Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13229 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. II, 31/05/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 31/05/2010), n.13229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE ANGELICO 193, presso lo studio dell’avvocato MANNI MARIA

CRISTINA, rappresentato e difeso dall’avvocato IADANZA FRANCO;

– ricorrente –

contro

T.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 71, presso lo studio dell’avvocato

MORICHI MASSIMILIANO, rappresentato e difeso da se stesso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. cron. 10541/04 n. 2204/04 R.G. del TRIBUNALE

di NAPOLI; dep. il 28/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ordinanza emessa il 26 ottobre 2004 ai sensi della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e segg. il Tribunale di Napoli, in parziale accoglimento della domanda proposta dall’avv. T.V., condannava N.R. al pagamento delle competenze dovute per l’attivita’ giudiziale prestata in suo favore dal legale che lo aveva rappresentato e difeso nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo chiesto dal N. nei confronti della Ing. G. Sagnotta e C. s.r.l. e conclusosi con il rigetto della relativa domanda. Il Tribunale, dopo avere rilevato che il legale nella domanda aveva affermato di avere ricevuto l’acconto di L. 2.000.000, liquidava i diritti di procuratore nell’importo di Euro 2.027,58 considerando il valore della controversia compreso fra L. 110 e 200 milioni sul rilievo che, se la domanda azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo era stata di L. 55.000.000, poi nel successivo giudizio di opposizione il N. aveva proposto domanda riconvenzionale di importo che da solo superava i 110.000.000; in considerazione dell’esito sfavorevole della lite e dei criteri dettati dall’art. 6 del D.M. n. 585 del 1994 gli onorari venivano determinati nel minore importo di Euro 4.690,00 rispetto a quello richiesto, tenendo conto dei valori medi fra i minimi e i massimi della tariffa alla stregua dello scaglione in precedenza considerato. La spese del procedimento erano poste a carico del N.. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il N. sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione del D.M. n. 585 del 1994, art. 6 censura la decisione gravata che, nel determinare il valore della controversia nel quale l’avv. T. aveva prestato la propria attivita’ difensiva a favore del N., aveva tenuto conto dell’importo di cui alla domanda riconvenzionale proposta dall’opposto in aggiunta alla somma oggetto del decreto ingiuntivo, nonostante che tale domanda, essendo inammissibile, non poteva modificare il valore originario della domanda, mentre nella liquidazione a carico del cliente occorre fare riferimento al valore effettivo della controversia e, rientrando l’attivita’ dell’avvocato nella previsione dell’art. 1703 c.c., il compenso deve essere determinato in base al risultato conseguito e alla diligenza del mandatario nell’esecuzione del mandato;

l’ordinanza del Tribunale non era sorretta da una adeguata giustificazione del processo logico seguito e le conclusioni alle quali era giunta erano in contrasto con la premessa in base alla quale aveva affermato che l’onorario deve tenere conto dei risultati e dei vantaggi anche non patrimoniali conseguiti. Il motivo e’ fondato.

Occorre premettere che, seppure si denuncia anche il vizio di motivazione da cui sarebbe affetta la decisione impugnata che, secondo la normativa ratione temporis applicabile, non poteva essere fatto valere con il ricorso straordinario proposto ai sensi dell’art. 111 Cost., la doglianza concerne ordine alla determinazione del valore della controversia nella liquidazione della competenze nei confronti del cliente; pertanto, la Corte e’ chiamata a verificare tale violazione indipendentemente da quella che sia stata la motivazione del giudice adito, tenuto conto che il vizio di motivazione assume rilevanza in riferimento agli accertamenti volti alla ricostruzione del fatto operata dal giudice di merito: in quest’ultimo caso, il giudice di legittimita’ ha il potere di verificare la correttezza di tale ricostruzione soltanto attraverso il controllo dell’esattezza e della congruita’ della motivazione del provvedimento impugnato, non avendo acceso diretto agli atti processuali che non puo’ esaminare.

Orbene, va considerato che: il D.M. n. 585 del 1994, art. 6, comma 1 disciplinando la liquidazione delle spese processuali a carico del soccombente, prevede che il valore della controversia si determina con riferimento alla domanda nel momento in cui la stessa e’ proposta, tenuto conto del richiamo di cui agli artt. 10 e 14 (sicche’ non possono essere considerati a tal fine gli importi per interessi, rivalutazione monetaria e danni maturati successivamente);

il comma 2 della norma citata stabilisce che, nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, puo’ aversi riguardo al valore effettivo della controversia quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile;

secondo il cit. art. 6, comma 4 – sempre con riferimento alla liquidazione degli onorari a carico del cliente -, deve aversi riguardo al valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti. In proposito va osservato che il comma 2 detta il principio di adeguatezza e di proporzionalita’ degli onorari rispetto all’attivita’ prestata dal legale che costituisce la regola generale nella liquidazione degli onorari e che, percio’, trova applicazione anche per quanto riguarda gli onorari a carico del soccombente quando non vi sia coincidenza fra il disputatimi e il decisum (S.U. 19014/2007).

