Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13253 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30937/2018 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

sezione prima civile della Suprema Corte di Cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato CERIO ENNIO;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

02/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2019 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso, con decreto depositato in data 2.10.2018, ha rigettato la domanda proposta da G.A., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo il suo racconto stato ritenuto credibile (costui aveva riferito di essere fuggito dal (OMISSIS) per il timore di essere arrestato e maltrattato dalla polizia locale, essendo stato sospettato di un furto di ben quattro milioni di dalasi perpetrato presso la cooperativa di vendita di pesce presso cui lavorava come cassiere).

Al richiedente è stata inoltre negata la protezione sussidiaria, essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel paese di provenienza.

Il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari per carenza di una condizione di vulnerabilità.

Ha proposto ricorso per cassazione G.A. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente al solo scopo di una eventuale partecipazione ad un’udienza di discussione.

Il ricorrente ha deposito la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. E’ stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Espone il ricorrente che, alla luce di quanto disposto dalla norma sopra indicata, l’obbligo di cooperazione che incombe sull’autorità decidente impone alla stessa di fare riferimento, per contestare seriamente la domanda di protezione internazionale formulata da un soggetto richiedente, a reputate ed apprezzate fonti istituzionali internazionali (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, osservatori vari, riviste specializzate nell’analisi dei sistemi politico-giuridici).

In particolare, premesso che l’asserita inverosimiglianza e contraddittorietà del racconto del richiedente non può essere da sola motivo di esclusione della protezione sussidiaria – ricorrendo il pericolo di danno grave alla persona allorquando il grado di violenza indiscriminata è così elevato da fondare il timore per qualsiasi civile, in caso di rimpatrio nella regione di provenienza, di subire la detta minaccia per la sua sola presenza sul territorio – l’autorità giudiziaria, per escludere l’esistenza di una situazione di pericolo per i civili in una determinata regione di uno Stato, deve fare riferimento a fonti autorevoli.

Nel caso di specie, il giudice di merito ha valutato in maniera apodittica la situazione del suo paese di provenienza, indicando quale fonte, nel ritenere insussistente una situazione di violenza diffusa ed indiscriminata, solo il rapporto di Amnesty International.

2. Il ricorso è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha più volte statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018, Rv. 648790).

Nel caso di specie, il giudice di merito, valorizzando una fonte internazionale accreditata e recente come il rapporto di Amnesty International 2017-2018, ha evidenziato l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata nel paese di provenienza del ricorrente.

In particolare, il Tribunale, nel dare atto che, a seguito delle ultime elezioni celebratesi in (OMISSIS) nel dicembre 2016, è stato sconfitto il leader autoritario J. (che ha riconosciuto la sconfitta), ha evidenziato che è iniziato un percorso di riforme finalizzato ad eliminare le leggi più repressive (come quelle sulla pena di morte), sono state create commissioni per la riforma costituzionale e per i dritti umani, è stata riconosciuta la grazia a cittadini arrestati per motivi politici.

Non vi è dubbio che l’accertamento svolto dal giudice di merito costituisca apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del medesimo e non censurabile in sede di legittimità (Cass. 12/12/2018 n. 32064). Ne consegue che le censure del ricorrente, sul punto, si

configurano come di merito, e, come tali, inammissibili in sede di legittimità, essendo finalizzate esclusivamente a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio già esaminato dal giudice di merito.

Nè può il ricorrente sostenere che non sia stata citata dal giudice di merito alcuna fonte internazionale qualificata in ordine alla situazione politico-sociale del (OMISSIS).

Come evidenziato recentemente da questa Corte (Cass. n. 13449/2019), l’indicazione delle fonti di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 non ha carattere esclusivo, ben potendo le informazioni sulle condizioni del Paese estero essere tratte da concorrenti canali di informazione, quali ad esempio i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale, come ad esempio Amnesty International e Medici Senza Frontiere.

Peraltro, le censure del ricorrente si configurano come generiche, limitandosi a contestare le argomentazioni del decreto impugnato senza confrontarsi con lo stesso.

L’accerta inammissibilità del ricorso non comporta comunque la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali, in relazione all’inammissibilità per tardività della costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, del ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA