Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13216 del 31/05/2010
Cassazione civile sez. III, 31/05/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 31/05/2010), n.13216
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –
Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 20224/2006 proposto da:
C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato SANTAGATI Antonio giusta delega
a margine del ricorso;
– ricorrente –
e contro
COMPAGNIA ASSICURAZIOMF UNIPOL, M.D.O.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 106/2006 del TRIBUNALE di GELA, emessa il
23/03/2006, depositata il 15/04/2006 R.G.N. 829/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
06/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.C. conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Gela la Compagnia assicuratrice Unipol e M.D.O. chiedendo il risarcimento per i danni che asseriva di aver subito a seguito dell’incidente stradale del quale era rimasta vittima per essere stata investita dall’autovettura condotta dal convenuto.
La compagnia di assicurazione contestava la domanda.
Il Giudice adito, accogliendo la domanda condannava il M. e l’Unipol al risarcimento del danno.
Proponeva appello C.C. lamentando l’omesso risarcimento del danno morale.
Resisteva l’Unipol.
Il Tribunale di Gela, in riforma dell’impugnata sentenza del Giudice di Pace condannava gli appellati Compagnia Assicuratrice Unipol e M.D.O., in solido, al risarcimento del danno morale oltre accessori.
Proponeva ricorso per cassazione C.C..
Non svolgeva attività difensiva parte intimata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
La sentenza impugnata è stata pubblicata il 15.4.2006 e dunque dopo l’entrata in vigore dell’art. 366 bis c.p.c., inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6.
Ne consegue che, ai sensi della suddetta disposizione, essendo stata denunciata violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), l’illustrazione dei motivi stessi si sarebbe dovuta concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto.
Con i tre motivi del ricorso parte ricorrente rispettivamente denuncia: 1) “Violazione e falsa applicazione di legge e cioè dell’art. 91 c.p.c., della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, e del D.M. 22 giugno 1982, art. 4, e vizio di motivazione con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per errata e viziata motivazione relativamente alla ritenuta infondatezza del 3 motivo di appello sulla congruità delle spese e compensi del giudizio di primo grado”;
2) “Violazione e falsa applicazione di legge dell’art. 15 delle disposizioni finali delle tariffe forensi ed omessa pronunzia su un punto decisivo della controversia; 3) “Violazione e falsa applicazione degli (artt.) 90-92 c.p.c. e degli artt. 24 e 111 Cost., e vizio di motivazione con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.
Nonostante la denuncia del vizio i cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, nessuno dei suddetti motivi si conclude con la formulazione di un quesito di diritto.
I suddetti motivi sono perciò inammissibili.
In conclusione, per tale ragione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile mentre, in assenza di attività difensiva di parte intimata, nulla deve disporsi per le spese del processo di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Nulla si dispone per le spese del processo di cassazione.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2010