Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1323 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 22/01/2020), n.1323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29233-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGRISUN TWO SRL SOCIETA’ AGRICOLA, AGRICOLA MONTERAZZANO SRL SOCIETA’

AGRICOLA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL CIRCO MASSIMO

9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO INNOCENTI, che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2759/2017 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 16/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott.ssa CAPRIOLI MAURA.

Fatto

Ritenuto che:

La Agrisun Two s.r.l. e Agrisoleil Trois s.r.l., poi divenuta società Agricola Monterazzano s.r.l., impugnavano con distinti ricorsi gli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia del Territorio aveva modificato la categoria catastale proposta dalle contribuenti per l’accatastamento di terreni agricoli occupati da impianti fotovoltaici, variando la stessa da D/10 (categoria di ruralità) proposta, a D/1 (opifici) accertata dall’Ufficio.

Con sentenza nr 219/2015 la CTP di Viterbo accoglieva i due ricorsi riuniti. Osservava che per le costruzioni strumentali della L. n. 133 del 1994, art. 9 non faceva alcun riferimento alle dimensioni minime dell’azienda, ma solo all’obbligo dell’utilizzatore di destinare la produttività del reddito agrario all’azienda agricola medesima.

Rilevava che, nella specie, le società rientravano tra le società agricole semplici e che la dimensione degli impianti sopra le due unità immobiliari non ricadeva al di sopra della soglia prevista per il disconoscimento di opifici rurali. Avverso tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate chiedendo la riforma della decisione di primo grado.

Con sentenza nr 2759/2017 la CTR dichiarava l’inammissibilità del gravame. Rilevava che l’Agenzia si era limitata a riproporre le stesse argomentazione già esaminate in primo grado “senza apportare nuove motivazioni da esaminare”. Riteneva che la società agricola avesse dimostrato “l’attinenza dei fattori agricoli contestati dall’ufficio, la non commercializzazione dell’elettricità dai pannelli fotovoltaici relativi alla sola produzione familiare agricola minima e non invece alla rivendita di elettricità, mancando il motivo economico in tal senso”. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso fondato su due motivi cui resistono con controricorso la Agrisun Two s.r.l. e la società Agricola Monterazzano s.r.l.; le quali propongono anche un motivo di ricorso incidentale avverso la statuizione di compensazione delle spese di appello.

Diritto

Considerato che:

Con un primo motivo la ricorrente principale si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Contesta in particolare la decisione nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’appello per difetto di specificità.

Osserva infatti che il gravame formulato dall’Ufficio non poteva essere considerato generico se posto in relazione alla motivazione della sentenza di primo grado.

Sottolinea poi che in esso è stato individuato con chiarezza sia il petitum (riforma della sentenza e conseguente conferma dei provvedimenti impugnati) sia la causa petendi (ragioni della critica poste a fondamento della domanda di riforma della sentenza).

Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 e degli artt. 112 e 279 c.p.c..

Sostiene che la CTR, avendo definito in rito la controversia, non avrebbe potuto entrare nel merito, avendo così esaurito la propria potestas judicandi. Da ultimo, ed in via subordinata, deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2135 c.c., del D.L. n. 553 del 1993, art. 3, lett. c), convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 1994, nonchè della L.n. 266 del 2005, art. 1, comma 423 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il primo motivo è fondato, con l’assorbimento dei restanti.

Questa Corte (n. 32954/18) ha affermato che: “Nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci”. Cass.n. 30393/17, in motivazione, ha poi osservato che: “nel processo tributario, ove l’Amministrazione finanziaria ribadisca e riproponga in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 (Cass., 22.3.2017, n. 7369), atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello, mezzo quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass., 22.5.2017, n. 12826 e giur. ivi eit.). La sentenza d’appello è difforme dai superiori principi di diritto, perchè svaluta motivi di gravame articolati, nella specie, su varie censure (…)”

Ciò posto, nel caso di specie la CTP aveva accolto il ricorso della contribuente incentrando la motivazione sul fatto che le due società rientrassero fra lei società agricole semplici e che le dimensioni degli impianti posti sopra le due unità non ricadessero al di sopra della soglia prevista per il disconoscimento di opifici rurali.

L’appellante ha contestato, come risulta dall’esame dell’atto debitamente trascritto nel rispetto del principio dell’autosufficienza, l’iter argomentativo seguito dal primo giudice alla luce del D.L. n. 557 del 1993, art. 3, lett C), ed ha spiegato le ragioni per le quali le attività svolte nei parchi fotovoltaici dalle due società non potessero,a suo avviso, essere considerate strumentali per “destinazione “alle attività agricole.

Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).

L’accoglimento del primo motivo esime questa Corte dall’esaminare il secondo e terzo motivo sollevato, quest’ultimo, solo in via subordinata.

Peraltro occorre ricordare (Cass. S.U. 384/2007; Cass. 17004/2015) che “qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si sia spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gradata”.

Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti motivi di ricorso principale ed incidentale, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, cui è demandato di procedere a nuovo esame della vertenza ed a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti motivi del ricorso principale ed incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 22 gennaio 2020

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