Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13246 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. III, 31/05/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 117, presso lo studio dell’avvocato PETILLO

FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARSICO ROSARIO con

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMELE

143, presso io stadio dell’avvocato COLUMBA DOMENICO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PISCICELLI GAETANO con delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4 64/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Terza Sezione Civile, emessa il 17/02/2005; depositata il 17/02/2005;

R.G.N. 1291/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2010 dal Consigliere Dott. UCCELLA Fulvio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 25 febbraio 2005 la Corte di appello di Napoli dichiarava la cessazione della materia del contendere nel giudizio intrapreso da T.A. nei confronti di M.P. e compensava integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi dello stesso.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per Cassazione la T., affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso la M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (errore in iudicando – violazione o falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento agli artt. 112 e 329 c.p.c. e art. 111 Cost.), in estrema sintesi, la ricorrente lamenta che il giudice dell’appello abbia integralmente compensato le spese del primo grado di giudizio senza che all’uopo vi fosse istanza di parte (p. 6 – 8 ricorso).

Il motivo va disatteso.

Infatti, e’ giurisprudenza costante e consolidata di questa Corte, da cui non e’ il caso di discostarsi, quella secondo la quale la liquidazione della spese processuali nel procedimento d’appello va effettuata tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio e non gia’ separando l’esito del giudizio di impugnazione dai risultati totali della lite, per cui nel caso, come quello in esame, il giudice dell’appello riformi in parte la sentenza impugnata, e’ tenuto a provvedere, anche di ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese, atteso che in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese (tra le ultime, Cass. n. 26985/09).

2. – Il secondo motivo (errore in iudicando per violazione degli artt. 91 e 112 c.p.c.) e il terzo (errore in iudicando – art. 360 c.p.c., n. 5 e per omessa e contraddittoria valutazione di un punto decisivo della controversia – apparente motivazione in ordine alla compensazione delle spese di entrambi i giudizi) vanno esaminati, per la loro interconnessione, congiuntamente e vanno disattesi.

Entrambe le doglianze riguardano la motivazione con cui il giudice dell’appello ha deciso per la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi (p. 8 – 10 ricorso).

Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il giudice dell’appello ha statuito per la compensazione motivando, non solo in riferimento alla “non estrema agevolezza delle questioni trattate”, ma anche in riferimento alla “fondatezza solo di parte degli argomenti svolti da ciascuna delle parti” (p. 6 sentenza impugnata), per cui non si rinviene affatto il vizio denunciato nel terzo motivo, ne’ quello denunciato nel secondo sia perche’ il giudice ha esaminato la censura della M. e l’ha ritenuta fondata, sia perche’ ha motivato la sua statuizione.

Peraltro, la ricorrente con il secondo motivo, richiedendo un riesame della decisione impugnata sul capo in cui ha accolto il motivo di appello della M. (insussistenza dell’obbligo a suo carico di pagare le spese di registrazione tardiva del contratto, che in base all’art. 19 dello stesso era posto a carico della locatrice), non adempie al principio di autosufficienza del ricorso perche’ non riporta nel suo contenuto testuale il documento che avrebbe prodotto in primo grado, dal quale il ricorso pretende di trarre fondamento.

Tanto piu’ tale indicazione sarebbe stata necessaria, in quanto la ricorrente rimprovera al giudice di appello di non aver esaminato lo stesso, e, quindi, assumendo una decisione che certamente sarebbe stata diversa ai fini della statuita compensazione (p. 9 – 10 ricorso).

3. – Costituisce, infatti, principio costantemente riaffermato da questa Corte (tra le tante Cass. 13953/02) che la parte, che denunci con ricorso per Cassazione l’omesso esame da parte del giudice del merito di prove documentali ha l’onere di riprodurre nel ricorso il tenore esatto del documento, il cui omesso esame e’ censurato: cio’ al fine di rendere possibile al giudice di legittimita’, al quale e’ istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa o di compiere indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalla parte, di valutare, anzitutto, la pertinenza e la decisivita’ dei fatti medesimi.

La necessita’ dell’autosufficienza del ricorso per Cassazione e’ stata affermata in ordine alla denuncia di vizi motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 sia in relazione alla censura di violazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, essendosi argomentato, sotto questo profilo, che l’interesse ad impugnare con il ricorso per Cassazione discende dalla possibilita’ di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole e, a tal fine, e’ necessario che sia indicata in maniera adeguata la situazione di fatto della quale si chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice a quo, asseritamente erronea.

Nella specie, non risulta riprodotto nel motivo (il secondo), se non in maniera del tutto parziale, non verificabile, il contenuto del documento, limitandosi la ricorrente ad indicare il numero del codice tributo corrispondente all’imposta di registro per locazione fabbricati, nonche’ l’importo corrispondente all’imposta (p. 9 ricorso).

Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio – di cassazione, che liquida in Euro 1000,00, di cui Euro 200,00, per spese oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

 

 

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