Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13247 del 17/05/2021

Cassazione civile sez. I, 17/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 17/05/2021), n.13247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea President – –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13863/2019 proposto da:

B.O., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour 17

presso lo studio dell’avvocato Del Nostro Patrizia e rappresentato e

difeso dall’avvocato Pispisa Guglielmo per procura allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositato il

19/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2021 dal cons. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 19-3-2019 e comunicato il 22-3-2019 il Tribunale di Messina ha respinto il ricorso di B.O., cittadino del Senegal, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della sua domanda di protezione internazionale da parte della competente Commissione Territoriale.

2. Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato:” 1. Violazione di legge in relazione al combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis, ed all’art. 46 della Direttiva Europea n. 2013/32/UE del 26-6-2013 per avere il Tribunale omesso di svolgere una effettiva indagine sul paese interessato e sul contesto nell’ambito del quale si configura il pericolo ai danni del ricorrente e la mancata valutazione delle specificazioni e dei chiarimenti relativi alla ricostruzione della vicenda che lo stesso ha posto all’attenzione con la proposta impugnazione”. Il ricorrente, richiamando la normativa di riferimento, censura il giudizio di non credibilità espresso dal Tribunale senza effettuare un esame comparativo tra quanto da egli dichiarato e quanto riportato in articoli riguardanti il suo luogo di provenienza. Rimarca che aveva compiuto ogni sforzo per circostanziare la sua domanda, che era stata tempestiva, che il Tribunale non ha esercitato i poteri istruttori ufficiosi, che la situazione di palese e manifesta instabilità del suo Paese ed in particolare della regione del Casamance, per attacchi terroristici, generalizzata violenza anche contro i civili, violazione di diritti umani e precarie condizioni di vita e sanitarie, era tale da rendere fondata la pretesa di riconoscimento del rifugio o della protezione sussidiaria, come da fonti citate nelle pronunce di merito che richiama e dal sito viaggiare sicuri della Farnesina. Il ricorrente si duole, altresì, del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, richiama la normativa di riferimento e pronunce di merito e di legittimità, denuncia vizio motivazionale del decreto impugnato per non avere il Tribunale tenuto conto del fatto che il ricorrente, in caso di rimpatrio, si troverebbe in una situazione di vulnerabilità senz’altro maggiore rispetto a quella in cui potrebbe, eventualmente, trovarsi restando in Italia, a causa non solo del rischio di subire la vendetta degli avversari politici, che hanno ucciso i suoi familiari, ma anche a causa della grave instabilità del suo Paese, della violazione di diritti umani, delle condizioni sanitarie e degli attacchi terroristici.

2. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, mancando l’esposizione dei fatti di causa.

Il ricorrente formula la doglianza senza alcun riferimento ai fatti, alla motivazione delle domande e alle ragioni del diniego, evocate con formula generica, ossia limitandosi il ricorrente ad affermare che l’iter logico-giuridico del decreto impugnato ricalca il provvedimento della Commissione Territoriale.

Questa Corte ha chiarito che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, nonchè lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni. Il principio impone che il ricorso contenga esso – in sè – tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti e atti del processo (cfr. per tutte Cass. n. 1926-15, Cass. n. 13312-18; Cass. n. 24432-2020). Questa Corte ha altresì precisato che la ripartizione dell’esposizione del fatto non può mai mancare nel ricorso per cassazione e deve rimanere per migliore intelligenza confinata in termini di tendenziale autonomia rispetto alla esposizione delle argomentazioni a sostegno delle singole censure; difatti i motivi di ricorso, essendo deputati a esporre gli argomenti difensivi, anche ove alludano alle fasi del giudizio, non possono considerarsi funzionalmente idonei a una precisa enucleazione dei fatti di causa, la quale invece è prescritta sì in termini di sommarietà dall’art. 366 c.p.c., n. 3, ma in funzione della necessità di individuare innanzi tutto la materia del contendere, agevolando la comprensione della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, per modo da coordinare, poi, l’esame dei motivi di censura (così Cass. n. 244322020 citata e Cass. n. 21750-16).

3. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima civile, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2021

 

 

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