Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13240 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13240 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 22888-2008 proposto da:
SPEDALE GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SAN GODENZO 59, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE AIELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato
SONDI’ GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
1185

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

e

80078750587,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Data pubblicazione: 28/05/2013

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CORETTI ANTONIETTA, MARITATO LELIO, CALIULO
LUIGI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 961/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato MARITATO LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di PALERMO, depositata il 25/09/2007 R.G.N. 463/2005;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5 luglio 2007 la Corte di appello di
Palermo rigettava il gravame proposto da Spedale Giuseppe
decreto ingiuntivo recante l’intimazione di pagamento
all’INPS della somma di lire 62.802.615 per contributi
previdenziali dovuti in relazione al periodo 1.12.94-31.5.95
dalla s.n.c. “Massaro Primario Timbrificio Massaro”.
La Corte di appello riteneva tardiva l’eccezione di
inefficacia del decreto ingiuntivo (eccezione sollevata
dall’opponente sulla base del rilievo che il decreto era
stato notificato oltre il termine previsto dall’art. 644 cod.
proc. civ.), in quanto non formulata con il ricorso in
opposizione, ma solo in sede di note autorizzate del
24.11.2003. Respingeva il secondo motivo di impugnazione con
cui lo Spedale aveva censurato la sentenza di primo grado
nella parte in cui non era stata ritenuta sufficiente, ai
fini dell’adempimento degli obblighi di comunicazione del
recesso dell’opponente dalla società in nome collettivo, la
registrazione dell’atto di cessione di quote presso la
Cancelleria del Tribunale; osservava la Corte di appello che
l’art. 2 legge n. 467/78, che impone la comunicazione agli
enti gestori di forme di previdenza obbligatorie degli eventi
riguardanti la sospensione, la variazione e la cessazione
dell’attività, costituiva norma speciale e prevalente
rispetto all’art. 2290 cod. civ.. Respingeva infine il terzo
motivo di gravame, vertente sulla carenza di prova del
credito, osservando che lo Spedale non aveva eccepito
alcunché nell’atto di opposizione in ordine all’esistenza e

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Udienza 4 aprile 2013
Spedale c/ INPS

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avverso la sentenza che aveva respinto l’opposizione al

all’entità del credito intimato e che, di conseguenza, questo
doveva ritenersi incontestato.
Per la cassazione di tale sentenza propone ora ricorso
resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 414 e 416 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n.3, per avere la
Corte territoriale fatto erronea applicazione – in relazione
all’eccezione di inefficacia del decreto ingiuntivo – delle
preclusioni e decadenze previste per il convenuto, mentre
all’opponente, attore formale, doveva essere applicato il
regime di cui all’art. 414 cod. proc. civ., con la
conseguenza che doveva ritenersi tempestiva l’eccezione
formulata in sede di note autorizzate.
Il motivo è infondato.
La soluzione adottata dai giudici di appello è conforme al
costante orientamento interpretativo di questa Corte che in
diverse occasioni ha affermato che l’atto di opposizione a
decreto ingiuntivo proposto dall’opponente, che ha la veste
sostanziale di convenuto, deve avere il contenuto della
memoria difensiva ai sensi dell’art. 416 cod. proc. civ. e,
quindi, l’opponente deve compiere tutte le attività previste
a pena di decadenza, quali le eccezioni processuali e di
merito, non rilevabili d’ufficio, e le domande
riconvenzionali, oltre ad indicare i mezzi di prova e
produrre i documenti, non diversamente da quanto è previsto
per ogni convenuto nel rito del lavoro; parimenti, l’atto di
costituzione dell’opposto è riconducibile, piuttosto che allo
schema della memoria difensiva, a quella di un atto
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Udienza 4 aprile 2013
Speciale INPS

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Spedale Giuseppe che formula tre motivi di censura. L’INPS

integrativo della domanda azionata con la richiesta di
decreto ingiuntivo, sicché l’opposto ha l’onere di proporre
con essa tutte le deduzioni e le eccezioni intese a
paralizzare i fatti estintivi e modificativi dedotti
riconvenzionale e ad indicare i mezzi di prova a loro
sostegno (Cass. n.13467 del 2003, n.1458 del 2005, n.20118
del 2004, n.17494 del 2009).
Pertanto, era onere dell’opponente formulare nell’atto
introduttivo del giudizio tutte le eccezioni processuali non
rilevabili d’ufficio, quale l’eccezione di inefficacia del
decreto ingiuntivo.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 2 legge n. 467/1978, dell’art.
2290 cod. civ., secondo comma, e dell’art. 2300 cod. civ., in
relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n.3, per avere la
Corte di appello ritenuto, in relazione ai contributi per i
lavoratori dipendenti dovuti per il periodo 1.12.199431.5.1995, la responsabilità del ricorrente quale socio
illimitatamente responsabile per i debiti della società in
nome collettivo, pur essendo egli receduto dalla qualità di
socio sin dal dicembre 1987, con atto portato a conoscenza
dei terzi mediante annotazione e trascrizione eseguite il
10.12.1987 presso la Cancelleria del Tribunale di Palermo e
comunicazione alla Camera di Commercio. La disposizione di
cui all’art. 2290 cod. civ. prevede che il socio receduto non
risponda delle obbligazioni sociali assunte dopo il suo
recesso, quando il recesso stesso sia stato oggetto di idonea
pubblicità o comunque, anche in assenza di pubblicità
adeguata, quando il recesso sia opponibile ai creditori
sociali che del recesso fossero informati di fatto o non

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Udienza 4 aprile 2013
Spedale c/ INPS

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dall’opponente o le pretese avanzate dall’opponente in via

fossero informati per loro colpa. Nel caso di specie, il
ricorrente aveva provveduto, con idonea pubblicità, a rendere
noto il proprio atto di recesso nelle forme di cui all’art.
2290 cod. civ., secondo comma, a nulla rilevando
la comunicazione agli enti ivi previsti degli atti
riguardanti la “cessazione, variazione o sospensione
dell’attività”

della

società,

ossia

unicamente

le

informazioni relative all’attività di impresa – non
riferibile agli eventi (come il recesso di un socio)
attinenti alla struttura della società. In ogni caso, il
mancato adempimento dell’obbligo di comunicazione non può
avere altro effetto che l’irrogazione della sanzione
amministrativa ivi prevista. Peraltro, l’INPS era a
conoscenza – o comunque era in grado di conoscere con
l’ordinaria diligenza – dell’evento riguardante la posizione
dello Spedale, il quale in data 22.12.1987, dopo il proprio
recesso dalla società, si era iscritto alla Camera di
commercio come imprenditore artigiano individuale; stante la
non cumulabilità di tale inquadramento con la posizione di
socio, la suddetta iscrizione doveva costituire prova
presuntiva della conoscenza, da parte dell’INPS,
dell’avvenuto recesso ai sensi dell’art. 2300 cod. civ.,
ultimo comma, o altrimenti di una colpevole ignoranza
dell’evento ex art. 2290 cod. civ., secondo comma.
Il motivo è infondato.
Come è noto, per la società in nome collettivo vale il
principio generale che tutti i soci rispondono solidalmente
ed illimitatamente per le obbligazioni sociali, senza che il
patto contrario abbia effetto nei confronti dei terzi (art.
2291 cod. civ.). Di conseguenza il socio, ai sensi dell’art.

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Udienza 4 aprile 2013
Spedale c/ INPS

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l’adempimento di cui all’art. 2 legge 467/1978 – che prevede

2291 cod. civ., risponde solidalmente nei confronti dell’INPS
dei debiti nascenti dall’inottemperanza agli oneri
contributivi della società conseguenti all’esercizio della
sua attività. Nel caso di scioglimento della società il socio
delle obbligazioni sociali sorte fino al momento in cui la
cessione sia stata iscritta nel registro delle imprese o fino
al momento (anteriore) in cui il terzo sia venuto a
conoscenza della medesima (artt. 2290 e 2300 cod. civ.).
La perdita della qualità di socio nella società di persone
(in conseguenza di recesso, esclusione, cessione della
partecipazione) integrando modificazione dell’atto
costitutivo della società (cfr. per la società in nome
collettivo: art. 2295 cod. civ., n. l), è soggetta ad
iscrizione nel registro delle imprese (che deve essere
richiesta, entro trenta giorni, dall’amministratore, ovvero,
se quest’ultimo non provveda, da ciascun socio, il quale può
anche limitarsi a chiedere la condanna dell’amministratore ad
eseguirla, ex art. 2300 cod. civ., comma l, e ex art. 2296
cod. civ.) a pena di inopponibilità ai terzi, a meno che si
provi che questi ne fossero a conoscenza (art. 2300 cod.
civ., comma 3). Il regime di cui agli artt. 2290 e 2300 cod.
civ., in forza del quale il socio di una società in nome
collettivo che ceda la propria quota risponde, nei confronti
dei terzi, delle obbligazioni sociali sorte fino al momento
in cui la cessione sia stata iscritta nel registro delle
imprese o fino al momento (anteriore) in cui il terzo sia
venuto a conoscenza della medesima, è di generale
applicazione, non riscontrandosi alcuna disposizione di legge
che ne circoscriva la portata al campo delle obbligazioni di
origine negoziale con esclusione di quelle che trovano la

