Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13223 del 31/05/2010

Cassazione civile sez. III, 31/05/2010, (ud. 07/05/2010, dep. 31/05/2010), n.13223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24521/2006 proposto da:

C.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE GORIZIA 22, presso lo studio dell’avvocato TOSCHI

CRISTIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato SACCHI Maurizia

Alessandra giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA XX SETTEMBRE 118, presso lo studio dell’avvocato PLANTADE

FRANCOISE MARIE, rappresentato e difeso dall’avvocato RECANATI

Mariano giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.M. (OMISSIS), CO.LI.

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 140/2006 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

emessa il 18/1/2006, depositata il 04/03/2006, R.G.N. 237/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato MARIANO RECANATI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 3 febbraio 1990 C.W. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Ancona, CO.Li., P.V. e F.M. chiedendo fosse accertato il proprio diritto di prelazione su un immobile in (OMISSIS), locato (dalla CO.) a essa istante per uso non abitativo, ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 38, con conseguente declaratoria del proprio diritto di riscatto di tale immobile a norma dell’art. 39 della stessa legge.

Costituitosi in giudizio esclusivamente il P. costui ha resistito alla avversa domanda, deducendone la infondatezza e chiedendo il rigetto.

Svoltasi la istruttoria del caso l’adito tribunale con sentenza 13 ottobre – 4 novembre 2004 ha rigettato la domanda attrice, trattandosi di vendita di un unico compendio immobiliare di cui faceva parte l’unità condotta in locazione dalla C..

Gravata tale pronunzia dalla soccombente C. sul rilievo che la parte del fabbricato da lei condotta in locazione bene poteva essere frazionata e tenuta separata rispetto agli altri locali, senza alcun pregiudizio per tali distinte unità, nel contraddittorio del P. che, costituitosi in giudizio ha chiesto il rigetto dell’appello avversario, nonchè della F. e della CO., rimaste contumaci, la Corte di appello di Ancona con sentenza 18 gennaio – 4 marzo 2006 ha rigettato la impugnazione con condanna dell’appellante al pagamento delle spese del grado.

Per la cassazione di tale ultima sentenza, notificata il 25 maggio 2006, ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, con atto 18 luglio 2006 e date successive, C.V..

Resiste, con controricorso, P.V..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede le altre intimate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il diritto di prelazione del conduttore – hanno affermato i giudici di secondo grado richiamandosi a consolidata giurisprudenza di questa Corte – è escluso non soltanto nel caso di vendita “in blocco” dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare formante oggetto della locazione, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale della propria identità funzionale e strutturale.

Nel caso in esame l’unitarietà del complesso immobiliare oggetto della compravendita – hanno precisato quei giudici – risulta sia dal collegamento tra le varie parti adiacenti (assicurato per quanto riguarda quella oggetto della locazione tramite una porta successivamente murata) che sono situate su un unico piano, sia dall’asservimento reciproco costituendo tali parti una entità dotata di propria identità ed autonomia rispetto alle singole componenti come risulta dalla consulenza tecnica d’ufficio e, significativamente, dalle planimetrie allegate alla relazione, sia dal fatto che esiste un locale (con annesso piccolo cortile) destinato a magazzino e, dunque, all’asservimento delle altre parti dell’immobile.

D’altronde – prosegue la sentenza impugnata – i contraenti hanno considerato, rappresentato e descritto l’oggetto della compravendita evidenziando il loro concreto interesse a trattarlo in modo unitario e complessivo e anche a tale indicazione deve attribuirsi particolare importanza ove si consideri che lo stesso legislatore, sia pure in un diverso ambito (cioè nella disciplina del rapporto obbligatorio soggettivamente complesso, e non in tema di atti traslativi) ma non vi è ragione per cui tale principio normativo non possa ritenersi estensibile a quello in oggetto, adotta una nozione di “indivisibilità” che si fonda anche sul modo in cui la prestazione e stata considerata dalle parti contraenti (art. 1316 c.c.) e in questo ambito non è dubbio che il locale oggetto del contratto locativo per la sua estensione ed importanza (mq 7 6) rispetto all’altra parte destinata parimenti a negozio, di limitata ampiezza (mq 15), appare avere avuto una palese valenza decisiva nella conclusione della compravendita mentre l’ampio magazzino ha un’evidente valore strumentale, in rapporto alla funzionalità dei suddetti locati che trova riscontro nell’unica destinazione della loro utilizzazione.

