Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13206 del 28/05/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13206 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso 2875-2010 proposto da:
CE.DI.SA .

CENTRO

DIAGNOSTICO

SALERNITANO

S.P.A.

00643870652, LA QUIETE S.R.L. 00565660651, LE.CA.GLO.
CALABRESE IMMOBILIARE S.R.L. 01912830658 in proprio e
quale incorporante della società PLINIO IMMOBILIARE
S.R.L., tutte in persona dell’Amministratore Unico
Avv. LEONARDO CALABRESE, CALABRESE LEONARDO
CLBLRD34R21L134E in proprio, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA VALADIER 39, presso lo studio
dell’avvocato SABIA VINCENZO, che li rappresenta e
difende giusta procura speciale del Dott. Notaio

1

Data pubblicazione: 28/05/2013

GIUSEPPE MONICA in SALERNO 16/10/2012, REP. n. 53559,
CITY CENTER S.P.A.

00658610654

in persona del

Presidente del C.d.A. dott. ENRICO SERRATI, C.T.M.
S.R.L.

02256840659 in persona dell’Amministratore

Unico Avv. LEONARDO CALABRESE, C.EDI.ME. S.P.A.
00717850655 in persona dell’Amministratore Unico Avv.
LEONARDO CALABRESE, elettivamente domiciliate in ROMA,
PIAZZA VENEZIA 11 presso lo studio dell’avvocato
NICOLA PENNELLA (ASSONIME), rappresentate e difese
dall’avvocato PERRONE PAOLO giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

SOCIETA’

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE

SOCIETA’

COOPERATIVA 00320160237, in persona del suo legale
rappresentante pro tempore Dott. ANTONELLO CATTANI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMANUELE
GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato SCIUTO
FILIPPO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato SCOFONE CARLO giusta delega in atti;
RICCO MASSIMO RCCMSM62T19H394G, tornato in bonis a
seguito della revoca del proprio fallimento del quale
era curatore fallimentare la D.ssa SAVASTANO AMELIA,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE N.
6551, presso lo studio dell’avvocato BULDO ELISABETTA
(STUDIO LEGALE RUO), rappresentato e difeso dagli
avvocati ROMANELLI GIUSEPPE, D’ANIELLO MARIA VALERIA

.

giusta delega in atti;
– contrari correnti –

avverso la sentenza n. 382/2009 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 03/04/2009, R.G.N. 540/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato VINCENZO SABIA;
udito l’Avvocato ELISABETTA DURANTE per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto;

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udienza del 11/04/2013 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con un primo atto notificato il 27 ottobre 1993 la s.r.l.
La Quiete, la s.p.a. CE.DI.SA ., la s.r.l. C.T.M., la s.p.a. City
Center e l’avv. Leonardo Calabrese citavano in giudizio, davanti
al Tribunale di Salerno, la società Cattolica di assicurazione e

efficacia, nei confronti della società convenuta, di dodici
polizze assicurative e dei relativi premi corrisposti, con
condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.
Sostenevano gli attori, in proposito, che Massimo Ricco,
agente generale per Salerno della società Cattolica di
assicurazione, aveva convinto, tra la fine del 1991 e l’inizio
del 1992, l’avv. Calabrese a trasferire presso la sua agenzia il
portafoglio di polizze stipulate con altre compagnie e che, a
seguito del trasferimento, erano stati stipulati dagli attori
contratti di assicurazione con l’agenzia di Salerno per circa
due miliardi di lire; da una successiva ispezione amministrativa
dell’agenzia, però, era emerso che dodici polizze assicurative
non erano state contabilizzate nei relativi registri, tanto che
la società Cattolica aveva respinto ogni obbligazione connessa
alle medesime.
Nel giudizio si costituivano Massimo Ricco e la società
Cattolica di assicurazione, la quale rilevava di non aver
concesso i poteri di stipula delle polizze e che, comunque, non
poteva essere invocato il principio di buona fede, essendo
Carmine Calabrese, figlio di Leonardo, socio del Ricco.

