Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13254 del 28/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13254 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Cdc 16.04.2013

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24811 del R.G. anno 2011
proposto da:
AGRO INVEST s.p.a.

domiciliata in ROMA, via Sicilia 50 presso

l’avv. L.Napolitano con gli avvocati Gherardo Marone e Francesco
Cavallaro che la rappresentano e difendono per procura a margine del
ricorso

ricorrente

contro
Vaccaro Francesca, domiciliata in Roma via Gerolamo Da Carli 6
presso l’avv. Francesco Albertelli con l’avv. Domenico Santacroce del
contro ricorrente

Foro di Napoli

e
intimato –

Comune di Scafati
avverso

la sentenza n.803 in data 22.09.2010 della Corte di Appello

di Salerno ; udita la relazione della causa svolta nella

c.d.c del

16.04.2013 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; udito l’avv. G.Marone;
presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Pierfelice Pratis che ha chiesto il rigetto del ricorso
RILEVA
Il Collegio rileva che il relatore designato nella relazione depositata ex
art. 380 bis c.p.c. ha formulato considerazioni nel senso di cui appresso:
Esaminando la domanda di Vaccaro Francesca,proprietaria di terreni siti
nel Comune di Scafati espropriati con decreto di esproprio adottato il
20.5.2008 da s.p.a. AGROINVEST, s.t.u. delegata dal Comune di Scafati

Data pubblicazione: 28/05/2013

Il primo motivo denunzia di violazione di legge l’avere la Corte desunto
la natura edificabile del suolo dal solo fatto che esso sarebbe ricaduto
all’interno di una zona che era dal vigente strumento urbanistico destinata a PIP: la destinazione a PIP era infatti vincolo abbisognevole di integrazioni e da esso era estranea alcuna vocazione residenzialeabitativa ed in esso era invece presente la destinazione ad interventi di
interesse pubblico di aree agricole, con la conseguenza di poter, al più,
applicare il parametro riveniente da Corte Cost. 181/2011 e quindi proprio quello congruamente offerto dall’espropriante.
Il motivo, di non lineare articolazione, oscilla tra la pretesa di veder ristretta la natura edificabile alle ipotesi di strumento urbanistico contemplante la sola edificabilità residenziale privata a quella di dar atto di una
vocazione mista di suoli originariamente agricoli. La censura è del tutto
infondata avendo la Corte di Appello correttamente desunto la natura
edificabile dell’area dalla sua comprensione nello strumento urbanistico
di secondo livello che destinava l’intera zona, nella quale il lotto insisteva, ad un P.I.P., essendo ferma la giurisprudenza di questa Corte che
individua la natura edificabile nella destinazione delle aree ad edilizia residenziale, industriale e commerciale fruibile da soggetti privati (Cass.
15090/2012 – 19938/2011 – 12862/2010). Le censure non rammentano tale scelta e lasciano immune la corretta decisione di adottare
il parametro del valore venale pieno dell’area edificabile.
Il secondo motivo, rubricato di violazione dell’art. 39 legge 2359 del
1865, lamenta che il CTU pur avendo fatto retto ricorso al criterio sintetico comparativo lo abbia poi mediato con quello analitico, pervenendo a
raddoppiare il dato individuato con il primo. La censura non appare rapportabile ad alcuna violazione di legge non essendo stata affatto disapplicata dalla Corte la “preferenza” tendenziale per il criterio sintetico
comparativo, ma avendo il giudice del merito correttamente condiviso la
scelta di operare una consentita “mediazione” dei risultati attinti con il
primo alla luce di dati desunti dal criterio analitico ricostruttivo (Cass.
1161 e 12771/2007). Esclusa quindi alcuna ipotesi di adozione di criterio contra legem, andava semmai allegato e dimostrato il vizio logico
dell’argomentazione a sostegno o la contraddizione della scelta in termini di risultati di valore: ma il motivo di censura appare privo di alcuna
autosufficienza, esso non riportando alcun passaggio della CTU e delle
proprie difese né adducendo i dati della incoerenza ma solo lamentando
il “risultato” attinto, come “eccessivo”.
2

