Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13234 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. II, 31/05/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 31/05/2010), n.13234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13302/2006 proposto da:

V.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CRESCENZIO 18, presso lo studio dell’avvocato ROMBOLA’ ANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINGANO Francesco;

– ricorrente –

e contro

P.R., L.B.A., L.B.S.;

– intimati –

sul ricorso 17465/2006 proposto da:

P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, P.ZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato

CONCETTI DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato MESITI

DOMENICO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

V.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato ROMBOLA’ ANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINGANO FRANCESCO;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

L.B.S., L.B.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 242/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 07/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato PONTORIERO Pasquale, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato MARTINGANO Francesco, difensore del ricorrente

che ha chiesto accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del

resto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e l’accoglimento del ricorso incidentale per quanto di

ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.L. chiedeva ed otteneva dal Presidente del tribunale di Vibo Valentia decreto ingiuntivo per L. 7.724.691, oltre accessori, a pagamento di onorari a lui spettanti quale direttore dei lavori, nei confronti di P.R., il quale, con atto del 1993, proponeva opposizione, deducendo che non doveva l’importo richiesto, mentre spiegava domanda riconvenzionale nei confronti del predetto e dei fratelli S. e L.B.A., in ragione di crediti derivanti dall’attività da ciascuno di loro prestata su incarico di esso P. e male eseguiti, con conseguenti danni.

Mentre i L.B. rimanevano contumaci, il V. resisteva alle domande riconvenzionali del P.; con sentenza del 2002, l’adito Tribunale rigettava l’opposizione del P. e condannava il V. ed i L.B. al pagamento, a favore dello stesso P., di L. 36.000.000, oltre accessori ed i soli L.B. anche di L. 16.325.200, oltre accessori, sempre a favore del predetto, e regolava le spese.

Avverso tale decisione proponeva appello principale il V. cui resisteva il P., che proponeva a sua volta appello incidentale, mentre si costituivano i L.B.; chiedendo la riforma della sentenza impugnata.

Con sentenza in data 20.12.2004/7.3.2005, la Corte di appello di Catanzaro rigettava l’appello principale, accoglieva l’incidentale solo relativamente alla misura degli onorari come liquidati e confermava nel resto la sentenza impugnata, regolando le spese del grado.

Osservava, per quanto qui ancora interessa, la Corte calabrese che i lavori di ammorsamento dovevano essere seguiti dal direttore dei lavori, siccome da eseguirsi contestualmente ai pilastri, per cui egli era venuto meno ad un dovere di vigilanza sulla esecuzione di un elemento strutturale essenziale ai lini della statica dell’edificio, donde la di lui corresponsabilità.

In base poi alle risultanze della CTU espletata, ed alla comune esperienza, non avevano pregio le doglianze hic et inde proposte in relazione alla quantificazione della somma riconosciuta dovuta dal V. (solidalmente ai L.B.) al P..

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di quattro motivi, il V.; resiste con controricorso il P. proponendo ricorso incidentale, articolato su tre motivi, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Il V. resiste con controricorso al ricorso incidentale ed ha altresì presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono rivolti avverso la medesima sentenza e vanno pertanto riuniti, a norma dell’art. 335 c.p.c..

Il primo motivo del ricorso principale lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 36. 103, 106 e 274 c.p.c., in ragione del fatto che, in sede di opposizione, il P. ha svolto domanda riconvenzionale oltre che nei confronti del V. anche di altri soggetti, terzi rispetto all’originaria ingiunzione, deducendo rapporti non ricollegabili al titolo sulla cui base il decreto ingiuntivo era stato richiesto.

Non è fondato: va rilevato che se è vero che l’opponente ha evocato in giudizio i L.B., persone non interessate alla questione del pagamento delle competenze professionali del V., pure ha dedotto a sostegno della riconvenzionale un titolo certamente rientrante nella complessa articolazione dei rapporti di dare ed avere tra il P., gli stessi L.B. ed il V., cosa questa che gli consentiva di allargare il rapporto processuale introdotto con la richiesta di ingiunzione. Ma va anche e conclusivamente rilevato che il V. non ha proposto appello avverso l’implicita, ma evidente statuizione di correttezza di tale operato, del primo giudice al riguardo, cosa questa che comporta il formarsi del giudicato su) punto e la conseguente improponibilità della questione in questa sede di legittimità (cfr. Cass. 7.2.2006, n 2529).

Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione al fatto che la domanda del P. era stata accolta solo in relazione a danni cagionati all’immobile del L., così omettendo di rilevare che il P. era privo di legittimazione a proporre una domanda che non concerne va un rapporto tra lui ed il V., ma tra quest’ultimo ed un terzo.

Non è fondato; se è vero che la domanda rivolta dal P. nei confronti del V. si riferisce ai danni cagionati al fabbricato L., è pur vero che la stessa si basa sul fatto che detti danni dovevano essere risarciti da P., il quale, ravvisando nel V. il soggetto cui i danni stessi erano da ascriversi, lo ha chiamato a risponderne, agendo quindi per interesse proprio (quello di essere ristorato degli esborsi da lui effettuati a favore del L.) e non per quello di altri: consegue che la lamentata violazione dell’art. 100 c.p.c., non sussiste. Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Con il terzo mezzo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., della L. n. 143 del 1949, art. 17, in relazione all’art. 116 c.p.c., e vizio di motivazione.

Si sostiene che la ritenuta responsabilità del V. per il mancato “ammorsamento” del fabbricato L. a quello P. non sussisterebbe in ragione del fatto che tanto era da ascriversi all’abbandono del cantiere da parte dell’impresa appaltatrice, mentre la addotta tesi della ascrivibilità al direttore dei lavori del fatto in ragione che tale operazione doveva essere eseguita contestualmente ai pilastri, avrebbe comportato un obbligo di presenza giornaliera del V. in loco, non sussumibile nei doveri del direttore dei lavori.

Non è fondato; per la parte relativa alla addotta violazione di legge, devesi rilevare che nella specie le norme richiamate non contengono alcuna disposizione che valga ad escludere la responsabilità del direttore dei lavori in ordine alla mancata effettuazione di un elemento essenziale per la statica delle costruzioni quale è l’ammorsamento; quanto alla tesi del (repentino? Si fa fatica ad ipotizzarlo tale) abbandono del cantiere da parte della ditta appaltatrice si sconfina nel profilo probatorio e quindi si pone una questione di fatto assolutamente incompatibile con la presente sede.

Quanto infine al profilo della particolare difficoltà dell’opera da eseguirsi e della conseguente necessità della sussistenza di dolo o colpa grave in capo al direttore dei lavori, non risulta che lo stesso sia stato prospettato in sede di merito e comunque non è indicato in ricorso come, quando e dove tale aspetto sarebbe stato proposto all’attenzione dei giudici del merito; la questione deve pertanto essere considerata nuova e, come tale, inammissibile. Il motivo deve essere pertanto respinto.

Con il quarto mezzo si lamenta omessa motivazione relativamente alla quantificazione dei danni quale ritenuta in sentenza, in ragione del riferimento, contenuto nella CTU, ai “prezzi di mercato”, peraltro non indicati, con conseguente impossibilità di verifica.

La censura è fondata: costituisce consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui il fatto notorio va inteso in senso rigoroso, come fatto cioè acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da risultare incontestabile; da tanto consegue che non possono farsi rientrare tra le nozioni di comune esperienza le acquisizioni specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento di particolari dati estimativi (cons. Cass. n. 5232 del 2008 ed altre, pure recenti, di identico tenore).

Il mero riferimento, senza ulteriore specificazione, ai prezzi di mercato non consente di seguire l’iter logico posto a base della quantificazione eseguita, cosa questa che comporta il vizio di insufficiente motivazione e il conseguente accoglimento del motivo in esame, in adesione al surricordato principio, cui si presta convinta adesione.

Venendo al ricorso incidentale, il primo motivo lamenta violazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 2236 e 1669 c.c., nonchè vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento del motivo di appello afferente ai lavori di costruzione del fabbricato P..

Al riguardo, deve rilevarsi come la motivazione adottata dalla Corte calabrese al riguardo appare quanto meno apodittica, atteso che ci si limita a richiamare, in forma quanto mai sintetica, il giudizio tecnico espresso circa la genesi dei danni dal CTU officiato dai tribunale di Vibo Valentia nella controversia tra il P. ed il L..

Risulta evidente l’assoluta insufficienza di motivazione al riguardo, cosa questa che non consente neppure di valutare la sussistenza o meno della invocata violazione delle norme richiamate, stante che non si la alcun riferimento agli obblighi del direttore dei lavori in relazione alla specifica fattispecie.

Con il secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla quantificazione dei danni sofferti da esso P. quale operata dal primo giudice e fatta propria dalla sentenza impugnata.

A parte la contraddizione intima tra omissione e contraddittorietà di motivazione, la prima escludendo ovviamente l’altra, devesi rilevare che anche a tale riguardo la sentenza impugnata appare assolutamente priva di idonea motivazione, atteso che non si fa espresso riferimento ad alcuna ragione per il mancato accoglimento del motivo di impugnazione all’uopo formulato, nè la motivazione di tale conclusione, negativa per l’allora appellante, può ragionevolmente ritenersi implicita in alcuna considerazione svolta in sentenza.

I due motivi suesposti meritano dunque accoglimento in relazione al lamentato vizio di motivazione, dato che anche con riferimento al profilo di cui al secondo mezzo non è verificabile l’assunta violazione di legge, dato che la Corte calabrese non ha affrontato alcun profilo in diritto afferente alla tematica dei principi operanti in ordine alla responsabilità del direttore dei lavori.

Il terzo mezzo attiene alla regolamentazione delle spese e risulta ovviamente assorbito in ragione dell’accoglimento del quarto motivo de ricorso principale e dei primi due del ricorso incidentale.

In definitiva, vanno accolti il quarto motivo del ricorso principale ed i primi due motivi dell’incidentale, respinti i primi tre motivi dei principale e dichiarato assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale.

L’impugnata sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria, che deciderà anche sulle spese del presente procedimento per cassazione.

PQM

riuniti i ricorsi, la Corte accoglie il quarto motivo del ricorso principale, il primo ed il secondo dell’incidentale. Rigetta gli altri motivi del principale e dichiara assorbito il terzo motivo dell’incidentale. Cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

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