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Massimo Ricco per sentire accertare e dichiarare la validità ed

NilL

Con un secondo atto notificato il 23 febbraio 1994 la s.r.l.
La Quiete, la s.p.a. CE.DI.SA ., la s.r.l. C.T.M., la s.r.l.
Le.Ca.Glo., la s.p.a. CE.DI.ME. e la s.r.l. Plinio immobiliare
citavano a giudizio, davanti al medesimo Tribunale, la società
Cattolica di assicurazione, chiedendo accertarsi l’insussistenza

relativi ad altre quaranta polizze assicurative.
Rilevavano che, con lettera raccomandata del 22 novembre
1993, esse avevano comunicato alla convenuta di aver provveduto
a stipulare nuove polizze con altre compagnie, al fine di
evitare la scopertura dei rischi; ciò nonostante, la società
Cattolica aveva inviato alla CE.DI.SA quattro diffide di
pagamento relative alle polizze nn. 3417, 3418, 2417 e 1478,
sicché sussisteva il loro interesse all’accertamento negativo
del diritto preteso dalla controparte.
Il Tribunale di Salerno, dopo aver proceduto alla riunione
dei due giudizi, accoglieva in parte la domanda avanzata nel
primo, dichiarando la validità della sola polizza n. 2403;
accoglieva, in parte, la domanda avanzata nel secondo giudizio,
dichiarando non dovute le somme richieste dalla società
Cattolica a titolo di premi per le polizze nn. 3417, 3418, 2417
e 1478, e compensava integralmente tra le parti le spese di
giudizio.
2. Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello
principale la s.r.l. La Quiete, la s.p.a. CE.DI.SA ., la s.r.l.
C.T.M., la s.p.a. City Center, la s.r.l. Le.Ca.Glo (in proprio e

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del diritto della convenuta a ricevere il pagamento dei premi

quale incorporante la s.r.l. Plinio immobiliare), la s.p.a.
CE.DI.ME. e l’avv. Leonardo Calabrese.
Si costituiva in giudizio il curatore del fallimento di
Massimo Ricco (dichiarato con sentenza del Tribunale di Salerno
del 2003).

aver chiesto la sospensione del giudizio in attesa della
definizione del processo penale che vedeva imputati, fra gli
altri, Leonardo e Carmine Calabrese, proponeva appello
incidentale nel quale, con riferimento al secondo giudizio,
assumeva di non aver mai contestato le quaranta polizze
aggiungendo che, comunque, il recesso comunicato con la lettera
raccomandata del 22 novembre 1993 poteva avere effetto soltanto
dopo la scadenza delle polizze, sicché il pagamento dei premi
era dovuto fino a quella data. Impugnava, poi, il capo della
prima sentenza con cui era stata riconosciuta la validità della
polizza n. 2403.
Con sentenza depositata il 3 aprile 2009 la Corte d’appello
di Salerno così provvedeva: dichiarava inammissibili alcune
domande risarcitorie proposte dagli appellanti principali;
rigettava l’appello principale; accoglieva l’appello incidentale
e, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rigettava
anche la domanda di accertamento di validità della polizza n.
2403, dichiarando altresì non dovuti i premi relativi alle
quaranta polizze del secondo giudizio «a partire dalla data di
naturale scadenza di ciascun contratto, successiva alla disdetta

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La società Cattolica di assicurazione si costituiva e, dopo

inviata in data 22 novembre 1993»; confermava, nel resto,
l’impugnata sentenza e condannava gli appellanti principali al
pagamento delle spese del grado.
Osservava la Corte territoriale che doveva essere dichiarata
inammissibile, siccome nuova, la domanda di risarcimento del

dei premi di assicurazione asseritamente corrisposti; ciò in
quanto la domanda avanzata nel primo giudizio aveva ad oggetto
la declaratoria di validità ed efficacia di dodici polizze
assicurative, per cui nessun danno poteva derivare dal
versamento dei premi, da ritenere «valido e doveroso
corrispettivo di valide coperture di rischi», sicché chiedere
come risarcimento l’ammontare dei premi versati risultava essere
una domanda fondata su diversa causa petendi.
Allo stesso modo, doveva ritenersi inammissibile la domanda
di accertamento della responsabilità di Massimo Ricco per la
mancata efficacia delle medesime polizze, non essendo stata tale
inefficacia neppure ipotizzata in primo grado.
Quanto al merito delle domande reputate ammissibili, la Corte
salernitana osservava che la documentazione prodotta dalle parti
appellanti principali nel primo dei due giudizi era del tutto
insufficiente, in quanto costituita da fotocopie, contestate
dalle controparti ed incomplete; per cui, «prima ancora di
discutere

dell’efficacia

di

tali

pretesi

contratti

di

assicurazione nei confronti della società Cattolica», doveva
«prendersi atto che non è dato verificarne la stessa validità,

