Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13221 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 30/06/2020), n.13221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28104-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.F.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICOLA MINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 352/4/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Grosseto, con sentenza n. 191/15, sez. 1, rigettava il ricorso proposto da L.F.S. avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) per Irpef, Irap e Iva 2008.

Avverso detta decisione la contribuente proponeva appello, innanzi alla CTR Toscana.

Il giudice di seconde cure, con sentenza 352/2018, accoglieva l’impugnazione rilevando l’esistenza di un giudicato penale di assoluzione in relazione alla fattispecie in esame.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo.

La contribuente ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione lamenta che la sentenza penale, passata in cosa giudicata, abbia costituito l’unica fonte sulla quale la Commissione regionale ha basato la propria decisione senza valutare gli altri elementi probatori acquisiti in giudizio.

Il ricorso appare fondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che, nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perchè il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare.(ex plurimis Cass. 10578/15 – Cass. 10578/15; Cass. 8129/12; Cass. 19786/11; Cass. 5720/07).

Nel caso di specie la sentenza impugnata si è soffermata ad esaminare la fattispecie oggetto di decisione effettuando una disamina della giurisprudenza di queste Corte in relazione alla configurazione del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture ed altri documenti per operazioni inesistenti.

Alla luce di ciò ha dato atto della sentenza di assoluzione del contribuente da parte del giudice penale, ma ha al contempo osservato che nel caso sottoposto alla propria decisione non risultava che le imprese non fossero le effettive erogatrici delle prestazioni indicate nelle fatture emesse nei confronti della società contribuente la quale aveva dichiarato di avere ricevuto regolare fatturazione per i servizi ricevuti e che solo le modalità di pagamento avevano dato luogo a sospetti da parte dell’Amministrazione.

Rileva, quindi, il Collegio che risulta dal testo della sentenza, nonostante l’ambiguità della sua formulazione in ragione del richiamo alla normativa penale ed alla sentenza di assoluzione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, che il giudice civile di appello ha effettuato un proprio autonomo accertamento ed una propria valutazione della fattispecie, sia pure tenendo conto del giudicato penale di cui, alla luce della giurisprudenza di questa Corte dianzi citata, ha valutato la rilevanza nell’ambito del giudizio civile.

Il ricorso va dunque respinto.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3500,00 oltre spese forfettarie 15% ed accessori.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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