Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1325 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. II, 22/01/2021, (ud. 25/06/2020, dep. 22/01/2021), n.1325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21165/2019 proposto da:

O.B., elettivamente domiciliato in VIA A. DA ZARA N. 2,

FOGGIA, presso l’Avv. VITTORIO SANNONER, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO, DELL’INTERNO PREFETTURA FOGGIA UFFICIO TERRITORIALE DEL

GOVERNO;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di FOGGIA, depositata il

21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da O.B. il provvedimento in data 20.5.2019 (R.G. 1366/2019) del Giudice di Pace di Foggia con cui veniva rigettato il ricorso avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Foggia, di cui in atti.

Il ricorso, basato su due ordini di motivi, non è resistito dalla parte intimata.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente chiedeva l’annullamento del suddetto provvedimento prefettizio sulla scorta di tre motivi.

I motivi stessi venivano respinti con il provvedimento oggi impugnato Innanzi a questa Corte.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motiva del ricorso si prospetta la “violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29 e dell’art. 295 c.p.c.”.

Si sostiene, nel ricorso, che il “Giudice di prime cure viene meno al suo dovere di decisione” in quanto “doveva disporre la sospensione necessaria” del procedimento in attesa ed in dipendenza della decisione “dell’adito Tribunale di Bari, investito della reiterata domanda di protezione internazionale”

Il motivo non può essere accolto.

Innanzitutto parte ricorrente non indica nessun il parametro processuale normativo alla cui stregua viene prospettata la censura.

La medesima parte non ottempera a quanto dovuto alla stregua del noto principio di autosufficienza del ricorso (ex plurimis: Cass. S.U. 2 dicembre; 2008, n. 28547).

Non viene, infatti, nel ricorso nè riportato, nè trascritto dove e quando si sarebbe in precedenza svolta istanza di sospensione.

In ogni caso nel provvedimento impugnato si evidenzia e specifica la circostanza della “non menzione della reiterata richiesta di protezione internazionale” ed il fatto che la eventuale reiterazione della medesima e già respinta richiesta costituirebbe circostanza irrilevante poichè “detto secondo ricorso è stato dichiarato inammissibile in base al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29”.

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, al comma 5, dispone che la proposizione del ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale “non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ai sensi dell’art. 29 cit..

E’ proprio questo il caso in oggetto (differente dalla fattispecie considerata, di recente, da Cass. n. 5437/2020) avendo la Commissione territoriale dichiarato inammissibile la domanda reiterata di protezione presentata dall’odierno ricorrente, stante la carenza di nuovi motivi.

In ogni caso, quindi, deve ribadirsi il principio che l’istanza reiterata di protezione internazionale non comporta la necessaria sospensione del procedimento di impugnazione del decreto di espulsione.

2.- Con il secondo motivo si assume la “violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7.

La svolta doglianza si incentra sulla addotta circostanza che “il ricorrente non comprende e non parla nessuna delle lingue veicolari”.

Il motivo non può essere accolto.

Tanto non solo per mancata eppur dovuta indicazione del parametro normativo processuale alla cui stregua si ricorre per cassazione, ma per la infondatezza della doglianza.

Quest’ultima, al di là di ogni fuorviante prospettazione, evita accuratamente di confrontarsi con la ratio della decisione gravata fondati) sulla attestata circostanza (mai prima contestata nè addotta di falsità) dell’indicazione delle lingue note al ricorrente (modello C/3, punto 10, firmato da interprete, funzionario di Questura e finanche dal ricorrente).

Il motivo va, dunque, respinto.

3.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

4.- Nulla va statuito quanto alle spese stante l’assenza di controricorso.

PQM

La Corte;

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

 

 

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