Dunque anche in termini di usufruibilità la porzione di fabbricato venduta – hanno ancora precisato quei giudici – assume una precisa identità e funzione ben diversa dalle singole unità che strutturalmente la compongono.

In questo ambito – hanno concluso la loro indagine i giudici di secondo grado – non rilevano in senso contrario la presunta frazionabilità della unità locata rispetto alle altre insieme alle quali è stata fatta la vendita, la diversa eventuale classificazione catastale delle varie unità, nè la circostanza che queste ultime siano prive di collegamento strutturale o funzionale Il diritto di prelazione di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 38, integrando una limitazione del potere dispositivo del proprietario locatore – hanno ancora sottolineato quei giudici – presuppone necessariamente la perfetta coincidenza tra l’immobile da vendere e quello locato e, di conseguenza, non sussiste tale diritto in relazione ad un bene più ampio oggetto di cessione da parte del proprietario costituendo tale bene un’entità diversa dalle singole unità che lo compongono con l’ulteriore conseguenza che la conduttrice non può legittimamente esercitare il riscatto sull’intero complesso immobiliare trattandosi di immobile diverso da quello (oggetto di locazione) in ordine al quale la legge riconosce il diritto medesimo.

Del tutto irrilevante, da ultimo, ai fini della presente decisione, appare la pendenza di altro giudizio riguardante la risoluzione del contratto di locazione per inadempienze del precedente conduttore e della C. trattandosi di vicenda giudiziaria esulante dal contenzioso in argomento, in considerazione della diversità delle questioni trattate e che, in ogni caso, non inficia l’astratta possibilità (peraltro non contestata da controparte) dell’esercizio del diritto di prelazione ad opera della citata conduttrice.

2. La ricorrente censura la sopra riassunta pronunzia denunziando, con un unico, complesso, motivo “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonchè, l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto fondamentale della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Si assume in particolare:

– ad avviso del ricorrente, il giudice non ha correttamente valutato tutte le prove proposte dalle parti nel corso delle istanze istruttorie, valorizzando alcuni elementi, ma non tenendo in conto, in alcun modo, dei dati contrari desumibili dalla produzione documentale di parte ricorrente e dalla stessa CTU, con la conseguenza di ravvisare nel caso de quo una vendita in blocco ed escludere il diritto di prelazione e quello di riscatto in capo al conduttore, in entrambi i gradi di giudizio;

– le unità immobiliari oggetto di compravendita non sono e non sono mai state un unicum strutturalmente indivisibile, in quanto è stato ampiamente dimostrato che dal momento dell’acquisto (1972), sino al 1980, le unità immobiliari erano perfettamente autonome, due erano accatastate come negozi, ed una era addirittura un appartamento (soltanto a partire dagli anni ’80 la CO. decise di mutarne la destinazione al fine di concedere in locazione i locali);

– dagli atti risulta anche un ulteriore importante elemento, ovvero la chiusura nel 1986, con dei mattoni forati dell’unica porta di comunicazione tra uno dei beni immobili ed il locale in locazione alla C., al quale, quindi, si può accedere esclusivamente dalla vetrina posta sulla strada.

3. Il ricorso non può trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

3.1. In tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello d’abitazione e in margine al diritto alla prelazione ed al riscatto previsti della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice è consolidata nell’affermare che i detti diritti di prelazione e riscatto non sorgono in favore del conduttore di immobile destinato a uso diverso da quello di abitazione qualora la alienazione a terzi riguardi, alternativamente, o l’intero edificio nel quale si trova l’immobile locato o una parte dello stabile medesimo costituente un complesso unitario, con individualità propria diversa da quella della singola unità locata (ed. vendita in blocco), mentre sussistono in presenza della vendita a terzi di più unità immobiliare, ancorchè, per ipotesi, nello stesso corpo di fabbrica, ma non strutturalmente omogenei nè funzionalmente coordinati (ed. vendita cumulativa) (In questo senso, ad esempio, tra le tantissime, Cass. 20 dicembre 2007, n. 26981).

3.2. Premesso quanto sopra si osserva che la giurisprudenza di questa Corte mentre, a quel che risulti, non ha mai dubitato che in caso di vendita in blocco di tutto l’edificio (cioè da cielo a terra) in cui è collocato l’immobile non destinato a abitazione il conduttore di questo non ha il diritto di prelazione e di riscatto di cui alla L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39, non era univoca in caso di vendita in blocco che riguardi una porzione dell’edificio costituente un complesso unitario, con individualità propria diversa da quella della singola unità locata.