per le attività espropriative dirette a realizzare il vigente P.I.P. approvato
nel 1998, la Corte di Salerno ha determinato la giusta indennità dovuta
per l’esproprio di mq. 785 complessivi in C 74.887,51. Nella motivazione la Corte ha, per quel che rileva, osservato: che, premessa
l’inapplicabilità ratione temporis della disciplina di cui al dPR 327/2001,
il suolo espropriato, siccome destinato alla realizzazione di un PIP, doveva ritenersi edificabile, che pertanto, inapplicabile tanto il richiamato
T.U. quanto l’art. 2 c. 89 della legge 244/2007 (stante il comma 90) e
pertanto ininvocabile la riduzione del 25% per gli interventi di riforma
economica e sociale, il criterio di valutazione del valore era quello di cui
all’art. 39 legge 2359 del 1865, che occorreva far capo alle valutazioni
del CTU che aveva fatto interagire i dati ritraibili dal criterio sintetico
comparativo con quelli propri del criterio analitico ed aveva raggiunto
risultati oggettivi ed incontestabili, che le critiche espresse nella CTP di
Agro Invest avevano ricevuto puntuale risposta da parte del CTU e che a
tale risposta andava fatto richiamo. Per la cassazione di tale sentenza
Agro Invest ha proposto ricorso il 6.10.2011 articolando quattro motivi,
ai quali si è opposta la parte espropriata Francesca Vaccaro con controricorso 10.11.2011. Nessuna difesa dal Comune di Scafati. A criterio
del relatore i motivi sono manifestamente infondati.

Il quarto motivo lamenta la mancata applicazione dell’orientamento, peraltro non fermo della giurisprudenza di legittimità, per il quale alla vicenda de qua si sarebbe dovuto applicare il disposto dell’art. 37 c. 1 e 2
dPR 327/2001 come novellato dall’art. 2 c. 89 e 90 legge 244 del 2007,
in tal modo prendendo atto che il PIP era da ritenersi intervento di riforma economico-sociale e pertanto applicando la riduzione del 25% del
valore venale dell’area.
Ritiene il relatore che, a parte la inapplicabilità alla vicenda in disamina
della novella del 2007 (Cass. 14939 del 2010 e 2774 del 2012), resta
l’assorbente rilievo per il quale la giurisprudenza delle Sezioni Unite di
questa Corte si è ripetutamente ed anche di recente espressa affermando che siffatto intervento riformatore deve avere i caratteri della specialità, eccezionalità, temporaneità (S.U. 5265 del 2008, 9595 e 10130
del 2012) che, ovviamente, difettano totalmente nella ipotesi di un intervento funzionale alla attuazione di un PIP.
Resta quindi ferma la correttezza della decisione di escludere la decurtazione del 25%.
OSSERVA
La relazione, ad avviso del Collegio, merita piena condivisione. Quanto
alle osservazioni critiche che il difensore della ricorrente ha dispiegato
nella memoria ex art. 378 c.p.c. con riguardo alle proposte di rigetto dei
motivi secondo e quarto contenute nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. e
quanto alle osservazioni critiche di natura completiva che lo stesso difensore in discussione orale ha mosso alle proposte di rigetto afferenti i
motivi primo e terzo, a criterio del Collegio esse non colgono nel segno e
vanno pertanto disattese. E pertanto, condivisa la relazione, va rigettato
il ricorso. Non è luogo a regolare le spese in difetto della costituzione
dell’intimato Comune nel mentre saranno a carico della ricorrente le
spese della controricorrente Francesca Vaccaro, spese che si determinano in relazione al valore dichiarato dalla ricorrente e che si distraggono
in favore del difensore antistatario..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla refusione delle
spese in favore della Vaccaro e per essa dell’avv. Domenico Santacroce
distrattario nella somma di C 3.100 (di cui C 3.000 per compensi) oltre
IVA e CPA.
Così deciso nella c.d.c. della Se

Sezione Civile il

16.04.2013.

Il terzo motivo polemizza con i valori desunti dal CTU ritenendoli inattendibili e prontamente contraddetti dalla CrP. Il motivo è affatto irricevibile, omettendo di specificare di quali passaggi valutativi si tratti, quali
censure siano state in sede tecnica mosse, in quale sede processuale
siano state avanzate, in quale luogo del processo siano state sottoposte
al giudice ( da ultimo Cass. 11275 del 2012).

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