Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13209 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13209 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 28741-2007 proposto da:
DE PASQUAL MARIO C.F.DPSMRA40M12A757W, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24,
presso lo studio dell’avvocato COSTA MICHELE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MUNARI
ANTONIO;
– ricorrente –

2013

contro

265

MESTRINARO LINO;
– intimato –

sul ricorso 31846-2007 proposto da:

Data pubblicazione: 28/05/2013

2 a,

MESTRINARO LINO C.F.MSNLNI54A13M171E, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 2, presso lo studio
dell’avvocato MERLINI MARCO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MICHIELI GIOVANNI;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

DE PASQUAL MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio
dell’avvocato COSTA MICHELE, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MUNARI ANTONIO;
– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1417/2006 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 25/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/02/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito

l’Avvocato

Costa

difensore

Michele

del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale e il rigetto dell’incidentale;
udito

l’Avv.

Micheli

Giovanni

difensore

del

controricorrente e ricorrente incidentale che ha
chiesto il rigetto del ricorso principale e
l’accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

contro

Svolgimento del processo

l) La controversia ruota intorno alla sussistenza o meno di grave
inadempimento da parte del promissario acquirente di una quota del
25% della sas Ardabeton, inadempimento costituto dal mancato

convenuta.
Il promittente venditore De Pasqual nel luglio 1991 agiva
vittoriosamente davanti al tribunale di Belluno, che dichiarava
risolto il contratto, riconoscendo il diritto del venditore a
trattenere la caparra.
La Corte di appello di Venezia con sentenza 25 settembre 2006
capovolgeva la decisione.
Rilevava che il promissario Mestrinaro aveva offerto la somma al
venditore, sia pure con ritardo di trenta giorni, tanto
personalmente che spedendo al di lui commercialista copia
dell’assegno messo a disposizione. Riteneva insussistente il
grave inadempimento denunciato e accoglieva la domanda
riconvenzionale volta alla esecuzione del contratto ex art. 2932
c.c.
De Pasqual

ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 7

novembre 2007, affidato a due articolati motivi.
Mestrinaro ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso
incidentale relativo alla mancata integrazione del contraddittorio
con Oliver Fedele, che con lo stesso contratto
vendita al Mestrinaro
Ardabeton.
n. 28741 07 D’Ascola rei i

H rL

aveva promesso in

la propria quota del 25% della sas

pagamento della 2″ rata del prezzo (1. 75 milioni), alla scadenza

De Pasqual ha resistito con controricorso. Sono state depositate
memorie.
Motivi della decisione
2) Il primo motivo lamenta insufficiente e contraddittoria
motivazione circa due fatti controversi.
offerta diretta della

somma oggetto della seconda rata e nega la persistenza
dell’interesse del promittente venditore De Pasqual all’esecuzione
del contratto, dopo il mancato rispetto del termine per il
pagamento
Nessuna delle censure merita accoglimento.
2.1)Quanto al primo profilo, la sentenza della Corte si impernia
su più circostanze, costituite dalla testimonianza diretta del
teste Budri, secondo il quale in un incontro tra le parti il De
Pasqual rifiutò il pagamento, sulla conferma data da altro teste
de

relato,

che

aveva appreso la circostanza, nell’immediatezza,

dal Mestrinaro e dalla valutazione della lettera successivamente
inviata dal promittente venditore, lettera che non dimostrava di
attribuire gravità al preteso inadempimento.
Trattasi di motivazione accuratamente argomentata e logicamente
plausibile, che non è scalfita da alcun argomento decisivo, come è
necessario allorchè si denuncia un vizio di motivazione.
Di sicuro non si può attribuire siffatta portata alla deduzione
secondo cui non vi sarebbe prova di una offerta

brevi manu

dell’assegno, perché il teste Budri, per quanto verbalizzato, ha
parlato “solo” di rifiuto dell’assegno.
n. 28741-07 D’Ascola rei

4

Parte ricorrente contesta che vi sia stata

E’ palese che il senso inquivoco della testimonianza esprimeva
la conferma della dichiarata volontà di una parte di adempiere e
dell’altra di rifiutare l’adempimento, sicchè la visione fisica
dell’assegno da utilizzare è talmente irrilevante da configurare
quasi come temeraria la tesi esposta.
dalla deposizione non risulterebbe

dove e quando avvenne il rifiuto. Tali osservazioni, che attengono
alla attendibilità del teste e a chiarimenti sulle circostanze
dichiarate, dovevano trovare sfogo tempestivo in sede di
audizione, al sensi degli artt. 252 e 253 c.p.c., restando
altrimenti vaghe illazioni, di per sé prive di rilievo al fini
della denuncia del vizio di motivazione in sede di legittimità.
2.2)Analogamente è privo di pregio il secondo profilo del motivo,
che attiene al permanere dell’interesse del promittente venditore
De Pasqual all’esecuzione del contratto.
Anche in questo caso il ricorso si avventura in una rilettura dei
fatti di causa – e in particolare dello scambio epistolare tra le
parti – che invano sollecita alla Corte di legittimità un riesame
del merito dei fatti di causa, che è preclusa alla Corte in caso
di motivazione congrua e logica.
Tale è l’apprezzamento dei fatti reso meditatamente dai giudici di
appello, i quali hanno rilevato come le proposte di risoluzione
consensuale del contratto provenienti dal De Pasquale, con offerta
di oneroso riacquisto della quota societaria, contraddicessero la
pretesa rilevanza dell’asserito inadempimento.