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Spedale e/ INPS

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che ceda la propria quota risponde, nei confronti dei terzi,

loro fonte nella legge (Cass. n. 20447 del 2011, che richiama
sez. lav. 12.4.2010 n. 8649 – con riferimento all’obbligo di
fonte legale relativo al versamento di contributi
previdenziali).
tra la società e i terzi, con specifico riferimento alla
pubblicità degli atti modificativi del rapporto sociale o
dell’atto costitutivo ai fini della opponibilità ai terzi;
attiene quindi allo svolgimento dell’attività sociale, in
attuazione dell’oggetto sociale. Diversamente la legge n. 467
del 1978 attiene al rapporto previdenziale tra un determinato
soggetto e l’INPS, prevedendo – all’art. 2 – l’obbligo,
gravante sul datore di lavoro (titolare o legale
rappresentante dell’impresa), di denuncia e di comunicazione
all’Istituto di ogni ipotesi di sospensione, variazione o
cessazione dell’attività. Sebbene l’INPS sia certamente un
terzo rispetto ai rapporti sociali, non per ciò solo può
escludersi che una forma particolare di pubblicità possa
essere contemplata da una norma speciale onde agevolare la
funzione del recupero contributivo facente capo agli enti
previdenziali.
L’art. 2 del decreto legge 6 luglio 1978 n. 352, conv.
con modificazione nella legge n. 467/1978 (Cessazione,
variazione o sospensione di attività) prevede, che “in caso
di sospensione, variazione o cessazione della attività, il
titolare o il legale rappresentante dell’impresa sono tenuti
a farne comunicazione, entro trenta giorni, alla camera di
commercio,industria, artigianato ed agricoltura e agli enti
previdenziali gestori di forme di previdenza e assistenza
obbligatorie nei cui confronti e’ sussistito il relativo
obbligo assicurativo. In caso di mancato adempimento e’

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Udienza 4 aprile 2013
Spedale c/ INPS

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Tale disciplina attiene agli obblighi relativi ai rapporti

dovuta a ciascuno degli enti nei cui confronti si e’
verificata l’omissione la somma di lire 100.000 a titolo di
sanzione amministrativa” .
L’obbligo di comunicazione grava sul datore di lavoro e
dell’impresa. Nel caso di specie, non è contestato che lo
SpeJjale fosse tenuto all’obbligo di comunicazione di cui si
discute e dunque che l’omissione di comunicazione fosse a lui
imputabile. Il mancato adempimento, se può dare luogo a
sanzioni amministrative in capo al legale rappresentante
della società che non abbia provveduto alla comunicazione,
non risolve ancora la questione se in caso di mancata
comunicazione possa ritenersi non integrata la forma di
pubblicità adeguata occorrente ai fini dell’esonero
dall’obbligazione contributiva che si assume gravante sullo
Speziale, quale socio illimitatamente responsabile.
Dai lavori parlamentari relativi alla conversione in legge
del decreto 6 luglio 1978 n. 352, concernente norme per
l’attuazione del collegamento tra le anagrafi delle aziende e
per il completamento del casellario centrale dei pensionati,
risulta che il provvedimento ha come “principale obiettivo la
realizzazione di anagrafi aziendali integrate tra le varie
amministrazioni interessate e il completamento del casellario
centrale dei pensionati”; esso “per una efficace
individuazione e repressione delle evasioni contributive, si
propone di realizzare, in una strategia a tempi brevi, una
omogenea base di confronto tra le anagrafi ora esistenti…i’,
essendo stato evidenziato che “la molteplicità delle anagrafi
e l’assenza di specifici collegamenti fra i vari enti
comporta, oltre ad altri inconvenienti, la possibilità di
ampie fasce di evasione, soprattutto parziale, nel senso che

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dunque, sul titolare o sul legale rappresentante

le aziende possono iscriversi all’uno e non agli altri enti
anzidetti, ovvero denunciare ai fini contributivi
retribuzioni differenziate ai vari enti”.
Se dunque la funzione del complessivo intervento
i vari enti previdenziali attraverso la realizzazione di
anagrafi aziendali integrate tra le diverse amministrazioni,
per una più efficace lotta all’evasione contributiva,
l’interpretazione dell’art. 2 d.l. 352/78, laddove fa cenno
alla “sospensione, variazione o cessazione dell’attività”
rientranti nell’obbligo di comunicazione, allude a tutti gli
eventi rilevanti nel rapporto assicurativo con l’Istituto,
introducendo quindi una speciale comunicazione limitata
all’ambito di tale rapporto, che si aggiunge alla forma di
pubblicità comune per l’opponibilità ai terzi degli eventi
riguardanti la società in nome collettivo. In altri termini
art. 2 del D.L. n. 352/1978, convertito in Legge n. 467/1978
introduce una forma di comunicazione, nel rapporto con gli
enti previdenziali, in difetto della quale l’evento non è
opponibile all’ente medesimo, non potendosi a questo imputare
la possibilità di conoscere allunde variazioni incidenti sul
rapporto assicurativo, laddove vi sia un obbligo informativo
rimasto inadempiuto gravante sull’assicurato.
E’ dunque anche possibile che il socio receduto possa
essere chiamato a rispondere di debiti contratti
successivamente alla sua fuoriuscita dalla società. Il
disposto dell’art. 2290 cod. civ., comma 2, a tenor del quale
la fuoriuscita dalla compagine del socio deve essere portata
a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, essendo altrimenti
inopponibile a quelli che l’abbiano senza colpa ignorata,
comporta che in mancanza di adeguate forme di pubblicità