Pur affermandosi, infatti, ripetutamente, che qualora la vendita abbia ad oggetto soltanto alcune delle unità immobiliari che fanno parte dell’unico edifico, ciascuna dotata di una propria autonomia, per stabilire se sussiste il diritto di prelazione ed il conseguente diritto di riscatto del conduttore di una o più unità comprese nella vendita e locate ad uso di attività di commercio, occorre accertare se l’oggetto della compravendita, considerato nel suo complesso, costituisca o meno un compendio immobiliare che, nello stato in cui si trova, sia dotato di una propria individualità giuridica e strutturale, oggettiva ed effettiva, diversi sono stati i criteri – indicati dalla giurisprudenza di questa Corte – cui deve attenersi il giudice al fine dell’ accertamento in questione.

3.2.1. Si è affermato, infatti, in diverse occasioni, che la vendita in blocco di più immobili, idonea a escludere il diritto di prelazione in questione – a favore del conduttore di immobile non abitativo – si verifica quando la vendita riguarda una pluralità di immobili, compreso quello locato, che in base ad elementi di natura oggettiva risultino strutturalmente e funzionalmente collegati in modo da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti, mentre si verte nell’ipotesi di mera vendita cumulativa – in relaziona alla quale spetta al conduttore il diritto di prelazione o il riscatto – quando gli immobili posti in vendita, anche se con atto unico ed a prezzo complessivo, conservino la loro individualità e formino oggetto di distinti trasferimenti sebbene occasionalmente collegati (Cass. 29 settembre 2005, n. 19152).

Deriva, da quanto precede, che al detto fine di accertare, cioè se sì è in presenza di una vendita in blocco piuttosto che a una vendita cumulativa:

– non è sufficiente che la vendita concerna tutti gli immobili di cui il locatore sia proprietario in un più ampio complesso (Cass. 20 settembre 2006, n. 20329);

– restano irrilevanti sia il vantaggio derivante al locatore dal maggior prezzo dell’alienazione congiunta ad un unico acquirente, sia il proposito di quest’ultimo di unificare i beni successivamente all’acquisto (Cass. 20 settembre 2006, n. 20329, cit.; Cass. 14 maggio 2001, n. 6641; Cass. 19 ottobre 1998, n. 10340);

– il giudice di merito deve accertare se in relazione ai beni venduti – considerati nel loro complesso – sia configurabile un unicum, cioè un complesso immobiliare che, nello stato in cui si trova al tempo della denuntiatio o, in mancanza di questa, del trasferimento, sia dotato di una propria oggettiva ed effettiva individualità strutturale e funzionale, tale da non essere oggettivamente frazionabile in distinti trasferimenti delle singole porzioni di fabbricato (Cass. 26 settembre 2005, n. 18784, analogamente, sulla necessità di una oggettiva individualità strutturale e funzionale del complesso venduto, Cass. 14 gennaio 2005, n. 682, nonchè, tra le altre, Cass. 4 febbraio 2004, n. 2069; Cass. 20 aprile 2001, n. 5913;

Cass. 21 febbraio 2001, n. 2511; Cass. 15 gennaio 2001, n. 502);

– deve accertarsi se l’oggetto del contratto sia unico, sia, cioè, un complesso immobiliare dotato di una propria individualità giuridico-strutturale, o se contenga tanti atti di disposizione per quanti sono gli immobili, sia, cioè, un atto traslativo ad oggetto plurimo, attesto che mentre nel primo caso la prelazione ed il riscatto devono essere esclusi per le stesse ragioni per le quali lo sono nella vendita in blocco (in quanto oggetto del trasferimento è un bene che ha una configurazione sua propria, che lo rende diverso dall’immobile locato), nel secondo devono essere riconosciuti, poichè realizzano le finalità dell’accorpamento aziendale perseguito dalla legge (Cass. 14 gennaio 2005, n. 682);

– è fatta salva – in ogni caso – l’ulteriore e diversa prova, a carico del conduttore, dell’intento fraudolento delle parti di eludere il suo diritto di prelazione tramite l’aggregazione surrettizia di altri beni a quello locato (Cass. 26 settembre 2005, n. 18784, cit.; Cass. 4 febbraio 2004, n. 2069, cit.).

