Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13203 del 16/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 16/06/2011), n.13203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

PATUR APPALTI SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona del

liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ATTILIO

FRIGGERI 18, presso lo studio dell’avvocato BONACCIO GIOVANNI, che la

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A. (OMISSIS), P.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A. FUSCO

21, presso lo studio dell’avvocato ADELE PEZONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato BRINDISI Vittorio;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

G.N. (OMISSIS);

– intimati –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2003/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

8/04/10, depositata il 27/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. La s.r.l. Patur Appalti ha proposto ricorso per cassazione contro G.N., P.A. e P.L. avverso la sentenza del 27 maggio 2010, con la quale la Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello principale di essa ricorrente ha annullato per ultrapetizione una statuizione resa a favore della G. dalla sentenza di primo grado inter partes del Tribunale di Napoli, rigettando per il resto l’appello, ha rigettato l’appello incidentale di L. ed P.A., ha compensato le spese del doppio grado nel rapporto fra l’appellante principale e la G. per un terzo, ha condannato alle spese del grado gli appellanti incidentali in favore dell’appellante principale.

Al ricorso hanno resistito con congiunto controricorso i P..

2. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, la quale è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. sono state esposte le seguenti testuali considerazioni:

“… 3. – Il ricorso appare presentare due gradate ragioni di inammissibilità, la cui esistenza rende superfluo il controllo della ritualità della instaurazione del contraddittorio nei confronti della G., riguardo alla quale il procuratore della fase di merito ha indirizzato al Presidente Titolare della Terza Sezione Civile missiva, nella quale si documenta il decesso della medesima il (OMISSIS), cioè in data antecedente alla notificazione del ricorso, che sarebbe avvenuta il 15 giugno 2010. Allo stato, ferma l’irrilevanza della missiva, del tutto irrituale, non essendo possibile la verifica della regolare instaurazione del contraddittorio ma configurandosi le due cause di inammissibilità di cui si dirà di seguito, la loro esistenza rende irrilevante la relativa questione, atteso che dall’esito – in questa sede ipotizzato – della trattazione del ricorso, la stessa G. o (ma lo si nota in via del tutto ipotetica ed astratta) eventualmente i suoi eredi se veramente fosse deceduta non potrebbero ricevere pregiudizio (e ciò nemmeno nell’eventuale facoltà di impugnare la sentenza ove il termine per farlo nei confronti della G. o degli eredi non fosse ancora decorso).

4. – Ciò premesso, la prima causa di inammissibilità che sembra presentare il ricorso è la mancanza del requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa.

Invero, la struttura del ricorso, nella parte in cui dovrebbe assolvere all’onere di esposizione de quo si articola dalla pagina due alla pagina venti nel modo seguente:

a) dalla pagina due alla tre, sotto la rubrica “breve excursus sui due ricorsi per sequestro proposti dalla società Finpatur s.p.a.

(ora Patur Appalti s.r.l.) e successivi giudizi di merito”, si fa riferimento a due ricorsi, uno del dicembre del 1991 al Presidente del Tribunale (di Napoli?) per sequestro giudiziario di un assegno che si dice “sopra descritto”, ma senza che antecedentemente la descrizione risulti, e di un’ulteriore istanza di sequestro rivolta al Pretore di Napoli nel febbraio 1992, si enuncia che i ricorsi vennero accolti senza dire contro chi e quali fossero le ragioni poste a fondamento delle relative istanze, si riferisce che vennero instaurati due separati giudizi di merito nuovamente senza identificare i termini oggettivi e soggettivi del chiesto, ma solo le (generiche) conclusioni;

b) dalla metà della pagina tre alla pagina cinque: b1) si enunciano, invece, sommariamente i termini delle controversie di merito instaurate dalla Finpatur, dai quali si apprende che in relazione ad una vendita da essa fatta all’ENPAS di un complesso immobiliare, la G., nella qualità di mediatrice dell’affare, aveva ricevuto un assegno bancario senza luogo e data di emissione, con l’intesa che avrebbe dovuto metterlo all’incasso solo all’esito di un collaudo da parte dell’ENPAS, mentre invece l’assegno era stato messo all’incasso sena che il collaudo fosse avvenuto, e che la Finpatur aveva fatto valere tale circostanza e che la G. non aveva diritto al compenso per non essere iscritta all’albo di cui alla L. n. 39 del 1989; b2) si riferisce che la G. si difese adducendo che la sua attività era stata di mandataria; b3) si dice genericamente che nel processo intervenne P.D. assumendo di avere diritto nei confronti della Finpatur e della mandataria G. al 50% del compenso pattuito da corrispondersi o già corrisposto alla G., nonchè “quale autonoma domanda …. ad “incassare e/o percepire” l’importo di cui all’assegno;

