Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13250 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13250 Anno 2013
Presidente: IANNIELLO ANTONIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 24103-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAllINI 134, presso lo
gtudin dell’avynnato FIORILLO LUTCT oho

/-A

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

1515

ANGELETTI GIUSEPPE NGLGPP62T19H501X;

Nonché da:

intimato –

Data pubblicazione: 28/05/2013

\,

ANGELETTI GIUSEPPE NGLGPP62T19H501X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TARANTO 95, presso lo studio
dell’avvocato MONACO MAURO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– controri corrente e ricorrente incidentale –

POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585;
– intimata –

avverso la sentenza n. 423/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/10/2009 R.G.N. 4506/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/04/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

contro

RG 24103-10

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, parzialmente riformando la sentenza di primo
grado, accoglieva la domanda di Angeletti Giuseppe, proposta nei confronti

l’accertamento della adibizione a mansioni deteriori rispetto a quelle
svolte sino al 1 0 aprile 1999 con conseguente condanna del datore di lavoro
alla reintegrazione nelle mansioni precedentemente svolte o in quelle
equivalenti, oltre al risarcimento del danno.

La Corte del merito poneva a base del

decisum il rilievo fondante secondo

il quale l’Angeletti era stato adibito ad operazioni meramente manuali come
confermato dal teste Tonelli il quale aveva riferito lo svolgimento di
compiti inerenti l’apertura di sacchi e di ripartizione della posta. •

Ciò comportava, secondo la Corte del merito, che le nuove mansioni assegnate
nel 1999 all’Angeletti erano riconducibili all’Area di base perché semplici
e manuali, ove non vi era spazio

per l’esercizio della professionalità

tecnica che il lavoratore aveva in precedenza espletato

con inquadramento

nella ex categoria VI confluita, successivamente, nell’Area operativa.

Sul rilevo, poi, che il declassamento aveva intaccato il patrimonio
professionale dell’Angeletti, la Corte territoriale, riconosceva – stante la
“mancanza di allegazioni e di prova puntuali e specifiche in merito
all’entità del danno”

– in via equitativa

un danno pari ad 1/3 delle

della società Poste italiane di cui era dipendente, avente ad oggetto

retribuzioni maturate

per tutto il periodo della illegittima condotta

datoriale.

Avverso questa sentenza la società Poste italiane ricorre in cassazione
sulla base di sei motivi.

incidentale assistita da un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della
stessa sentenza.

Con la prima critica la società, deducendo vizio di motivazione, allega che
la Corte del merito non ha considerato che dalle dichiarazioni del teste
Tonelli emergeva l’adibizione dell’Angeletti anche a compiti inerenti la
digitazione sul compiuter di codici, la scansione con lettore ottico dei
dati impressi sulla lettera, lo smistamento della corrispondenza per le
singole destinazioni, ecc.

Con il secondo motivo la società, sempre denunciando vizio di motivazione,
assume che la Corte territoriale, non svolgendo il raffronto tra le mansioni
in concreto esercitate con le declaratorie contrattuali, non ha
adeguatamente motivato la ritenuta riconducibilità delle mansioni svolte
nell’Area di Base, anziché in quella operativa.

Con la terza censura la società ricorrente, prospettando violazione degli
artt. 2013 cc con riferimento agli artt. 37,41,43,46 e 53
integrativo

ed all’Accordo

del 23 maggio 1995 al CCNL Poste, sostiene che la Corte di

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Resiste con controricorso la parte intimata che propone impugnazione

Appello erroneamente ha ritenuto sussistente il declassamento non tenendo
conto, e della fungibilità delle mansioni tecniche con quelle gestionali
sancita dalla contrattazione collettiva, e della soppressione del posto di
lavoro precedentemente occupato.

che la Corte del merito non ha tenuto conto che, a seguito della
esternalizzazione della manutenzione degli impianti cui era addetto
l’Angeletti, il posto di lavoro era stato soppresso.

Con la quinta censura la società ricorrente, denunciando violazione
dell’art. 2697 cc , deduce che i giudici di secondo grado hanno accolto la
domanda di risarcimento del danno nonostante, come riconosciuto in sentenza,
il difetto di allegazione di prova del danno subito.

Con l’ultima critica la società ricorrente, allegando vizio di motivazione,
sottolinea che la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi in ordine
alla necessità di provare il danno patito dal lavoratore.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Angeletti denuncia che la Corte
del merito erroneamente non ha proceduto alla liquidazione, a titolo di
danni, del 100% della retribuzione o in subordine del 50%.

Rileva la Corte che i primi quattro motivi di censura del ricorso principale
risultano infondati.

Non può, infatti, ritenersi che la Corte del merito non ha considerato, nel
loro complesso, le dichiarazioni rese dal teste Tonelli tenuto conto che i
compiti

(digitazione di codici sul PC, scansione ottica dei dati impressi

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Con la quarta denuncia la società, allegando vizio di motivazione, asserisce

sulla lettera e

smistamento della corrispondenza), che detto teste

riferisce come svolti dall’Angeletti, sono, comunque, riferibili

alla

ripartizione della posta assunta dalla predetta Corte come attività svolta
dall’Angeletti.

conto delle declaratorie contrattuali e del raffronto di queste con le
mansioni svolte in concreto prima e dopo la data 1 0 aprile 1999.