3.2.2. A tale giurisprudenza se ne contrapponeva altra alla luce della quale le disposizioni di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, sul diritto di prelazione e di riscatto del conduttore, in caso di trasferimento a titolo oneroso del bene concesso in godimento per uso non abitativo, integrano una limitazione del potere dispositivo del proprietario-locatore, che è espressamente subordinata al presupposto dell’identità dell’immobile locato con quello venduto e che pertanto non sussiste nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero stabile o di vendita cumulativa di più unità immobiliari (tra cui l’immobile locato), sempre che risulti accertato, in concreto ed in base a fattori di carattere oggettivo, che i vari beni siano stati considerati strutturalmente e funzionalmente coordinati tra loro, sì da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti, con esclusione altresì di ogni intento fraudolento di eludere i diritti del conduttore tramite il surrettizio aggregamento di altri beni a quello locato (Cass. 1 agosto 1991, n. 8469).

Quindi, atteso che il diritto di prelazione previsto dagli artt. 38 e 39 della legge sull’equo canone a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciò non trova applicazione nell’ipotesi di vendita in blocco di più immobili, a condizione che i vari beni siano considerati strutturalmente e funzionalmente coordinati fra loro sì da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti e non si verta, invece, nell’ipotesi di mera vendita cumulativa, ancorchè con unico atto di trasferimento, di più beni funzionalmente distinti (Cass. 20 aprile 2001, n. 5913. Tra le altre, nel senso che la prelazione del conduttore non trova applicazione nell’ipotesi di vendita in blocco di più immobili semprechè i vari beni vengano considerati strutturalmente e funzionalmente coordinati fra loro sì da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti, Cass. 30 maggio 1996, n. 5009, Cass. 1 agosto 1991, n. 8469).

Si afferma, pertanto, che in caso di vendita di un complesso di beni al fine di stabilire se debba essere riconosciuto il diritto di prelazione e di riscatto del conduttore di una di tali unita comprese nella vendita, deve accertarsi se l’oggetto del contratto sia unico, sia, cioè, un complesso immobiliare dotato di una propria individualità giuridico-strutturale, o se contenga tanti atti di disposizione per quanti sono gli immobili, sia, cioè, un atto traslativo ad oggetto plurimo, atteso che mentre nel primo caso la prelazione ed il riscatto devono essere esclusi per le stesse ragioni per le quali lo sono nella vendita in blocco, in quanto oggetto del trasferimento è un bene che ha una configurazione sua propria, che lo rende diverso dall’immobile locato), nel secondo devono essere riconosciuti, poichè realizzano le finalità dell’accorpamento aziendale perseguito dalla legge (Cass. 21 maggio 1999, n. 4956).

In altri termini, alla luce di tale parzialmente diversa rispetto a quella ricordata sopra giurisprudenza, il diritto di prelazione o di riscatto in discussione, a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciò non trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale di una propria identità funzionale e strutturale (Cass. 29 ottobre 2001, n. 13420).

3.3. Precisato quanto sopra osserva la Corte che questa sezione, recentemente, superando la detta incertezza ha ritenuto che la giurisprudenza ricordata all’inizio – e che presuppone, perchè sia escluso il diritto di prelazione del conduttore, che la vendita riguardi una pluralità di immobili, compreso quello locato, che in base ad elementi di natura aggettiva risultino strutturalmente e funzionalmente collegati in modo da costituire un’entità patrimoniale diversa dalle singole componenti – non meriti conferma (così, in particolare, tra le altre, Cass. 5 dicembre 2008, n. 28816; Cass. 17 settembre 2008, n. 23747).

Infatti:

– tutte le norme che prevedono – in presenza di una cessione a titolo oneroso – ex lege il diritto di prelazione e di riscatto in favore di un terzo c.d. soggetto protetto comportano una limitazione del diritto di proprietà, costituzionalmente garantito (art. 42 Cost., comma 2), che non può esser sacrificato oltre i casi previsti normativamente (Cass. 3 febbraio 1998, n. 1090; Cass. 16 marzo 1991, n. 2830, tra le tantissime);

– è palese, per l’effetto, che dette disposizioni, in quanto apportanti speciali limitazioni al diritto di proprietà contemplano un numero chiuso di situazioni soggettive protette e, in quanto eccezionali, ai sensi dell’art. 14 preleggi, non possono trovare applicazione oltre i casi espressamente previsti (cfr. Cass. 1 aprile 2003, n. 4914);

