Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13257 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 24/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31904/2018 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato in Roma Viale Manzoni, 81

presso lo studio dell’avvocato Emanuele Giudice che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1120/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/01/2020 dal cons. Dott. LUCIA TRIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Le Corte d’appello di Torino, con sentenza del 12 giugno 2018, respinge il ricorso proposto da A.K., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del locale Tribunale che ha respinto il ricorso del richiedente contro il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. la Corte d’appello perviene alla suddetta conclusione rilevando, per quel che qui interessa, che:

a) va condiviso il motivato giudizio di non credibilità del racconto del ricorrente effettuata dal Tribunale, dal quale non è emersa la sussistenza di alcun rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamento inumano o degradante;

b) in appello il richiedente contesta genericamente tale valutazione e non precisa le date delle due gravidanze delle due donne conosciute: di quella asseritamente morta per cause accidentali e di quella che avrebbe partorito due gemelli, al cui mantenimento avrebbero provveduto i propri genitori;

c) risultano generiche anche le censure relative alla situazione sociopolitica del Paese di origine, che peraltro fonti autorevoli aggiornate considerano uno dei Paesi economicamente più solidi di tutta l’Africa;

d) generiche sono anche le censure relative al rigetto della protezione umanitaria, le quali non risultano idonee a contrastare le puntuali argomentazioni del Tribunale basate sulla premessa della suindicata non credibilità della vicenda personale narrata, limitandosi alla allegazione e produzione di un contratto di lavoro e delle relative buste paga, elementi insufficienti allo scopo;

e) d’altra parte, per la riferita condizione di portatore sano di epatite B dalla documentazione medica prodotta risulta che non è necessaria alcuna terapia farmacologica, mentre se dovessero sorgere problemi di salute a questi potrebbe porsi rimedio con il permesso di soggiorno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 36, comma 2, e certamente non con la protezione umanitaria;

f) l’infondatezza dell’appello porta a ritenere che ricorra la fattispecie di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 di azione esercitata in sede di gravemente quanto meno per colpa grave, e quindi comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, effettuata con contestuale decreto;

3. il ricorso di A.K. domanda la cassazione della suddetta sentenza per tre motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorso è articolato in tre motivi;

1.1. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, sostenendosi che il giudizio negativo sulla credibilità del ricorrente espresso dalla Corte d’appello (e ancora prima dal Tribunale) non sarebbe il frutto di un esame complessivo e comparativo di tutti gli elementi riferiti dal richiedente, distinguendo quelli affidabili e quelli che non lo sono, ma sarebbe basato sulla sola mancata precisazione delle date delle due gravidanze delle due donne conosciute, cioè di quella asseritamente morta per cause accidentali e di quella che avrebbe partorito due gemelli, al cui mantenimento avrebbero provveduto i propri genitori;

1.2. con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), perchè la Corte d’appello, sulla base della non credibilità del racconto dell’interessato, ha ritenuto infondati i suoi timori di venire accusato dell’omicidio della ragazza e di rischiare così la pena di morte o la detenzione nelle sovraffollate carceri del (OMISSIS);

1.3. con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della normativa in materia di protezione umanitaria, avendo la Corte d’appello ritenuto irrilevanti al riguardo sia le condizioni di salute dell’interessato (affetto da (OMISSIS)) sia l’integrazione dimostrata da un contratto di lavoro a tempo indeterminato;

2. il ricorso deve essere accolto, per le ragioni di seguito esposte;

3. i primi due motivi – da trattare insieme, perchè intimamente connessi sono fondati;

3.1. in base ad un consolidato e condiviso orientamento di questa Corte la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere affidata alla mera opinione del giudice ma deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c) D.Lgs. cit.), senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. 14 novembre 2017, n. 26921; Cass. 25 luglio 2018, n. 19716; Cass. 7 febbraio 2020, n. 2956 e ivi ampi richiami di giurisprudenza);

3.2. invero, solo sulla base di un esame effettuato nel modo anzidetto, le dichiarazioni del richiedente possono essere considerate inattendibili e come tali non meritevoli di approfondimento istruttorio officioso, salvo restando che ciò vale soltanto per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n.251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma non per l’accertamento dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui all’art. 14 cit., lett. c) – la quale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico nella violenza indiscriminata ivi contemplata, a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale – neppure può valere ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevano ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria (vedi, per tutte: Cass. 18 aprile 2019, n. 10922; Cass. 7 febbraio 2020, n. 2960; Cass. 7 febbraio 2020, n. 2956 cit.);

3.3. e va anche precisato che solo a condizione che la suddetta valutazione – di credibilità soggettiva o meno – risulti essere stata effettuata con il metodo indicato dalla specifica normativa attuativa di quella di origine UE e, quindi, in conformità della legge, essa può dare luogo ad un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, come tale censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 – come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (tra le tante: Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

3.4. il che significa che se tale valutazione non deriva da un esame effettuato in conformità con i criteri stabiliti dalla legge è denunciabile in cassazione – con riguardo all’esame medesimo – la violazione delle relative disposizioni (come accade nella specie), la cui sussistenza viene ad incidere “a monte” sulle premesse della valutazione di non credibilità, travolgendola non per ragioni di fatto ma di diritto;