Nella sentenza impugnata, infatti, è riscontrabile il riferimento al
contenuto professionale dell’Area base e di quella operativa nonché alle
attività effettivamente svolte in relazione al periodo successivo
precedente la indicata data.

Inoltre, e con riferimento alla terza e quarta censura, mette conto rilevare
che la Corte del merito valuta il declassamento anche con riferimento a
comprovate esigenze tecniche organizzative rispetto alle quali, però, non
ritiene giustificabile la violazione del divieto di declassamento sancito
dal capoverso dell’art. 2013 cc.

Siffatta affermazione è in linea generale condivisibile e non contrasta con
quanto sancito da questa Corte nella sentenza del 5 aprile 2007 n. 8596,
richiamata dalla società ricorrente, atteso che in detta pronuncia
l’adibizione del lavoratore a mansioni diverse, ed anche inferiori, a quelle
precedentemente svolte, è stata ritenuta non in contrasto con il dettato
codicistico solo ed quanto siffatta adibizione, e non è il caso in esame,
rappresenta l’unica alternativa praticabile in luogo del licenziamento per
giustificato motivo oggettivo.

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Né può assumersi fondatamente che i giudici di appello non hanno tenuto

Sotto altro profilo, poi, vale la pena di rilevare che, se per un verso
ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte l’asserzione che al divieto
di patti contrari all’adibizione del lavoratore a mansioni di livello
inferiore a quelle svolte, previsto dall’art. 2103, secondo comma, cc, si
sottrae il c.d. riclassamento, in quanto esso implica un riassetto delle

altrettanto costante l’affermazione che tale rilassamento è legittimo
sempre che non si operi un’indiscriminata fungibilità di compiti tale da
mortificare ingiustificatamente il livello professionale degli interessati
la cui protezione è insita nella suddetta norma ( per tutte da ultimo Cass.
6 dicembre 2011 n. 26150 nonché Cass. SU 24 novembre 2006 n. 25033).

Nella specie, appunto, la Corte del merito accerta, con motivazione congrua,
il decremento della professionalità dell’Angeletti a seguito della
adibizione a diverse mansioni.

D’altro canto, e vale la pena di sottolinearlo, la c.d.
orizzontale

mobilità

che permette di variare le mansioni di un lavoratore

all’interno della stessa area professionale – e quella c.d. verticale – che
consente tale variazione relativamente a diverse aree professionali – pur
prevista dalla contrattazione collettiva, intanto è legittima, solo ed in
quanto non si risolva in un decremento dell’inquadramento, altrimenti,
salvo i casi stabiliti dalla legge(ad es. l’art.4, comma 11, della legge
n.223 del 1991 cit.) ovvero quelli eccezionali (quali le contingenti
esigenze aziendali), non ricorrenti nella specie, incorre nella nullità
sancita dal più volte richiamato capoverso dell’art. 2103 cc.

5

qualifiche e dei rapporti di equivalenza tra le mansioni stesse, dall’altro

Nel caso di cui trattasi la mobilità –

rectius

la fungibilità, attesa

l’accertata appartenenza delle mansioni svolte in precedenza dall’Angeletti
ad un area professionale superiore, dovrebbe essere ammessa in senso
deteriore -ossia verso un area professionale inferiore – ma tanto contrasta

Quanto alle ultime due censure del ricorso principale, è pur vero che,
secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di risarcimento
del danno derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento
del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale,
biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di
inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione,
nel ricorso introduttivo del giudizio, dell’esistenza di un concreto
pregiudizio (per tutte Cfr. Cass. 17 settembre 2010 n. 19785 e Cass. 19
dicembre 2008 n. 29832 nonché Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972), ma è
altrettanto vero che la Corte del merito,contrariamente a quanto assunto
dalla società ricorrente, non riconosce l’esistenza del danno in mancanza di
allegazioni e prova.

Infatti il rilevo della Corte di Appello concernente la mancanza di
allegazioni e prove si riferisce all’entità del danno e non al danno
stesso.

Tanto è vero che la predetta Corte, proprio in relazione al difetto di
allegazione dell’entità del danno,procede ad una liquidazione equitativa
dello stesso.

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con il più volte richiamato divieto di declassamento.

E’, altresì, infondato il

ricorso incidentale con il quale la parte si

limita a censurare la sentenza in punto di liquidazione del danno in quanto
commisurato ad un 1/3 della retribuzione e non al 100%.

Infatti il ricorrente incidentale non muove alcuna specifica critica alle

all’entità del danno accertato dal giudice del merito

In conclusione i ricorsi vanno rigettati.

La reciproca soccombenza determina la compensazione delle spese del giudizio
di legittimità.

P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi li rigetta e compensa le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 aprile 2013
Il President

ragioni poste a base dell’utilizzazione del criterio equitativo e

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