Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13247 del 27/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 27/06/2016, (ud. 26/01/2016, dep. 27/06/2016), n.13247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16821-2013 proposto da:

S.R., (OMISSIS), SA.GR. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANGELO SERRA giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.M.F., S.M., S.I., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 4, presso lo studio

dell’avvocato RENATO AMATO, rappresentati e difesi dall’avvocato

MARCELLO SEQUI giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 409/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del

30/05/2013, depositata l’11/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI;

udito l’Avvocato Angelo Serra difensore dei ricorrenti che si riporta

agli scritti;

udito l’avvocato Renato Amato (delega Avvocato Marcello Segui)

difensore dei controricorrenti che si riporta agli scritti.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con ricorso per reintegrazione S.R. e Sa.Gr. chiedevano al Pretore di Oristano di essere reintegrati nel possesso di una porzione di edificio, a seguito dello spoglio perpetrato da S.I., S.M. e S.M.F., l’autorità giudiziaria adita, emanava un provvedimento di rigetto avverso il quale i ricorrenti proponevano reclamo dinanzi al Tribunale che, con ordinanza, accoglieva la domanda, assegnando il termine per l’istruzione della causa nel merito.

Nel giudizio di merito, tenuto dinanzi al Tribunale di Oristano, gli attori ribadivano l’originaria domanda di reintegrazione nel possesso e, nella resistenza dei convenuti, il Tribunale confermava la reintegra, con sentenza n. 173 del 2010. Avverso la menzionata sentenza i soccombenti proponevano appello, insistendo per una diversa ricostruzione dei fard in contrasto con la tesi del possesso esclusivo sostenuta dagli attori, la Corte di appello di Cagliari, ritenuta la fondatezza del gravame, accoglieva l’impugnazione e per l’effetto riformava la sentenza di prime cure, rigettando la domanda attorea di reintegrazione.

Gli appellati soccombenti, con ricorso notificato il 9/10 luglio 2013, hanno domandato la cassazione della sentenza n. 409 del 2013, prospettando due motivi di ricorso con i quali hanno dedotto rispettivamente l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e la violazione e falsa applicazione di norme di diritto.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. proponendo la reiezione del ricorso.

Parte ricorrente ha fatto pervenire a mezzo posta memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità della memoria dei ricorrenti, in quanto pervenuta in cancelleria il 22 gennaio 2016, quindi oltre il termine di cinque giorni prima della data dell’udienza, previsto dall’art. 378 c.p.c., senza che assuma rilievo in contrario la data di spedizione dell’atto a mezzo del sentir) postale, poichè, secondo l’orientamento più recente della giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, a norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui siano spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile per analogia alla memoria, in ragione del fatto che il deposito di riuesdultima è esclusivamente diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell’atto con il congruo anticipo – rispetto all’udienza di discussione – ritenuto necessario dal legislatore e che l’applicazione del citato art. 134 finirebbe con ridurre, se non con l’annullare, con lesione del diritto di difesa delle controparti (Cass. a 6996 del 1997; Cass. n. 7104 del 1997; Cass. n. 15352 del 2001; Cass. n. 17726 del 2006).

Venendo al merito del ricorso, vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta: “Con il primo motivo i dormenti lamentano l’omessa. insufficiente e contraddirmela motivazione una un punto decisivo della controversia in relazione alla valutazione delle risultanze probatorie, per non aver il giudice valorizzato alcuni aspetti decisivi a sostegno della tesi del ricorrente, circa il possesso esclusivo dell’immobile oggetto del contendere, emergenti dalle numerose testimoniane acquisite al processo.

La censura è da considerare inammissibile.

Al riguardo, occorre osservare, che nella specie, trova applicazione art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2072, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, per essere stata, la sentenza de qua, pubblicata in data 17/06/2013. A seguito della richiamata riforma la Suprema Corte ha statuito che il vizio di omessa motivazione continua a profilarsi esclusivamente come totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente pelino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione ovvero nella sussistenza di vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. 7 aprile 2014 n. 8053).

Risulta invece del tutto pretermesso ogni riferimento alla sufficienza e contraddittorietà della motivazione, rimanendo pertanto esclusa in sede di legittimità una rivalutazione della sentenza impugnata sotto tali profili, con conseguente inammissibilità del sindacato sulla correttezza logica della motivazione di idoneità probatoria di una determinata risultanza processuale (Cass. 76 luglio 2014 n. 16300).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata non può essere aggredita sotto il profilo considerato dal ricorrente e nei termini da questo prospettati, dal momento che non può negarsi che la Corte di merito abbia assolto ed proprio onere motivazionale, analizzando profusamente il materiale istruttorio acquisito e dando contezza delle proprie valutazioni in merito, con argomentazioni congrue ed esaurienti, che sfuggono al sindacato di legittimità, nel rispetto dei principi sopra esposti, avendo accertato la mancanza di prova in ordine al possesso legittimante l’azione di reintegrazione.

Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7141 c.c. e art. 1168 c.c., comma 2 per avere la Corte di merito assicurato preminente tutela agli eredi, succeduti al de cuius nel possesso del bene, rispetto al terzo possessore che ne aveva la diponibilità assoluta.

Nel caso de qua, la Corte di merito non ha affatto concluso per la prevalenza degli interessi creditori rispetto alla tutela possessoria, ma, diversamente da quanto asserito dal ricorrente, dopo aver analiticamente valutato il materiale probativo acquisito, ha escluso la sussistenza della situazione possessoria vantata dai Coniugi S., avendo essi fondato la relativa domanda sull’asserito possesso esclusivo che, per quanto detto, è rimasto privo di riscontro probatorio (secondo le dichiarazioni testimoniali rese, tra gli altri, dalla teste O., da S.D., sorella delle parti, dal teste Z. zio delle parti e dal teste A.), omettendo lo S. di agire in qualità di compossessore del bene, in quanto coerede dei resistenti.

Gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta (per quanto sopra esposto quanto alla memoria illustrativa di parte ricorrente), sono condivisi dal Collegio e conseguentemente il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater la Corte è tenuta a dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione in favore dei resistenti che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro. 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pan a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte di Cassazione, il 26 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2016

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