Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13248 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 30/06/2020), n.13248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28662/2018 proposto da:

O.J., rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Cognini,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 23/8/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/11/2019 da Dott. GORI PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto n. 9861/2018 depositato in data 23.8.2018, il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso proposto da O.J., nato nell'(OMISSIS) ((OMISSIS)), in impugnazione del provvedimento di diniego della protezione notificatogli il 6.3.2018 dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona.

Il ricorrente chiedeva il riconoscimento del suo diritto alla protezione sussidiaria o, in via subordinata, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Avverso la decisione O.J. ha notificato in data 26.9.2018 ricorso per cassazione, affidato a due motivi; il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 9, comma 2, art. 13, comma 1-bis e art. 27, commi 1 e 1 bis oltre che dell’art. 16 della direttiva n. 2013/32/UE, per aver il Tribunale mancato di esaminare la domanda di protezione sussidiaria “su base individuale”, tra l’altro omettendo di interloquire con lui, nonostante egli fosse presente in aula ed avesse manifestato la volontà di chiarire eventuali aspetti controversi della sua vicenda.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 9, comma 2 rilevando che, “secondo il medesimo schema applicato nella trattazione delle protezioni maggiori, anche in relazione alla protezione umanitaria il giudice collegiale sviluppa preliminarmente una premessa sui principi generali di diritto che devono disciplinare l’istituto, premessa che tuttavia rimane scevra di ogni continuità logico-motivazionale con la disamina della fattispecie concreta”.

Va premesso che il ricorrente non contesta l’accertamento del giudice del merito secondo cui non ricorrono i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in quanto la regione di sua provenienza non versa in una situazione di violenza indiscriminata determinata da conflitto armato, sicchè il ricorso deve ritenersi limitato all’impugnazione delle decisioni di rigetto delle domande avanzate ai sensi delle lett. a) e b) della medesima disposizione, oltre che della domanda di protezione sussidiaria.

I motivi, che attengono alla medesima questione, pur se dedotti sotto il profilo della violazione di legge, denunciano in realtà il difetto assoluto di motivazione del decreto impugnato, idoneo a tradursi in violazione dell’art. 132 c.p.c., per aver il tribunale fondato la pronuncia su argomenti privi di qualsivoglia aggancio alla vicenda concretamente narrata dal ricorrente; essi, riqualificati ai sensi del paradigma normativo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 devono essere accolti.

Il giudice del merito ha infatti compiuto un’ampia disamina delle condizioni oggettive in cui versa la regione di provenienza del ricorrente, ma, in relazione ai presupposti soggettivi della domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria lett. a) e b), si è limitato ad osservare che la valutazione di carente credibilità del racconto espressa dalla Commissione è condivisibile poichè, a domande pertinenti sugli accadimenti, il ricorrente non è stato in grado di circostanziare la vicenda peraltro su fatti essenziali determinanti l’espatrio e, più avanti, che le dichiarazioni sono apparse prive di coerenza interna e frequenti sono state le contraddizioni, e che esse, quand’anche credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata e di giustizia comune, sicchè il ricorrente avrebbe dovuto chiedere la protezione del suo Paese ed attenderne l’esito.

Quanto alla domanda di rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, il tribunale ha invece ritenuto che l’esistenza (nel paese di provenienza) di strumenti istituzionali, o, ancorchè privati, aventi una forma aggregativa ed una funzione di protezione dei propri membri induce a ritenere insussistente una condizione di elevata vulnerabilità tenuto conto dell’inesistenza di problematiche soggettive del tipo di quelle tipizzate dall’art. 19, comma 2, lett. a-d citate, e che, inoltre, non si ravvisano condizioni individuali di elevata vulnerabilità le quali, ancorchè credibili e giustificate quelle rappresentate dal ricorrente, non comportano comunque per il richiedente l’impossibilità di soddisfare i bisogni e le esigenze ineludibili personali in caso di rimpatrio.

– Sennonchè, poichè il decreto difetta della, quantomeno, concisa esposizione dei fatti allegati da O. a fondamento del diritto preteso (non avendo il giudice minimamente accennato alla storia personale del ricorrente), dette motivazioni si risolvono in formule astratte e stereotipate, valevoli per un numero indefinito di casi, che non consentono di verificare la correttezza del ragionamento logico-giuridico posto a base della decisione.

– L’affermazione secondo cui il ricorrente avrebbe dovuto richiedere la protezione del suo Paese e attenderne l’esito risulta, di conseguenza, criptica.

– Va aggiunto che la motivazione è manifestamente illogica e contraddittoria sotto un duplice profilo: in primo luogo il tribunale, pur senza argomentare in concreto in ordine ai motivi del suo convincimento, in sede di esame della domanda di protezione sussidiaria ha affermato di condividere il giudizio espresso dalla Commissione Territoriale di non credibilità delle dichiarazioni del ricorrente (che, tuttavia, non ha ritenuto di dover sentire a chiarimenti) mentre, in sede di esame della domanda di protezione umanitaria, sebbene con un periodo involuto, ha rilevato che le condizioni di personale elevata vulnerabilità rappresentate dal ricorrente sono “credibili” e “giustificate”; da tale ultima proposizione si ricava poi che, in palese contrasto con la premessa che regge il periodo, dette condizioni sono state ritenute sussistenti.

– Si è, in conclusione, in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente, ovvero di motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – e, anzi, sovrabbondante, laddove il tribunale si dilunga nella descrizione della normativa che disciplina le varie forme di protezione internazionale o umanitaria – risulta tuttavia costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio (cfr., per tutte, Cass. n. 9105/2017) e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

L’accoglimento dei motivi comporta la cassazione del decreto impugnato ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Ancona in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia al tribunale di Ancona in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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