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danno, proposta solo con l’atto di appello, pari all’ammontare

mancando i necessari elementi di valutazione»; il che comportava
il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento di quello
incidentale in riferimento all’unica polizza della quale il
Tribunale aveva dichiarato la validità.
Quanto, invece, al secondo giudizio, la Corte d’appello

appellanti non avevano esercitato alcun recesso, bensì si erano
limitati a dare disdetta dei contratti, così impedendone il
tacito rinnovo alla naturale scadenza; sicché l’obbligo di
pagamento dei premi poteva considerarsi cessato soltanto «alla
scadenza di ciascuno dei contratti dedotti in giudizio, e non
prima».
3. Avverso la sentenza d’appello propongono ricorso per
cassazione la s.r.l. La Quiete, la s.p.a. CE.DI.SA ., la s.r.l.
C.T.M., la s.p.a. City Center, la s.r.l. Le.Ca.Glo (in proprio e
quale incorporante la s.r.l. Plinio immobiliare), la s.p.a.
CE.DI.ME. e l’avv. Leonardo Calabrese, con atto affidato a tre
motivi.
Resistono con separati controricorsi la società cooperativa
Cattolica di assicurazione e Massimo Ricco.
All’udienza del 24 ottobre 2012, originariamente fissata, il
difensore dei ricorrenti ha chiesto un breve differimento,
sicché la trattazione del ricorso è stata rinviata alla
successiva udienza dell’il aprile 2013.
Le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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notava che con le lettere datate 22 novembre 1993 gli odierni

1.1.

Con

il

primo

motivo

di

ricorso

si

lamenta

contraddittorietà della motivazione in ordine alla declaratoria
di inammissibilità delle domande risarcitorie proposte.
Osservano i ricorrenti che dalla lettura della comparsa
conclusionale del giudizio di primo grado risulta testualmente,

efficacia delle dodici polizze in questione, anche la richiesta
di condanna delle parti convenute al risarcimento del danno «in
misura pari all’ammontare dei premi pagati»; sicché è evidente
che la domanda in questione non può ritenersi nuova.
Analogamente, la richiesta di risarcimento danni nei confronti
di Massimo Ricco era stata avanzata già nell’atto di citazione
del giudizio di primo grado.
1.2. Il motivo non è fondato.
Anche volendo prescindere dal rilievo formale per cui le
parti ricorrenti pongono in termini di vizio di motivazione una
censura che dovrebbe essere formulata come violazione di legge o
come error in procedendo,

resta il dato insuperabile per cui la

motivazione della Corte d’appello resiste comunque alla critica
avanzata col motivo in esame.
La sentenza impugnata, infatti, con motivazione correttamente
argomentata e priva di contraddizioni, ha ricordato che nel
primo dei due giudizi poi riuniti l’oggetto della domanda era
costituito dalla dichiarazione di piena validità ed efficacia
delle dodici polizze assicurative richiamate nell’atto di
citazione. Rispetto a questa domanda, è evidente che quella di

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oltre alla richiesta di dichiarare la piena validità ed

risarcimento del danno pari all’ammontare dei premi corrisposti,
così come quella finalizzata all’accertamento della
responsabilità del Ricco per la mancata efficacia delle polizze
medesime, non poteva che essere nuova, in quanto intrinsecamente
contraddittoria rispetto all’oggetto del giudizio. Non è

validità delle polizze e, nello stesso tempo, chiedere anche il
risarcimento consistente nella restituzione di quanto pagato a
quel titolo, perché la restituzione presuppone il carattere
indebito del versamento. Correttamente, quindi,
d’appello è pervenuta alla conclusione per cui