– presupposto, fondamentale, perchè sorga il diritto di prelazione (e il correlato diritto di riscatto) di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 38 (e al successivo art. 39 della stessa legge) è che esista perfetta identità oggettiva, tra il bene venduto e quello condotto in locazione;

– tale identità, pertanto, viene meno ogni qualvolta la vendita riguarda una pluralità di immobili;

– in una tale eventualità – cessione con un unico atto o con più atti collegati ad uno stesso soggetto – di una pluralità di unità immobiliari, tra cui quella oggetto del contratto di locazione, occorre distinguere a seconda che si sia a fronte a una vendita in blocco (che esclude il sorgere, in capo al conduttore, del diritto di prelazione), o – piuttosto, a una vendita cumulativa (la quale è irrilevante al fine dell’esercizio del diritto di prelazione, limitatamente al bene oggetto del contratto di locazione);

– perchè si abbia vendita in blocco non è indispensabile che la vendita stessa riguardi un intero edificio (da cielo a terra) nel quale è compreso quello locato, ma è sufficiente che i vari beni ceduti, tra loro confinanti, costituiscano un unicum e siano venduti (o promessi in vendita) non come una pluralità di immobili, casualmente appartenenti a un unico proprietario e ceduti (o cedendi) a un soggetto diverso da colui che conduce in locazione per uso diverso da quello della abitazione uno di questi, ma come un complesso unitario e costituente un quid diverso dalla mera somma delle singole unità immobiliari;

– a tale riguardo l’indagine del giudice del merito non deve essere condotta – come affermato dalla precedente giurisprudenza di questa Corte, ricordata sopra – solo sulla base della situazione oggettiva, di fatto, esistente al momento della vendita (o della denuntiatio) sì che si ha vendita in blocco qualora i vari beni unitariamente ceduti siano dotati di una propria oggettiva ed effettiva individualità strutturale e funzionale, tale da non essere oggettivamente frazionabile in distinti trasferimenti delle singole porzioni di fabbricato;

– in realtà il giudice non può prescindere da quello che è il tenore del contratto di vendita (o del preliminare), nonchè – in considerazione delle circostanze del caso concreto di altri eventuali contratti che, seppure intervenuti tra soggetti parzialmente diversi possano dirsi collegati al primo – e sulla base di questo apprezzare se le parti hanno, o meno, considerato la vendita dei vari cespiti come la vendita – ripetasi anche, eventualmente per motivi soggettivi – di un complesso unitario non frazionabile;

– sotto tale specifico profilo si osserva, infatti, che l’art. 1316 c.c., dichiarando indivisibile la obbligazione quando la prestazione abbia per oggetto una cosa o un atto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti, ha inteso sottoporre ad una disciplina unitaria sia la obbligazione oggettivamente indivisibile, tale, cioè, in ragione dell’utilità oggettiva e della funzione economico- sociale propria della cosa o del fatto che il debitore è tenuto a prestare al creditore, sia l’obbligazione soggettivamente indivisibile, caratterizzata dall’impossibilità di frazionamento in più parti della cosa o del fatto, in dipendenza di una particolare pattuizione, esplicita o implicita, che abbia attribuito un vincolo di indissolubilità alla utilità connessa al bene oggetto della obbligazione (Cfr. Cass., 25 maggio 1983, n. 3622);

– conseguentemente, in entrambe le ipotesi, come non è concepibile la risoluzione parziale del contratto, per la impossibilità che residui l’obbligo del debitore ad una prestazione avente ad oggetto una parte del bene originario, sebbene ad essa inerisca un’utilità cui il creditore non ha più alcun interesse (Cass., 25 maggio 1983, n. 3622, cit.), analogamente deve escludersi la possibilità di un riscatto parziale L. n. 392 del 1978, ex art. 39;

– al fine di accertare se sussiste – in concreto – in dipendenza di una particolare pattuizione, esplicita o implicita, un vincolo di indissolubilità alla utilità connessa al bene oggetto della obbligazione, deve essere adeguatamente tenuta presente, altresì, sia la circostanza che l’alienante riesca a ottenere, vendendo tutti i beni di cui è proprietario nello stesso complesso un maggior corrispettivo, sia – ancora – quella che è la intenzione dell’acquirente (o del promittente acquirente) di impiegare tutti i beni acquistati per una utilizzazione che ne imponga l’accorpamento (si supponga, ad esempio, la eventualità che una pluralità di locali adibiti a distinti, autonomi, esercizi commerciali, voglia essere acquistata per la realizzazione di una grande struttura di vendita, a norma del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, art. 9);