n. 28741- 07 D’Ascola rep

5

Né ha valore il rilievo che

E’ ovvio che tra le parti era insorto un contrasto e che la
proposta di riacquisto costituisse una soluzione definitiva, ma
ciò non toglie che essa fosse compatibile con il permanere, in
caso di rifiuto della nuova proposta, con la consapevolezza del
permanere del vincolo di cui al preliminare; in caso contrario il

alternativa: più logicamente avrebbe denunciato con chiarezza
l’inadempimento.
La valutazione complessiva di tale condotta è stata quindi logica
e congrua e resta insindacabile in questa sede.
3) Il secondo motivo denuncia

violazione e falsa applicazione

degli artt.1457 e 1455 cc
Il quesito conclusivo mira ad affermare che “la sola non
essenzialità del termine previsto per l’adempimento” non esclude
che possa essere grave l’inadempimento.
La questione posta non risulta rilevante né decisiva.
La sentenza di appello ha motivatamente qualificato lieve – e
comunque inidoneo a causare la risoluzione del contratto – un
ritardo di trenta giorni (da fine aprile a fine maggio 1991)
nell’offerta dell’adempimento.
Lo ha fatto non solo sulla base della mancanza di pattuizione
della essenzialità del termine, che certo ha la sua pregnante
rilevanza, ma sulla scorta di una valutazione complessiva delle
circostanze contrattuali, tra le quali è stato evidenziato il
comportamento successivo alla stipula da parte del De Pasqual.

n. 28741- 07 D’Ascola relp?2,

6

De Pasqual difficilmente avrebbe battuto una onerosa via

Dunque ancora una volta ci si trova di fronte a una valutazione
di merito non scalfita
3.1)Va respinto anche il secondo profilo di questo motivo di
ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
1206, 1212, 1214, 1182 , 1119, 1220, 1188 c.c.

circolare non trasferibile (di importo superiore, all’epoca, a
venti milioni di lire) sia idonea a mettere in mora il creditore,
o a interrompere la mora del debitore o a far ritenere
ingiustificato il rifiuto del creditore di ritirare l’assegno. Si
evidenzia che l’assegno recava l’intero importo capitale, ma non
gli interessi nel frattempo maturati e che il tentativo di
consegna era stato seguito da invio di copia del medesimo assegno
a soggetto terzo con la conferma di volerlo lasciare a disposeione
del creditore.
3.2)La censura è posta anche sotto il profilo del vizio di
motivazione.
E’ infondata da ogni punto di vista.
Va premesso che non risulta dedotto, come necessario in sede di
legittimità quando si sollevi questione giuridica che non è
trattata dalla sentenza impugnata, che la questione del mancato
pagamento degli interessi fosse stata oggetto di argomentazione
difensiva in sede di merito.
La rilevanza degli interessi era comunque stata considerata
implicitamente nel comparare i due inadempimenti,

proprio

considerando il mese di ritardo nel pagamento offerto. Essa assume
n. 28741-07 D’Ascola rei

7

Con esso si vuol negare che l’offerta brevi manu di assegno

peso solo in relazione alla valutazione di merito censurata ex
art. 360 n. 5 cpc.
Quanto all’idoneità ex art. 1220 c.c. dell’offerta di assegno
circolare – la prova dell’offerta materiale è stata data in causa
e la censura relativa è stata qui respinta – non v’è dubbio alcuno

18240/02) che sussista tale idoneità e che sia contrario al dovere
di correttezza il rifiuto del creditore, senza plausibili motivi,
di accettare assegni circolari in luogo di somme di denaro al cui
pagamento sia tenuto il debitore.
Il denunciato vizio di motivazione non sussiste, perché esso muove
dal presupposto che sia dubbia l’offerta fisica dell’assegno,
risultata invece provata.
Lo scarso peso attribuito alla mancanza degli inetressi, neppure
indicata in corso dei rapporti negoziali quale espresso motivo di
rifiuto dell’assegno e dunque da considerare quale mero espediente
individuato in corso di causa, è palese che non vale a inficiare
la valutazione di merito sulla comparazione dei due inadempimenti,
che ha respiro globale adeguatamente motivato.
Il ricorso principale va quindi rigettato.
4)Stessa

sorte

merita

il

ricorso

incidentale,

giacchè

infondatamente il Mestrinaro denuncia violazione dell’art. 102 cpc
per mancata integrazione del contraddittorio con l’altro venditore
di quota societaria e dubita della configurabilità della
risoluzione parziale della pattuizione che era stata fatta
contemporaneamente da parte dei due soci cedenti.
n. 28741- 07 D’Ascola rei

/Lì

8

secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 26617/07;

Il motivo non riesce a individuare alcun profilo di illegittimità
ex art. 102 e ne è riprova la generica formulazione del quesito,
da ritenere inammissibile.
La Corte di appello ha, con insindacabile apprezzamento di merito,
stabilito la insussistenza di un legame negoziale inscindibile

non è censurata con profili diversi da quelli di opportunità.
Il fatto che si trattasse di vendita coordinata, finalizzata negli
intenti delle parti all’acquisto della quota di entrambi
promittenti venditori non vale infatti a dimostrare che l’una
vendita fosse condizionata all’altra al punto da subordinare la
validità dell’una all’esito dell’altra.
Se le parti avessero inteso porre un simile vincolo avrebbero
dovuto enunciarlo.
A poco vale evidenziare quindi i disagi gestionali derivanti dal
diverso esito delle due vendite parallele.
In mancanza di esplicito vincolo, le motivazioni esposte in senso
contrario a quello esposto in ricorso sono incensurabili, perché
disattendono plausibilmente le argomentazioni che valorizzano la
tesi qui riproposta.
Dal rigetto di entrambi i ricorsi, qui riuniti, discende la
compensazione delle spese di lite.
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta,Spese compensate.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile tenuta il 6 febbraio 2013
n. 28741- 07 D’Ascola rei

9

nella vendita delle due quote. La tesi è adeguatamente motivata e

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