Pertanto, nel caso della liquidazione degli onorari a carico del cliente l’indagine, che di volta in volta il giudice di merito deve compiere, e’ quella di verificare l’attivita’ difensiva che il legale ha dovuto apprestare tenuto conto delle peculiarita’ del caso specifico in modo da stabilire se l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia, come nel caso in cui il legale abbia esagerato in modo assolutamente ingiustificato la misura della pretesa azionata in evidente sproporzione rispetto a quanto poi attribuito alla parte assistita, perche’ in tali casi – a prescindere dai profili di responsabilita’ ascrivibili al professionista – il compenso preteso alla stregua della relativa tariffa non puo’ essere considerato corrispettivo della prestazione espletata stante la sua obiettiva inadeguatezza rispetto alla attivita’ svolta.

Nella specie, l’ordinanza impugnata ha considerato, ai fini del valore della controversia, anche la successiva domanda proposta dall’opposto con la comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sommandone l’importo a quello di cui al ricorso per decreto: erroneamente e’ stata considerata come domanda riconvenzionale ritualmente proposta quando invece era manifestamente inammissibile. Evidentemente, il valore effettivo della controversia, in relazione al quale doveva essere commisurato l’onorario, non poteva essere determinato dal cumulo del valore delle predette domande: la proposizione della riconvenzionale formulata nel giudizio di opposizione e’ stata il frutto di una scelta operata dal difensore senza che la stessa potesse essere giustificata obiettivamente da una necessita’ tecnica, non potendo rientrare nell’ambito della discrezionalita’ spettante al difensore di apprestare i mezzi ritenuti piu’ idonei alla migliore difesa del proprio assistito.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata che, pur avendo fatto riferimento all’acconto versato dal cliente, non ne aveva poi tenuto conto in sede di liquidazione delle competenze dovute al legale, detraendolo dall’importo riconosciuto come dovuto. Il motivo e’ inammissibile.

La doglianza si risolve nella denuncia del vizio di contraddittoria motivazione in ordine all’accertamento delle somme versate dal cliente per essere il Tribunale giunto a una decisione (omessa detrazione dell’acconto) non coerente con la premessa (esistenza dell’importo versato). Orbene il ricorso straordinario per cassazione, proposto ai sensi dell’art. 111 Cost. limitato, nella disciplina previgente al D.Lgs. n. 40 del 2006, alla denuncia di eventuali violazioni di legge, cui e’ riconducibile anche l’inosservanza dell’obbligo di motivazione, la quale si configura solo allorche’ quest’ultima sia materialmente omessa, ovvero si estrinsechi in argomentazioni del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi del provvedimento impugnato o fra loro logicamente inconciliabili o obiettivamente incomprensibili, restando esclusa la legittimita’ di una verifica di un vizio di motivazione medesima in raffronto con le risultanze probatorie. Tenuto conto che nella specie non si configura l’ipotesi di provvedimento privo nel suo complesso di motivazione o con motivazione apparente, la censura e’ inammissibile ai sensi dell’art. 111 Cost..

Sono assorbiti il terzo motivo, che concerne la liquidazione delle spese del procedimento di cui alla L. n. 794 del 1942, ed il quarto motivo con cui in sostanza si indicano i criteri di determinazione e l’ammontare dei diritti di procuratore e degli onorari in base allo scaglione applicabile secondo quanto previsto dal D.M. n. 585 del 1994, posto che la relativa liquidazione spetta al giudice al quale la causa deve essere rinviata l’ordinanza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione del Tribunale di Napoli.

Il giudice di rinvio dovra’ attenersi al seguente principio di diritto : “Tenuto conto che, ai sensi del D.M. n. 585 del 1994, art. 6, comma 2 nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, puo’ aversi riguardo al valore effettivo della controversia quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile, il giudice di merito deve verificare in concreto l’attivita’ difensiva che il legale ha dovuto apprestare in relazione alle peculiarita’ del caso specifico in modo da stabilire se, alfine di determinare le competenze dovute al legale, l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia. Pertanto, qualora sia accolta l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 645 c.p.c., l’onorario dovuto al legale del creditore che aveva chiesto il decreto ingiuntivo opposto deve essere determinato tenendo conto, ai fini del valore della controversia, della domanda originaria, non potendo a tal fine operare il cumulo con la domanda successivamente proposta dall’opposto in sede di costituzione nel giudizio di opposizione”.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso dichiara inammissibile il secondo assorbiti gli altri cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione del Tribunale di Napoli.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

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