Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13240 del 16/06/2011

Cassazione civile sez. I, 16/06/2011, (ud. 12/04/2011, dep. 16/06/2011), n.13240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19776/2010 proposto da:

G.V. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA BARBERINI 3, presso l’avvocato FASULO Sabrina, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.T. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso l’avvocato BRIGUGLIO Antonio,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZIINO

SALVATORE, ZIINO DIEGO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 655/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 17/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

12/04/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 5.10.2009 G.V. ha chiesto alla Corte d’Appello di Palermo di dichiarare l’efficacia nella Repubblica Italiana della sentenza emessa in data 21 luglio 2006 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Siculo – ratificata dal Tribunale Ecclesiastico d’Appello in data 6.7.2007 e resa esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica con Decreto 26 agosto 2009 – che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario contratto con A.T. in (OMISSIS) per accertata esistenza di condicio de futuro in relativa all’indissolubilità del matrimonio, da lui apposta e conosciuta dal coniuge.

Quest’ultima si è opposta alla domanda.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento della domanda.

Con sentenza depositata il 17 maggio 2010, la Corte adita ha rigettato la domanda.

Avverso la decisione G.V. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi resistiti dall’intimata con controricorso ulteriormente illustrato con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Il collegio ha disposto farsi luogo alla motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente col primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del Protocollo Addizionale dell’Accordo di revisione del Concordato reso esecutivo con L. 121 del 1985 e lamenta erroneo riesame da parte del giudice italiano della conoscenza o conoscibilità di uno dei bona matrimonii, già ritenuta dal tribunale ecclesiastico, violando l’intangibilità del giudicato.

Ravvisando contrasto giurisprudenziale in materia chiede rimettersi gli atti alle S.U. per la sua composizione.

La controricorrente ne deduce l’infondatezza.

La censura è priva di fondamento.

A lume di consolidata ed uniforme esegesi “la declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale ecclesiastico che abbia pronunciato nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di un coniuge, dell’indissolubilità del vincolo, postula che tale divergenza sia stata manifestata all’altro coniuge ovvero che questi l’abbia effettivamente conosciuta o che non l’abbia conosciuta per propria negligenza, atteso che, ove non ricorra alcuna di tali situazioni, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà con l’ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole”. Pur tenendo conto “del favore particolare al riconoscimento che lo Stato italiano s’è imposto con il protocollo addizionale del 18 febbraio 1984, modificativo del Concordato” (S.U., n. 19809/2008), il giudice interno, cui sono inibiti riesame del merito ed assunzione di ulteriore istruttoria in ordine alla sussistenza della riserva, ha però il potere d’accertarne in piena autonomia la conoscenza o l’oggettiva conoscibilità da parte di un coniuge, sulla base degli atti del processo canonico eventualmente prodotti (per tutte Cass. n. 3339/2003). Il corollario esclude il giudicato formatosi in sede ecclesiastica in ordine al menzionato requisito. La rivisitazione dei fatti già vagliati dal giudice ecclesiastico è stata ineccepibilmente e doverosamente condotta nel caso di specie dalla Corte del merito al fine d’accertare non già la condizione, acclarata e dichiarata in senso non più discutibile in sede ecclesiastica, ma la sua conoscenza o conoscibilità con ordinaria diligenza da parte dell’altro coniuge, ineludibile ai fini della compatibilità della causa di nullità col diritto interno.

Col secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine alla conoscenza da parte della A. della sua riserva mentale, liquidata in sole tre righe, mentre risulta del tutto omesso ogni riferimento alla conoscibilità della condizione, sebbene dal tenore delle deposizioni dei testi escussi dal giudice ecclesiastico, riprodotta integralmente, fosse emerso che la sua contrarietà al vincolo indissolubile era stata esternata anche in presenza del coniuge che, all’epoca convivente, non poteva non averne compreso le reali intenzioni.

La controricorrente deduce l’inammissibilità del motivo.

La censura è inammissibile.

Premesso in linea astratta che, nel caso di specie, possono assumere rilievo, in quanto sostenute “da circostanze soggettive e oggettive idonee a conferire loro credibilità, anche le testimonianze de relato ex parte actoris, assunte nel corso del procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici, tenuto conto che le dichiarazioni della parte costituiscono l’unico mezzo attraverso il quale lo stato soggettivo della stessa, non altrimenti conoscibile, viene esternato e può essere conosciuto dai terzi” (Cass. n. 3709/2008 in un caso del tutto analogo), va rilevata in concreto la non decisività delle risultanze istruttorie asseritamente pretermesse. Emerge dalle riferite deposizioni che il G. esternò ai suoi amici e congiunti la condizione apposta al matrimonio concordatario, dunque la divergenza unilaterale fra la sua volontà e la dichiarazione resa in sede di celebrazione del matrimonio, ma non certo che tale divergenza fosse stata manifestata espressamente all’altro coniuge, nè che ella l’avesse effettivamente conosciuta, tanto meno che non l’abbia conosciuta per propria negligenza. Il dato decisivo – siccome se la nullità è fondata su simulazione unilaterale non conosciuta, nè conoscibile, la delibazione resta preclusa dalla contrarietà con l’ordine pubblico italiano, nel cui ambito va compreso l’essenziale principio della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole (Cass. 2 dicembre 1993 n. 11951; Cass. L., 14.3.1996, n. 2138; Cass. 28.1.2005, n. 1822, Cass. citata), non si coglie nè compiutamente nè univocamente da quelle deposizioni, che rendono conto della contrarietà del G. al vincolo indissolubile del matrimonio, ma non certo della sua effettiva comunicazione alla moglie. Resta unica la dichiarazione, comunque inconcludente, del teste G.S., fratello del nubente, che, riferendo che la volontà divorzista del congiunto era stata espressa in presenza della A., ha ritenuto di desumerne che questa non potesse non coglierne le reali intenzioni, senza però nel contempo riferire fatti oggettivi ed inequivocabili che confermassero il fondamento della sua deduzione, affidata a soggettiva percezione ed interpretazione del fatto.

Ineccepibilmente ispirata a corretta costruzione giuridica, la decisione impugnata, logicamente ed esaustivamente motivata, non è dunque censurabile per il solo fatto che non faccia menzione di deposizioni testimoniali che vertendo su dato non decisivo, non hanno rilievo probatorio.

La censura proposta è perciò inammissibile. Non cogliendo vizi della motivazione della sentenza impugnata, pretende invero sollecitare diversa valutazione dei fatti. Si tratta quindi di una censura di merito, come tale inammissibile in questa sede di legittimità. Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato con condanna delibi ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2011

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