Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13239 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. II, 31/05/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato MACHETTA

MARCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUERRINI

LUCIANO;

– ricorrente –

contro

T.F.;

– intimato –

e sul ricorso n. 6594/2005 proposto da:

T.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato

MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ZAGO GUIDO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1845/2003 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 11/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/04/2010 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio;

udito l’Avvocato MACHETTA Marco, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi al ricorso e alla memoria;

udito l’Avvocato Carlo ALBINI, con delega depositata m udienza

dell’Avvocato MANZI Luigi, difensore del resistente che ha chiesto

accoglimento del ricorso incidentale ed il rigetto del ricorso

principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso previa riunione rigetto di entrambi i

ricorsi (inammissibilita’ o rigetto dell’incidentale).

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2687 con il quale il Presidente del tribunale di Verona, in data 16.9.91, gli aveva ingiunto – su istanza dell’arch.

T.F. – il pagamento, in favore di quest’ultimo, della somma di L. 24.240.724 per prestazioni professionali svolte.

L’opponente chiedeva dichiarasi la nullita’ dell’ingiunzione, stante l’infondatezza della pretesa attorea; negava infatti di avergli conferito l’incarico di progettare la ristrutturazione del proprio negozio sito in via (OMISSIS), ma solo quello relativo alla sistemazione delle vetrine dei propri negozi ubicati nella stessa via, ai civici (OMISSIS). Aggiungeva inoltre, che mentre non era stata di suo gradimento la bozza di sistemazione delle vetrine del civico (OMISSIS), relativamente all’altro negozio, egli aveva approvato solo la parte relativa all’illuminazione.

Si costituiva l’arch. T. contestando le avverse deduzioni di cui chiedeva il rigetto, rilevando che il F. si era rifiutato senza motivo di dar corso alla ristrutturazione del negozio da lui progettata. L’adito tribunale, all’esito dell’espletata istruttoria, accoglieva l’opposizione proposta dal Faraoni, revocava il decreto opposto e rigettava le domande proposte dal T. che condannava al pagamento delle spese processuali. Secondo il primo giudice il professionista non aveva fornito la prova del conferimento dell’incarico professionale, stante anche la genericita’ delle dichiarazioni dei testi escussi. Avverso la stessa sentenza il T. proponeva appello sulla base di specifiche deduzioni;

resisteva l’appellato chiedendo il rigetto del gravame. L’adita Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 1845 del 2003, in riforma delle decisione impugnata, rigettava l’opposizione proposta dal F. e confermava il decreto ingiuntivo opposto, condannando quest’ultimo al pagamento delle spese del doppio grado.

Riteneva la Corte territoriale – dopo aver proceduto all’esame delle dichiarazione dei testi escussi e della documentazione prodotta – che le emergenze istruttorie avevano provato l’incarico professionale nei termini indicati dall’appellante.

Avverso la decisione suddetta il F. propone il ricorso per Cassazione sulla base di un solo motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso il T. che ha proposto altresi’ ricorso incidentale fondato su un solo mezzo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre precedere alla riunione dei ricorsi.

Passando all’esame del ricorso principale, con l’unico motivo l’esponente denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonche’ la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c..

Il ricorrente contesta la valutazione delle risultanze istruttorie che a suo avviso non provano il conferimento dell’incarico professionale e sostiene che la parcella del T. doveva essere ridimensionata alla modesta, reale attivita’ svolta, riguardante, in buona sostanza, soltanto l’impianto d’illuminazione di una vetrina.

A tal fine egli passa in rassegna le dichiarazioni rese dai vari testi nel corso del giudizio di merito (testi: C., P., M., Po. e B.) e critica l’interpretazione delle stesse da parte della Corte territoriale, le cui motivazioni non sarebbero ne’ adeguate, ne’ coerenti, considerato che nella fattispecie non era stato dimostrato mediante prova diretta (atto scritto) il conferimento dell’incarico al professionista.

La doglianza non puo’ dirsi fondata.

Invero i denunziati vizi di violazione di legge e l’eccepito difetto o contraddittorieta’ della motivazione in buona sostanza si risolvono in questioni di fatto tendenti ad una rivalutazione del merito, come tale inammissibile nel giudizio di legittimita’. L’art. 360 c.p.c., n. 5 non conferisce – com’e’ noto – alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta da giudice di merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e all’uopo valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e scegliere tra le risultanze quelle ritenute piu’ idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 15355 del 9.08.2004; Cass. 1014 del 19.1.2006; Cass. n. 2272 del 2.02.2007; Cass., n. 9368 del 21.04.2006).

Nella fattispecie le valutazioni del giudice a quo sono sorrette da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici; egli infatti ha preso in esame le dichiarazioni dei singoli testi e la documentazione prodotta (progettazione dell’opera) per dedurre l’avvenuto conferimento dell’incarico professionale all’arch.

T. (Cass. n. 12362 del 24.5.2006). Tra l’altro, in spregio del principio di autosufficienza del ricorso, le dichiarazioni dei menzionati testi non sono state riportate nella loro interezza, ma solo per brani e le critiche si accentuano per lo piu’ su aspetti chiaramente marginali, su circostanze secondarie che nulla tolgono alla logicita’ e congruenza della complessiva valutazione delle emergenze istruttorie adottata dal giudicante a favore dell’avvenuto ^affidamento dell’incarico professionale in parola. Si tratta, in altre parole, di argomentazioni che non incidono in modo apprezzabile sulla corretta valutazione delle prove da parte del giudice nell’esercizio del potere discrezionale a lui conferito dalla norma.

D’altra parte sembra priva di ogni plausibilita’ la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui fu soltanto “l’autonoma, libera, disinvolta e subdola iniziativa del professionista che determino’ la predisposizione di un imponente progetto, mai commissionato o voluto dal sig. F., in definitiva limitandosi alla realizzazione di un impianto d’illuminazione di una vetrina.” Invero e’ francamente difficile immaginare che un professionista “perda il suo tempo” a predisporre “un imponente progetto” e portarlo fino alla fase esecutiva, senza il conferimento di alcun incarico e quindi senza la prospettiva di una ricompensa certa.

In conclusione il ricorso va disatteso.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo, il T. deduce il difetto assoluto di motivazione e l’omessa pronuncia sulla propria domanda tesa ad ottenere la rivalutazione monetaria della somma capitale dovuta.

La censura e’ inammissibile stante la sua genericita’. L’esponente non ha infatti precisato in alcun modo la domanda su cui il giudice non si sarebbe pronunciato; non ha indicato quando, come ed in qual modo a domanda relativa alla rivalutazione monetaria era stata formulata, indicando i termini precisi della stessa. Anche il ricorso incidentale va dunque disatteso. Stante la reciproca soccombenza si ritiene di compensare le spese.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

 

 

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