Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13210 del 17/05/2021

Cassazione civile sez. I, 17/05/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 17/05/2021), n.13210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14955-2017 r.g. proposto da:

ALITALIA – LINEE AEREE ITALIANE S.p.a. in Amministrazione

Straordinaria, in persona dei Commissari Straordinari pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, L.G. Faravelli n. 22, presso lo

studio dell’avvocato Maresca Arturo, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.O.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Roma, Via Antonio Chinotto n. 1, presso lo studio

dell’avvocato Minucci Stefano, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Roma, depositato in data

8.5.2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

3/11/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

I. Il tribunale di Roma, con decreto dell’8.5.2017, previa loro riunione, ha accolto le opposizioni L. n. 347 del 2003, ex art. 4, L. n. 270 del 1999, art. 53, L.Fall., artt. 101 e 98 proposte da G.O.M. per ottenere l’ammissione in prededuzione, allo stato passivo di Alitalia -Linee Aeree Italiane s.p.a in Amministrazione Straordinaria, del credito di lavoro vantato, quale dirigente, a titolo di indennità supplementare prevista dall’accordo interconfederale del 27/04/1995.

Il Tribunale ha rilevato che erano fatti pacifici: i) il rapporto di lavoro dirigenziale intrattenuto da G. con Alitalia; ii) l’applicabilità del CCNL per i dirigenti dell’industria e dell’accordo integrativo interconfederale del 27 aprile 1995; iii) la collocazione della società in amministrazione straordinaria con decreto del 29 agosto 2008, D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, ex art. 2 (come modificato dal D.L. 28 agosto 2008, n. 134); iv) la risoluzione unilaterale del rapporto da parte del Commissario Straordinario “a seguito della chiusura dell’attività produttiva dell’azienda”; v) la soppressione del posto di lavoro quale naturale e diretta conseguenza della crisi aziendale che aveva dato origine all’ammissione di Alitalia alla procedura; ha quindi ritenuto, per ciò che in questa sede ancora interessa, che: a) l’opponente aveva assolto all’onere di provare la sua mancata ricollocazione in CAI (newco cessionaria dell’azienda di Alitalia) producendo in giudizio sia la comunicazione del licenziamento, inviatagli dal Commissario Straordinario il 5.1.2009, che non faceva menzione del suo concordato passaggio alle dipendenze della cessionaria e lasciava perciò presumere che al recesso datoriale non fosse seguita la riassunzione, sia documentazione proveniente dall’INPS dalla quale emergeva il suo successivo stato di disoccupazione; b) il credito andava collocato in prededuzione, in quanto sorto solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro, proseguito per alcuni mesi con l’A.S. in funzione della continuità aziendale, senza che potesse farsi distinzione a seconda della sua natura retributiva o indennitaria.

Alitalia – Linee Aeree Italiane in A.S. ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidato a tre motivi; G.O.M. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., art. 111 Cost., comma 6, e art. 132 c.p.c., mancanza o illogicità della motivazione del decreto, e conseguente sua nullità, lamenta che il tribunale abbia ritenuto che la prova della mancata riassunzione in CAI di G. potesse trarsi, in via meramente presuntiva, dalla lettera di licenziamento inviatagli dal Commissario Straordinario solo perchè questa non faceva menzione dell’eventuale sua concordata ricollocazione alle dipendenze dell’azienda cessionaria.

2. Il motivo è inammissibile, in quanto non investe la ratio decidendi.

Il giudice del merito, pur rilevando ad abundantiam che il tenore della comunicazione di licenziamento lasciava presumere che l’allora opponente non fosse stato riassunto in CAI, ha infatti accertato che questi aveva pienamente provato, mediante documentazione proveniente dall’INPS, il suo stato di disoccupazione successivo ed ha pertanto ritenuto “assorbite le questioni relative alla ripartizione dell’onere della prova su tale circostanza”. 2.1. Peraltro, non appare superfluo osservare che la censura in esame muove dall’errato presupposto che la mancata riassunzione del dirigente licenziato sia elemento costitutivo del diritto all’indennità supplementare e che pertanto sia onere di questi di allegare e provare la circostanza negativa.

In contrario questa Corte ha già affermato, enunciando principi ai quali il collegio intende dare continuità, che l’indennità supplementare al trattamento di fine rapporto prevista per i dirigenti d’azienda dall’accordo interconfederale del 27 aprile 1975 deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obbiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, non essendo necessario che ad esso consegua un’effettiva cesura del rapporto di lavoro e che il dirigente versi in stato di disoccupazione (Cass. n. 24355/2019) e che pertanto “il dirigente licenziato a seguito di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai fini del conseguimento dell’indennità supplementare prevista dall’art. 27 dell’Accordo interconfederale del 27 aprile 1995, è tenuto a provare che il recesso datoriale ha avuto causa concreta nella situazione di crisi aziendale, e non anche la circostanza della propria mancata riassunzione, o quanto meno del proprio stato di disoccupazione, costituendo la mancata ricollocazione materia di eccezione della procedura” (Cass. n. 17159/2020).

3. Con il secondo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 111, del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 20 nonchè dell’accordo interconfederale del 27.4.1995, la ricorrente contesta che il credito dedotto in giudizio, avente natura di penale forfettaria in relazione a specifiche ipotesi di licenziamento oggettivo e non equiparabile ad un credito retributivo maturato in pendenza di procedura, correlato alla continuazione dell’esercizio dell’impresa, sia annoverabile fra quelli prededucibili.

4. Il motivo è infondato.

4.1. La questione in esso prospettata è stata infatti già affrontata e risolta da questa Corte con la sentenza n. 29735/2018, dai cui approdi non vi è ragione di discostarsi, che ha affermato il seguente principio di diritto: “L’indennità supplementare prevista dall’Accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro nei casi di crisi aziendale” allegato al CCNL dei dirigenti aziendali, costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione L.Fall., ex art. 111, ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 347 del 2003, art. 8 conv. con mod. dalla L. n. 39 del 2004, e del D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 20 e 52, per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura, essendo la sua prosecuzione indubitabilmente funzionale alle esigenze di continuazione dell’attività di impresa”.

Nei medesimi sensi, sia pure con riguardo ad altro tipo di indennità, cfr. anche Cass. n. 582 del 1994, 2716 del 1992 e n. 4378 del 1985, secondo cui “Le indennità di anzianità spettanti ai dipendenti delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, cessati dal rapporto di lavoro successivamente al provvedimento di continuazione dell’esercizio dell’impresa, sono considerate, per l’intero importo, in applicazione del D.L. 31 luglio 1981, n. 414, art. 4 convertito in L. 2 ottobre 1981, n. 544, debiti contratti per la continuazione dell’esercizio, secondo la previsione della L.Fall., art. 111, n. 1”.

4.1. Resta assorbito il terzo mezzo di censura, che, lamentando violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att., deduce l’illogicità della motivazione del decreto impugnato sul medesimo punto.

5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.300 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA