Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13234 del 25/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.25/05/2017),  n. 13234

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7020-2016 proposto da:

M.F., rappresentata e difesa ex art. 86 c.p.c.

dall’avvocato M.F.;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO CARLO

GOLDONI, 47, presso lo studio dell’avvocato ASCANIO PENSI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 376/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata l’11/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’avvocato M.F. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila n. 376/2015 dell’11 marzo 2015. La sentenza impugnata ha rigettato l’appello avverso la sentenza n. 588/2014 del Tribunale di Avezzano, che aveva respinto l’opposizione proposta dalla stessa M. avverso decreto ingiuntivo per l’importo di Euro 8.264,92 relativo al contributo per spese di manutenzione straordinaria richiesto dal Condominio (OMISSIS). Tanto il Tribunale che la Corte d’Appello hanno negato che l’opponente avesse fornito prova dell’eccepito pagamento, assumendo la comprovata simulazione delle allegate quietanze rilasciate dall’amministratore condominiale pro tempore M., e richiamando le risultanze di un processo penale che aveva visto la M. condannata – con sentenza del Tribunale di Avezzano, confermata dalla Corte d’Appello ma non ancora definitiva – per il delitto di appropriazione indebita.

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1417 e 1135 c.c., mentre il secondo motivo di ricorso censura l'”omesso esame circa un fatto deciso del giudizio”. Si fa presente che la condanna penale è stata annullata dalla Corte di cassazione per intervenuta prescrizione del reato e quindi si nega ogni significatività delle emergenze di quel giudizio. Si critica il ricorso alle presunzioni fatto dalla Corte d’appello per ritenere simulate le quietanze e se ne contestano le valutazioni probatorie.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria ex art. 380 – bis c.p.c., comma 2.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione.

Le censure difettano dei necessari caratteri di tassatività e specificità, ed infatti i vizi che denunciano neppure rientrano nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., risolvendosi in una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati.

E’ comunque inammissibile, innanzitutto, la censura che andrebbe riferita al parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto questo, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, in L. n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Ne consegue che tale vizio va denunciato nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369, comma 2, n. 4, dovendo il ricorrente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. Non integrano, pertanto, il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, le considerazioni svolte nel secondo motivo di ricorso, che si limitano a contrapporre una diversa ricostruzione dei fatti, ovvero una diversa valenza delle risultanze documentali, invitando la Corte di legittimità a svolgere un nuovo giudizio sul merito della causa.

E’ in ogni caso da affermare che il condominio, non partecipe ed ignaro dell’accordo simulatorio intervenuto tra un condomino e l’ex amministratore, ove deduca la simulazione delle quietanze relative all’avvenuto pagamento delle spese condominiali, è da considerarsi “terzo” rispetto a quell’accordo, con la conseguenza che lo stesso condominio può fornire la prova della simulazione “senza limiti”, ai sensi dell’art. 1417 c.c., e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia a mezzo di presunzioni, dovendosi inoltre escludere che, in dipendenza della natura di confessione stragiudiziale della quietanza, possano valere, riguardo alla sua posizione, i limiti di impugnativa della confessione stabiliti dall’art. 2732 c.c., che trovano applicazione esclusivamente nei rapporti fra il mandatario e il preteso simulato acquirente (arg. da Cass. Sez. 2, 24 aprile 2008, n. 10743; Cass. Sez. 2, 22 novembre 2016, n. 23758, non massimata).

In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta di una quietanza, spetta poi al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che debbono essere valutati non solo analiticamente, ma anche nella loro globalità all’esito di un giudizio di sintesi, giudizio non censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, come appunto quella espressa dalla Corte di L’Aquila.

Nè rileva la dedotta declaratoria di estinzione del reato per prescrizione nel giudizio che vedeva imputata l’attuale ricorrente, in quanto la Corte d’Appello, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, ha autonomamente rivalutato i fatti oggetto della presente causa.

Spettando al condomino ingiunto dal condominio per il pagamento dei contributi dare prova dell’avvenuto adempimento, l’affermata simulazione delle quietanze allegate dall’opponente ha inevitabilmente condotto i giudici del merito a respingere la proposta opposizione.

Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13 comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2017

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