c) nella pagina cinque si riporta il dispositivo della sentenza di primo grado;

d) la pagina sei è dedicata alla “indicazione delle questioni esaminate dal Tribunale in primo grado”;

e) dalla pagina sette all’inizio della pagina diciotto si riportano testualmente (con carattere più piccolo rispetto a quello delle pagine precedenti, che di media constano di trentatre righe), con la giustificazione di voler assolvere al principio di autosufficienza, i motivi dell’appello, cioè in pratica il suo contenuto;

f) successivamente fino alla metà della pagina venti si riporta testualmente (sempre col carattere più piccolo) la motivazione della sentenza d’appello.

4.1. – Una simile tecnica espositiva non assolve all’onere di esprimere nel ricorso l’esposizione sommaria dei fatti causa, in quanto attraverso la combinazione, da un lato, della genericità delle indicazioni fornite in ordine alla vicenda sostanziale ed allo steso tenore delle domande introduttive delle fasi cautelari e dei due giudizi di merito, nonchè dell’altrettale genericità dell’indicazione sulle difese della G. e dell’intervenuto, dall’altro della integrale riproduzione dei motivi di appello e della motivazione della sentenza impugnata, si sostanzia in una esposizione che, per un verso, non è “sommaria”, nel senso che non consente agevolmente alla Corte di percepire il fatto sostanziale e processuale, ma vorrebbe che esso fosse desunto sostanzialmente dalla lettura dei motivi di appello e della motivazione della sentenza impugnata, sempre che l’una e l’altro siano idonee ad individuarlo.

In sostanza, il requisito della esposizione sommaria nella specie non si coglie nel ricorso come un elemento di esso, ma dovrebbe del tutto inammissibilmente e sempre che le dette letture consentano di individuarlo, estrapolarsi dalla Corte attraverso la lettura di due interi atti del processo di merito. Il che contraddice l’esigenza che il detto requisito si connoti come requisito di contenuto – forma del ricorso per cassazione di immediata percepibilità da parte della Corte, specie in tempi come quelli attuali, nei quali la Corte riceve un numero di ricorsi assolutamente spropositato rispetto anche a soltanto quindici anni orsono.

Al riguardo la giurisprudenza della Corte ha da tempo accolto tale criterio di individuazione della dimensione che deve assumere il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la quale esclude che l’onere della sua individuazione possa avvenire tramite riproduzione integrale di atti del giudizio di merito (si vedano: Cass. sez. un. n. 16628 del 2009, secondo cui: ®La prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante “spillatura” al ricorso, l’intero ricorso di primo grado ed il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura.”; in senso conforme: Cass. sez. un. n. 15180 del 2010; si veda anche Cassa, sez. un. n. 19255 del 2010; adde: Cas. (ord.) n. 20393 del 2009; (ord.) n. 15631 del 2010).

4.2. – La seconda causa di inammissibilità discende dall’inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, che, come più volte la giurisprudenza della Corte ha rilevato, costituisce il precipitato normativo del ed. principio di autosufficienza: si rileva, al riguardo, che i motivi di ricorso fanno riferimento ad atti processuali ed a documenti dei quali o non forniscono la riproduzione (particolarmente quanto alle scrittura private dei 9 luglio 1989 e del 26 luglio 1989 ed alle prove cui si fa riferimento nel nono motivo) o non indicano la sede in cui sarebbero esaminabili, ove prodotti, in questo giudizio di legittimità. La giurisprudenza che viene in rilievo, ex multis, è la seguente: Cass. sez. un. n. 28547 del 2008; Cass. sez. un. n. 7161 del 2010; Cass. (ord.) n. 22303 del 2008; Cass. n. 4201 del 2010).”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione.

I rilievi svolti nella memoria della ricorrente non si fanno carico di valutare le argomentazioni svolte dalla relazione al lume della giurisprudenza citata, in modo che il Collegi ritiene pienamente giustificato, con riferimento ad entrambe le cause di inammissibilità, come, invece – conforme alla funzione di stimolazione del progetto di decisione che la relazione rappresenta – si sarebbe dovuto fare.

Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro duemilaseicento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2011

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