Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13259 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33574/2018 proposto da:

K.O., elettivamente domiciliato in Roma via Torino 7 presso lo

studio dell’avvocato Laura Barberio che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Gianluca Vitale;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 726/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/04/2018;

udita la relazione della causa dal cons. Dott. LUCIA TRIA, svolta

nella camera di consiglio del 24/01/2020.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 18 aprile 2018, respinge il ricorso proposto da K.O., cittadino di (OMISSIS), avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente contro il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello è pervenuta alla suddetta conclusione rilevando, per quel che qui interessa, che:

a) i motivi di appello risultano inconcludenti e quindi inammissibili, per genericità e superficialità;

b) la tesi del conflitto etnico non trova sicure basi di appoggio e peraltro si tratta di una tesi che appare il frutto di una ricostruzione della vicenda effettuata da parte della difesa del richiedente, visto che questi si è limitato a far riferimento a contrasti interfamiliari;

c) quindi, anche alla luce delle osservazioni del Tribunale, va rilevato che la vicenda narrata è di carattere squisitamente privatistico e appare artefatta e confusa e, quindi, non credibile, ma comunque fuori dal perimetro applicativo della protezione internazionale;

d) va confermato anche il rigetto della protezione umanitaria, in quanto gli generici e vaghi motivi di appello non incrinano minimamente le argomentazioni della ordinanza del Tribunale sul punto;

3. il ricorso di K.O. domanda la cassazione della suddetta sentenza per un unico motivo; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione di plurime disposizioni legislative sostenendosi che il giudizio negativo sulla credibilità del ricorrente espresso dalla Corte d’appello (e ancora prima dal Tribunale) sarebbe il frutto di considerazioni meramente ipotetiche prive di riscontri oggettivi derivanti da un approfondimento istruttorio d’ufficio svolto con l’indicazione delle fonti di tale valutazione;

2. il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per l’assorbente ragione che in esso non viene contestata la statuizione della Corte d’appello secondo cui la vicenda narrata, essendo di natura privata – contrasti all’interno della famiglia del ricorrente – è estranea al sistema della protezione internazionale;

2.1. tale statuizione è conforme alla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte secondo cui le liti tra privati per ragioni proprietarie o familiari non possono essere addotte come causa di persecuzione o danno grave, nell’accezione offerta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, trattandosi di “vicende private” estranee al sistema della protezione internazionale, non rientrando nè nelle forme dello “status” di rifugiato, (art. 2, lett. e), nè nei casi di protezione sussidiaria, (art. 2, lett. g), atteso che i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave soltanto ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi, comunque con riferimento ad atti persecutori o danno grave non imputabili ai medesimi soggetti non statuali ma da ricondurre allo Stato o alle organizzazioni collettive di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. b) (tra le altre: Cass. 15 febbraio 2018, n. 3758);

2.2. ne deriva che la suindicata statuizione – basata su un accertamento di fatto non ritualmente contraddetto – è idonea di per sè a giustificare la contestata decisione di rigetto di ogni forma di protezione internazionale (che è l’unica cui si riferisce il ricorso);

2.3. pertanto, la relativa omessa impugnazione rende inammissibile, per difetto di interesse, le censure sul punto, essendo la statuizione non censurata divenuta definitiva e quindi non potendosi più produrre in nessun caso il relativo annullamento (vedi, al riguardo: Cass. 7 novembre 2005, n. 21490; Cass. 26 marzo 2010, n. 7375; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 3 maggio 2019, n. 11706);

3. in sintesi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per l’indicata ragione con assorbimento di ogni altro profilo di censura;

4. nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, essendo il Ministero dell’Interno rimasto intimato;

5. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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