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Udienza 4 aprile 2013
Speciale c/ INPS

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legislativo è quella di agevolare i riscontri incrociati tra

della cessazione del rapporto societario, questo continua ad
operare, in relazione ai terzi, dando luogo a un’ipotesi di
scuola di responsabilità senza debito (cfr. Cass. n. 525 del
2011).
de qua non preveda

altra conseguenza che la sanzione amministrativa, avendo
questa Corte già avuto modo di rilevare che, in caso di
omessa comunicazione delle variazioni, la sanzione
amministrativa comminata dall’art. 2 del d.l. n. 362 del 1978
(convertito, con modificazioni, nella legge n. 467 del 1978)
non esaurisce gli effetti dell’omissione stessa (Cass. 13383
del 2008), in quanto gli oneri di comunicazione assolvono la
funzione di assicurare la corrispondenza tra le variazioni
delle attività delle società e le relative iscrizioni presso
l’Istituto previdenziale.
Costituisce, invece, questione nuova – e come tale
inammissibile – la prospettata conoscenza da parte dell’INPS
(o la possibilità di conoscere con l’ordinaria diligenza) che
lo Spedale si era iscritto alla camera di commercio come
imprenditore artigiano individuale, iscrizione da cui poteva
trarsi la presunzione dell’avvenuto recesso dalla società ai
sensi dell’art. 2300 cod. civ., ultimo comma, o altrimenti di
una colpevole ignoranza dell’evento ex art. 2290 cod. civ.,
secondo comma.
Qualora una determinata questione giuridica – che implichi
un accertamento di fatto – non risulti trattata nella
sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta
questione in sede di legittimità, al fine di evitare una
statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha
l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della
questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il

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Udienza 4 aprile 2013
Speciale ci INPS

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Neppure può ritenersi che l’omissione

principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di
indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia
fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la
veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito
14590; n.25546 del 30 novembre 2006; n. 4391 del 26 febbraio
2007; n. 20518 del 28 luglio 2008; n. 5070 del 3 marzo 2009).
Con il terzo motivo si censura la sentenza per violazione
e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 635
cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) per avere la
Corte di appello erroneamente ritenuto incontestato il
credito in quanto le eccezioni di parte opponente erano state
formulate in sede di note autorizzate, omettendo di
considerare che era l’INPS a dovere fornire tempestivamente
la prova dei crediti vantati in via monitoria.
Il motivo è infondato.
Nella sentenza impugnata è stato rilevato che nulla era
stato eccepito nell’atto di opposizione circa l’esistenza e
l’entità del credito e che pertanto questo doveva ritenersi
incontestato. Tale soluzione è coerente con l’orientamento
di questa Corte riferito con riguardo al primo motivo,
secondo cui nel rito del lavoro l’atto di opposizione a
decreto ingiuntivo proposto dall’opponente, che ha la veste
sostanziale di convenuto, deve avere il contenuto della
memoria difensiva ai sensi dell’art. 416 cod. proc. civ.. Di
conseguenza, l’opponente ha l’onere di articolare la propria
difesa secondo quanto previsto dall’art. 416 cod. proc. civ.,
terzo comma, così prendendo specifica posizione in ordine ai
fatti allegati dall’attore; la mancanza di una tempestiva e
specifica contestazione consente al giudice di ritenere tali
fatti come ammessi, mentre l’allegabilità di fatti nuovi

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Spedale c/ INPS

la questione stessa (Cass. 12 luglio 2005 n. 14599 e n.

oltre tale termine significherebbe compromettere il sistema
delle preclusioni sul quale il rito del lavoro si fonda e la
funzione di affidare agli atti introduttivi del giudizio la
cristallizzazione dei temi controversi e delle relative
che gravava sullo Speziale l’onere di sollevare
tempestivamente in sede di opposizione tutte le eccezioni in
ordine alla esistenza e alla entità del credito.
Il ricorso va dunque respinto con compensazione delle
spese del presente giudizio, in considerazione della mancanza
di precedenti specifici sulla questione di cui al secondo
motivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

istanze istruttorie. Ne consegue, venendo al caso in esame,

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