Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13251 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. III, 31/05/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere – –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati D’ALESSANDRO GIUSEPPE, RIZZO FRANCESCO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NISCEMI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 37/2006 del GIUDICE DI PACE di NISCEMI, emessa

il 28/2/2006, depositata il 28/02/2006, R.G.N. 1615/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. AMENDOLA Adelaide;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per la inammissibilita’ e il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 10 maggio 2005 M.V. conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace il Comune di Niscemi al fine di sentirlo condannare al pagamento in suo favore della somma di Euro 1.100,00, a ristoro dei danni subiti dalla sua autovettura il giorno (OMISSIS), per effetto dell’impatto con un tombino mal posizionato.

Resisteva il convenuto, che contestava l’avversa pretesa.

Con sentenza del 28 febbraio 2006 il giudice adito rigettava la domanda.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per Cassazione M. V. articolando due motivi e notificando l’atto al Comune di Niscemi.

L’intimato non ha svolto alcuna attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante denuncia violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 2043 c.c., ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere il giudice di merito ritenuto che mancasse il requisito della non visibilita’ del pericolo, malgrado le contrarie dichiarazioni del teste escusso.

1.2 Col secondo mezzo lamenta violazione dell’art. 2051 c.c., ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere il decidente escluso, senza alcuna motivazione, l’applicabilita’ alla fattispecie dedotta in giudizio dell’art. 2051 c.c., laddove, in ragione della limitata estensione della cosa in custodia, era ben possibile, in concreto, l’esercizio del potere di controllo sulla stessa.

2. I motivi prospettando questioni, prospettando questioni che non possono essere dedotti avverso le sentenze del Giudice di Pace, inammissibile.

Merita evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno tracciato, sin dalla sentenza 15 ottobre 1999, n. 716, i limiti del controllo esercitabile nei confronti delle sentenze pronunziate dal Giudice di Pace secondo equita’, cui certamente appartiene, per ragioni di valore, la presente controversia. A tale fine hanno enunciato il principio per cui il ricorso per Cassazione avverso le suddette sentenze e’ ammissibile per violazione di norme processuali, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2 e 4, ivi compresa l’ipotesi di inesistenza della motivazione, per radicale e insanabile contraddittorieta’ o mera apparenza della stessa, ai sensi del n. 5 della predetta norma, quando il vizio attenga a un punto decisivo della controversia, e, con riferimento agli errores in iudicando, per violazione di norme costituzionali, di norme comunitarie di rango superiore a quelle ordinarie, nonche’, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 206 (e con l’avvertenza che ci si riferisce alla situazione antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 che ha, entro certi limiti, reintrodotto in parte qua, il rimedio dell’appello) per violazione dei principi informatori della materia.

La successiva elaborazione della giurisprudenza di legittimita’ ha poi evidenziato che questi differiscono dai principi regolatori, che vincolavano il conciliatore, perche’, mentre quest’ultimo doveva osservare le regole fondamentali del rapporto, traendole dal complesso delle norme preesistenti con le quali il legislatore lo aveva disciplinato, il Giudice di Pace non deve applicare una regola equitativa desunta, per via di astrazione generalizzante, dalla disciplina positiva, ma deve solo curare che essa non contrasti con i principi ai quali si e’ ispirato il legislatore nel dettare una determinata regolamentazione della materia (Cass. civ. 3^ 17 gennaio 2005, n. 743; Cass. civ. 2, 18 giugno 2008, n. 16545).

2.2 Venendo al caso di specie, e precisato che i due motivi di ricorso, per la loro evidente connessione si prestano a essere esaminati congiuntamente, il ricorrente si limita con essi a lamentare la pretesa, errata applicazione delle norme in materia di responsabilita’ aquiliana, senza neppure indicare quali siano i principi informatori violati. A cio’ aggiungasi che le critiche, avendo ad oggetto la ricostruzione dei fatti di causa accolta dal decidente, e segnatamente la valutazione dell’esistenza di un pericolo occulto, attengono a profili di merito dell’apprezzamento del decidente che, in quanto sorretto da congrua e adeguata motivazione, e’ incensurabile in sede di legittimita’.

Il ricorso deve in definitiva essere rigettato.

Nulla sulle spese, non essendosi l’intimato costituito in giudizio.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

 

 

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