Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13247 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 30/06/2020), n.13247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31562/2018 proposto da:

A.W., elettivamente domiciliato in Roma Viale G. Mazzini,

6 presso lo studio dell’avvocato Agnitelli Manuela che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il

22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 da Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.W., cittadino della (OMISSIS), ricorre con quattro motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 15 marzo 2018 che rigettava la sua impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale del riconoscimento del suo status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

la Corte di appello esponeva:

– il richiedente afferma di essere scappato dal paese di origine perchè scoperto dal padre mentre intratteneva un rapporto sessuale con persona dello stesso sesso; il padre aveva chiamato la polizia ma era riuscito a scappare perchè gli operanti erano stati corrotti dalla madre;

– effettivamente nel paese di origine vigeva il divieto di rapporti omosessuali, puniti in sede penale, ma le palesi incongruità del racconto del richiedente dimostrano la infondatezza della sua vicenda;

– in relazione alla situazione interna della (OMISSIS) andavano escluse le condizioni per la protezione sussidiaria nonchè quelle che giustificano l’eventuale protezione umanitaria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 ed art. 11, lett. e) e f) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Illogica contraddittoria e apparente motivazione per avere il collegio rigettato la richiesta dello status di rifugiato “non riuscendo ad individuare persecuzioni per tendenze o stili di vita”.

Contesta le valutazioni della Corte di appello insistendo sulla sussistenza dell’orientamento omosessuale del richiedente da cui deriva il rischio di persecuzione.

Il motivo è infondato. La sentenza dà atto di aver verificato che i fatti narrati dal richiedente, quanto alle condizioni personali, non sono affatto plausibili; quindi, non vi erano le condizioni che imponevano l’obbligo di attività istruttoria di ufficio D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, il motivo, quindi, esclusa la violazione di legge, si risolve nella richiesta di una diversa valutazione in fatto, non consentita in questa sede.

Con il secondo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. C e art. 3, comma 3, lett. A, artt. 2, 3, 5, 8 e 9 CEDU e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 dal momento che il rigetto della protezione sussidiaria è stato emesso senza alcuna valutazione sulla sussistenza del danno grave e, sul punto, vi è difetto di istruttoria.

Il motivo è infondato. La maggiore parte delle argomentazioni sviluppate sono di carattere generale e riferite alla normativa di settore senza alcun riferimento al caso concreto; solo alla fine si deduce, comunque in termini generici, un difetto di istruttoria che, come detto sopra, non era necessaria a fronte della esclusione della plausibilità dei fatti narrati.

Con il terzo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. A e B, artt. 3 e 7 CEDU. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dal momento che il rigetto del riconoscimento della protezione sussidiaria, non è fondato sulla valutazione dello stato effettivo ed attuale del Paese d’origine.

Il motivo è infondato. Dalla motivazione risulta come la Corte di Appello abbia verificato la sussistenza di condizioni del paese di provenienza tali da giustificare una protezione sussidiaria; ha valutato le fonti informative disponibili ed ha ricostruito la situazione attuale della (OMISSIS), escludendo motivatamente le condizioni di violenza indiscriminata; in ogni caso, ha escluso che sussistano condizioni di pericolo quanto alla persona del richiedente. In tale contesto, il ricorrente di fatto propone una diversa lettura del materiale utilizzato dalla Corte di appello, ovviamente non consentita.

Con il quarto motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. C e comma 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Illogica, contraddittoria e apparente motivazione del rigetto della richiesta di protezione umanitaria senza operare un esame specifico e attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, con riferimento alla difficoltà del rientro in patria quale omosessuale.

Il ricorso è infondato in quanto è mirato alla contestazione delle valutazioni effettuate dal giudice di merito, deducendo quindi questione non ammissibili in sede di legittimità; peraltro, è del tutto assertivo sulla ricorrenza delle condizioni personali, dandole per dimostrate pur se motivatamente escluse dalla Corte di appello.

Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.

Il richiedente non è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato e pertanto è tenuto al versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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