la Corte
nella

prospettazione contenuta nell’atto di citazione – il versamento
dei premi di assicurazione era da ritenere «valido e doveroso
corrispettivo di valide coperture di rischi», con conseguente
novità della domanda risarcitoria (restitutoria). Né a diversa
conclusione può giungersi in relazione alla domanda avanzata
contro il Ricco; anche volendo ammettere – come si sostiene in
ricorso che essa sia stata formulata fin dall’atto di
citazione, poiché la domanda era di accertamento di validità
delle polizze, il risarcimento del danno nei confronti del Ricco
doveva fondarsi sul presupposto della legittimità dei
versamenti, sicché l’eventuale responsabilità del convenuto non
poteva che conseguire al mancato riconoscimento dell’efficacia e
non alla natura indebita del versamento.

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possibile, in altre parole, chiedere il riconoscimento di

Correttamente, dunque, la Corte salernitana è pervenuta alla
conclusione della novità delle domande in questione, delle quali
ha dichiarato la conseguente inammissibilità.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.,

della prova e di non contestazione.
Si osserva che nel caso di specie le controparti non hanno
mai contestato che le polizze assicurative in esame fossero
state effettivamente stipulate tra i ricorrenti e l’agenzia di
Salerno di cui era agente Massimo Ricco. Ciò che era in
contestazione, semmai, era la validità ed opponibilità delle
polizze nei confronti della società Cattolica di assicurazione,
ma non la loro esistenza.
Pertanto, il giudice di appello avrebbe dovuto decidere
considerando un fatto acquisito l’avvenuta stipulazione delle
dodici polizze in contestazione.
2.2. Il motivo non è fondato.
Il principio di non contestazione costituisce, ormai, un
pacifico approdo della giurisprudenza di questa Corte; tuttavia,
esso non può essere applicato al caso di specie.
La Corte di merito, infatti, con una valutazione dei fatti
sorretta da motivazione logica e priva di contraddizioni – e, in
quanto tale, non censurabile in questa sede – è pervenuta alla
conclusione secondo cui le odierne parti ricorrenti non avevano
assolto al loro fondamentale onere probatorio, avendo prodotto

11

dell’art. 115 cod. proc. civ. e dei principi di disponibilità

in atti soltanto fotocopie incomplete delle polizze in
contestazione, alcune delle quali anche prive di sottoscrizione,
sicché non era possibile neppure verificarne la validità. Tale
valutazione assume carattere preliminare rispetto
all’applicazione del principio di non contestazione, perché

in quanto sia pacifica l’esistenza dello stesso da un punto di
vista giuridico; pertanto, mancando nella specie detto requisito
“minimo”, non ha senso invocare in questa sede il suddetto
principio.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta omessa
motivazione in ordine alla qualificazione come disdetta del
recesso operato dalle ricorrenti.
Rilevano i ricorrenti, al riguardo, che tale questione è
stata liquidata «in poche righe» dal giudice di secondo grado,
sicché non è dato comprendere come la Corte d’appello sia giunta
alla conclusione per cui il recesso non sarebbe stato
effettivamente esercitato.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Anche

volendo

prescindere,

infatti,

dalla

mancata

formulazione del necessario momento di sintesi, analogo al
quesito di diritto, che la censura di vizio di motivazione deve
contenere – trattandosi di ricorso soggetto,

ratione temporis,

al regime dell’art. 366-bis cod. proc. civ. – il motivo in esame
è del tutto generico, né tiene conto della motivazione della
Corte d’appello. La sentenza impugnata, invece, ha dato conto

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intanto si può discutere di “non contestazione” di un documento

con adeguata motivazione delle ragioni per le quali non poteva
considerarsi esercitato alcun diritto di recesso, bensì soltanto
il diritto di disdetta alla naturale scadenza in modo da
impedire il tacito rinnovo; con la conseguenza che
l’accoglimento del motivo dovrebbe necessariamente presupporre

attività preclusa a questa Corte.
4. In conclusione, il ricorso è rigettato.
In considerazione dei diversi esiti dei giudizi di merito e
della particolarità della vicenda, connotata anche da risvolti
di natura penale, si ritiene di dover compensare integralmente
le spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese
del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, 1’11 aprile 2013.

una nuova valutazione del materiale probatorio esistente,

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