– a tale riguardo è insostenibile quanto in alcune occasioni affermato da questa Corte regolatrice, allorchè si è affermato, da un lato, che è irrilevante, al fine di escludere il sorgere del diritto di prelazione, il maggior prezzo ottenuto (o in tesi ottenibile) dal proprietario dalla alienazione congiunta ad un unico acquirente dei vari suoi immobili, rispetto a quello inferiore conseguibile mediante una cessione frazionata al conduttore (e a terzi), dall’altro, che per accertare se si sia, o meno, a fronte a una vendita in blocco deve prescindersi dal proposito concretamente realizzabile sulla base della struttura dei beni venduti e alla luce della normativa in materia dell’acquirente di unificare i beni successivamente all’acquisto;

– per tale via infatti, infatti, a tutela dell’interesse del conduttore dell’immobile destinato a uso non abitativo, non solo si pongono dei limiti secondo una opzione del legislatore certamente conforme al dettato costituzionale, cfr., ad esempio, C. Cost. 5 maggio 1983, n. 128, nonchè C. Cost. 30 gennaio 1986, n. 22 e C. cost. 23 dicembre 1987 alla facoltà del proprietario di immobili di scegliere l’acquirente di questi – ma si lede gravemente, da una parte, il diritto di proprietà dell’alienante, realizzando una – non prevista dalla legge – espropriazione, dall’altra, la libertà di iniziativa economica garantita dall’art. 41 Cost., comma 1;

– certo quanto sopra, certo che tra due possibili letture della norma, l’interprete deve scegliere quella che si presenta più conforme al dettato costituzionale, e che – comunque – dinanzi al contrasto interpretativo, ad anche ad una aporia del sistema, prima di dubitare della legittimità costituzionale della norma, occorre perseguire l’obiettivo di un’interpretazione costituzionale della stessa (Cass. 17 gennaio 2006, n 781; Cass. 22 ottobre 2002, n. 14900; C. cost. 12 marzo 1999, n. 65) è evidente l’insostenibilità della diversa tesi sostenuta nel passato;

– quanto precede, peraltro, non esclude, una volta accertata (o comunque, invocata in giudizio) la esistenza alla luce dei principi sopra esposti che si è a fronte a una vendita in blocco, con conseguente insussistenza del diritto di prelazione (e di riscatto) in capo al conduttore di un immobile destinato a uso diverso dalla abitazione (oggetto – unitamente a altri – della vendita), che detto conduttore deduca e dimostri, con ogni mezzo, la natura fittizia dell’ operazione;

– spetta, in altri termini, al conduttore dare la prova che le parti hanno considerato i vari immobili ceduti come unità distinte, prive di qualsiasi elemento unificatore, hanno cioè inteso concludere una vendita cumulativa facendola, peraltro, apparire simulatamente come vendita in blocco al solo scopo di pregiudicare le aspettative di esso conduttore (come, ad esempio, nella eventualità il valore dei vari immobili ceduti sia identico sia nel caso gli stessi siano alienati in blocco o separatamente o la progettata futura, unitaria, destinazione dell’immobile del complesso sia impossibile, vuoi per motivi oggettivi (non essendo questa consentita dallo stato dei luoghi, o preclusa dagli strumenti urbanistici).

4. Essendosi i giudici del merito puntualmente attenuti a principi di diritto sopra esposti (è rimasta, infatti, accertata “l’unitarietà del complesso immobiliare oggetto della compravendita, la quale risulta sia dal collegamento tra le varie parti adiacenti che sono situate su un unico piano, sia dall’asservimento reciproco costituendo tali parti una entità dotata di propria identità ed autonomia rispetto alle singole componenti, come risulta dalla consulenza tecnica d’ ufficio e, significativamente, dalle planimetrie allegate alla relazione, sia dal fatto che esiste un locale – con annesso piccolo cortile – destinato a magazzino e, dunque, all’asservimento delle altre parti dell’immobile” e che “d’altronde i contraenti hanno considerato, rappresentato e descritto l’oggetto della compravendita evidenziando il loro concreto interesse a trattarlo in modo unitario e complessivo” e – infine – che “anche in termini di usufruibilità la porzione di fabbricato venduta assume una precisa identità e funzione ben diversa delle singole unità che strutturalmente la compongono”) è evidente la infondatezza del motivo di ricorso.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese anche di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010

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