3.5. nella specie la Corte d’appello ha fondato il rigetto della domanda di protezione internazionale sulla condivisione generica del giudizio di non credibilità del racconto del ricorrente effettuata dal Tribunale – dal quale non sarebbe emersa la sussistenza di alcun rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamento inumano o degradante – ed ha appuntato la propria valutazione di inattendibilità del richiedente sul dato, del tutto secondario, della mancata precisazione delle date delle due gravidanze delle due donne conosciute: di quella asseritamente morta per cause accidentali e di quella che avrebbe partorito due gemelli;

3.6. è, quindi, evidente che la suddetta valutazione di non credibilità soggettiva del ricorrente risulta fondata su un esame delle sue dichiarazioni effettuato in modo difforme da come previsto dalla legge e, in particolare, dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3;

3.7. di qui la fondatezza dei primi due motivi di ricorso;

4. il terzo motivo deve essere accolto, con riguardo al profilo relativo alle dimostrate condizioni di salute del richiedente;

4.1. dalla scarna motivazione fornita dalla Corte d’appello sul punto si evince che non è stata adeguatamente considerata la situazione di c.d. “portatore sano di (OMISSIS)” – definizione notoriamente considerata impropria dalla scienza medica, visto che, allo stato l'(OMISSIS) si può curare ma non eliminare – del richiedente e, quindi, non è stato valutato che la suindicata situazione è scientificamente provato che richiede terapie adeguate, in quanto viene considerata come malattia del fegato latente: un’infezione cronica virale;

4.2. la Corte d’appello si è limitata ad affermare, al riguardo, che dalla documentazione medica prodotta risulta che non è necessaria alcuna terapia farmacologica, mentre se dovessero sorgere problemi di salute a questi potrebbe porsi rimedio con il permesso di soggiorno di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 36, comma 2, e certamente non con la protezione umanitaria;

4.3. in primo luogo quest’ultima affermazione si pone in contrasto con un consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui: nelle fattispecie in cui ratione temporis sia applicabile il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (vedi: Cass. SU 13 novembre 2019, n. 29459 e Cass. 19 febbraio 2019, n. 4890) ai fini del riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie la vulnerabilità del richiedente può anche essere la conseguenza di un’esposizione seria alla lesione del diritto alla salute adeguatamente allegata e dimostrata nè tale primario diritto della persona può trovare esclusivamente tutela nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 36 (Ingresso e soggiorno per cure mediche) in quanto la ratio della protezione umanitaria rimane quella di non esporre i cittadini stranieri al rischio di condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo di diritti della persona che ne integrano la dignità, come il fondamentale diritto alla salute laddove ricorrano i suddetti presupposti, e al contempo di essere posti nella condizione di integrarsi nel Paese ospitante anche attraverso lo svolgimento di un’attività lavorativa, mentre il permesso di soggiorno per cure mediche di cui all’art. 36 cit. si può ottenere esclusivamente mediante specifico visto d’ingresso e pagamento delle spese mediche da parte dell’interessato, sicchè non consente di iscriversi al Servizio sanitario nazionale e neppure di lavorare in Italia (salvo casi particolari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31), avendo una durata pari al tempo definito in base alle documentate necessità di salute per le quali viene consentito il soggiorno, cioè pari alla durata presunta del trattamento terapeutico cui si riferisce essendo rinnovabile prima della scadenza esclusivamente finchè durano le necessità terapeutiche indifferibili ed erogabili soltanto in Italia;

4.4. inoltre, l’anzidetta statuizione è il frutto di una inadeguato esame della documentazione sanitaria richiamata dal ricorrente ed allegata al fascicolo d’ufficio (e qui esaminabile) che ha comportato il mancato apprezzamento della complessiva situazione sanitaria del richiedente, il quale anche se fosse stato non sottoposto a terapia farmacologica al momento del giudizio è comunque affetto, sia pure allo stato di latenza, da una malattia che può sviluppare complicanze severe come la fibrosi, la cirrosi, l’insufficienza epatica e l’epatocarcinoma;

4.5. ebbene, fermo restando il principio secondo cui la protezione umanitaria è finalizzata a tutelare situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferire necessariamente ai presupposti di legge, onde non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero parametri di benessere nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di estrema difficoltà economica e sociale che siano legate al semplice fattore economico (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3681), non può negarsi che nel caso di specie l’omessa considerazione del quadro clinico del richiedente si è risolta in una sostanziale limitazione della sua tutela giurisdizionale;

4.6. la Corte d’appello, infatti avrebbe dovuto esaminare se il predetto quadro clinico, in base ai documenti acquisti agli atti e agli eventuali approfondimenti istruttori da disporre anche d’ufficio, fosse tale da far ipotizzare l’esistenza di situazioni di vulnerabilità indipendenti dal mero fattore economico ed assumere notizie precise sulla idoneità o meno del servizio sanitario del (OMISSIS) ad offrire al ricorrente cure adeguate alla sua condizione di salute e complessiva (vedi, nello stesso senso: Cass. 17 maggio 2019, n. 13447; Cass. 17 settembre 2019, n. 23180).

5. in sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le anzidette ragioni;

6. pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 24 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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