non ha concluso nel senso di ritenere sufficiente il mero controllo ictu oculi, come pure pretende il ricorrente. Ha per contro rilevato come, nella fattispecie concreta, non emergessero segnali atti a importare l’esigenza di procedere a più specifici e approfonditi controlli (cfr. sopra, l’ultimo capoverso del n. 3).

11.- Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna d) ricorrente al pagamento, in favore dee due controricorrenti, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 (di cui Euro 100,00, per esborsi) per ciascun controricorrente, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2021

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