Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13212 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13212 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 12137-2007 proposto da:
GROSSO GIANDOMENICO GRSGDM34TO3D725G, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 56, presso lo
studio dell’avvocato FIOCCA MARA, rappresentato e
difeso dall’avvocato RUSTIGNOLI SILVIO;
– ricorrente contro

2013
792

GIACOLETTO CARLO GCLCRL44A03D725D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 135, presso lo
studio

dell’avvocato

BERRUTI

PAOLO,

che

lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Data pubblicazione: 28/05/2013

VALLOSIO DOMENICO, BIANCO PAOLO;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 433/2006 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 17/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MIGLIUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 21/03/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10 agosto 2003 il Tribunale di Torino rigettava
la domanda con la quale Giandomenico Grosso aveva chiesto la declaratoria

Giacoletto sui fondi di sua proprietà, ritenendo prova la eccepita
usucapione
Con sentenza dep. il 17 marzo 2006 la Corte di appello di Torino
rigettava l’impugnazione proposta dall’attore.
Nel confermare quanto a proposito del passaggio esercitato per
trent’anni aveva ritenuto il Tribunale sulla base delle deposizioni
testimoniali, i Giudici escludevano che i testi, fratelli del convenuto e
in passato comproprietari del fondo presunto dominante e poi oggetto di
divisione, fossero incapaci a testimoniare, atteso l’effetto retroattivo
della divisione, così come era esclusa la dedotta inattendibilità. Per
quel che riguardava la mancanza di prova del diritto di proprietà dei
fondi dominanti, la sentenza riteneva raggiunta la prova in base
all’atto di divisione, tenuto conto che nella specie non si trattava di
rivendica ma di eccezione di usucapione.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Giandomenico
Grosso sulla base di cinque motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.-

Il primo motivo deduce che il convenuto non aveva provato la

proprietà dei fondi dominanti, posto che le partt. 112 e 113 non erano

di inesistenza della servitù di passaggio vantata dal convenuto Carlo

..‘

4

,

o
\

110

menzionale nell’atto di divisione; in ogni caso le stesse sarebbero in
comproprietà con le sorelle e il fratello. Del tutto irrilevante era la
dichiarazione unilaterale di successione della madre così come i dati
catastali; in ogni caso, sarebbe stato necessario integrare il

convenuto aveva proposto una domanda riconvenzionale di usucapione.
1.2.- Il secondo motivo deduce che, per quanto riguardava la part. 491,
la quale dal rogito di divisione prodotto risultava intestata al
convenuto, tale atto – meramente dichiarativo- non aveva valore di prova
del relativo diritto, essendo privi di rilievo i dati catastali.
1.3.- Il primo e il secondo motivo – che, per la stretta connessione,
possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
In primo luogo, per quanto riguarda le partt. 112 e 113, va ricordato
che: a) nel caso di actio negatoria servitutis, la qualità di
proprietario del fondo dominante costituisce onere posto a carico
dell’attore, quale condizione dell’azione risolvendosi il difetto di
prova in rigetto della domanda per mancanza della titolarità passiva del
fondo preteso dominante;
b) in tema di giudizio diretto all’accertamento dell’usucapione, la
fattispecie del litisconsorzio necessario ricorre esclusivamente nel caso
in cui la pluralità soggettiva sia rinvenibile dal lato passivo del
rapporto, cioè tra coloro in danno dei quali la domanda è diretta, non
anche nell’ipotesi in cui essa si riscontri dal lato attivo; nella specie
in ogni caso, la sentenza ha ritenuto proposta una eccezione di
usucapione volta a paralizzare l’avversa domanda e non una domanda di
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contraddittorio nei confronti degli altri comproprietari, atteso che il

rivendicazione;
c) peraltro, relativamente all’azione di accertamento della servitù per
usucapione, la proprietà del fondo dominante, costituendo un requisito di
legittimazione e non l’oggetto della controversia, può essere provata

del bene conseguente a trascrizione di un atto di divisione, con
l’ulteriore elemento presuntivo costituito dalla essere stata rivolta
proprio nei confronti di colui il quale intende fare valere l’usucapione
la domanda di negatoria proposta dal titolare del fondo individuato come
servente
2.1.- Il terzo motivo ribadisce l’eccezione di incapacità a testimoniare
dei fratelli che, essendo

comproprietari dei beni in questione,

potrebbero essere chiamati in garanzia dal convenuto;

deduce quindi

l’inattendibilità delle deposizioni dei testi i quali, a distanza di
quaranta anni, avevano fornito riferimenti precisi, quando non era certo
elemento valutabile nel senso della loro attendibilità la circostanza
che le dichiarazioni dai medesimi rese fossero fra loro concordanti.
2.2.- Il quarto motivo ribadisce l’inattendibilità dei testi escussi,
evidenziando che era da escludersi la presenza di opere visibili e
permanenti, atteso che il consulente aveva accertato l’inesistenza di un
sentiero.
2.3. -Il terzo e il quarto motivo – che, per la stretta connessione,
possono essere esaminati congiuntamente- sono infondati.
Correttamente è stata esclusa l’incapacità a testimoniare dei testi
escussi, atteso che l’incapacità a deporre prevista dall’art 246 cod.
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anche attraverso presunzioni, quindi pure con l’intestazione catastale

proc. civ. si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse
personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso,
alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 cod. proc. civ.,
sì da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua

avendo, invece, rilevanza l’interesse di fatto a un determinato esito del
giudizio stesso – salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto
a fare nella valutazione dell’attendibilità del teste -, né un interesse,
riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in
atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro
collegamento con la materia del contendere non determini già
concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al
giudizio. Peraltro, la nullità di una testimonianza resa da persona
incapace ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., essendo posta a tutela
dell’interesse delle parti, è configurabile come una nullità relativa e,
in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della
prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157, secondo comma,
cod. proc. civ.; qualora detta eccezione venga respinta, la parte
interessata ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle
conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi la medesima,
in caso contrario, ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della
nullità stessa per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni
stato e grado del processo ( Cass. 23054/2009): nella specie, il
ricorrente non ha dedotto con il ricorso di avere ottemperato a tali
oneri.
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testimonianza, con riferimento alla materia che ivi è in discussione, non

Per quel che concerne la dedotta inattendibilità dei testi così come
l’accertamento circa la presenza di opere visibili e permanenti idonee a
fondare l’usucapione che la sentenza ha ritenuto sussistenti in base alle
prove orali e alla documentazione fotografica, va ricordato che la

sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di
altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti
di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento
della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non
incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio L,/
convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a
confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente
disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione
adottata(Cass.2/4/2/2006).

Il quinto motivo denuncia l’ingiustizia delle statuizione di condanna
alle spese processuali in conseguenza della ingiustizia della sentenza.
Il motivo è inammissibile, tenuto conto che non formula alcuna specifica
censura relativamente alla regolamentazione delle spese processuali,
della quale si chiede la riforma per effetto dell’auspicato accoglimento
del ricorso, che invece è risultato infondato.
Il ricorso va rigettato.Le spese della presente fase vanno poste a carico
del ricorrente, risultato soccombente

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valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese

200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma nella
Il Cons. estensore

camera di consiglio del 21 marzo 2013
Il Presi ente

relative alla presente fase che liquida in euro 2.700,00 di cui euro

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