Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13200 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34964/2018 proposto da:

D.S.A.A., rappresentato e difeso dall’avvocato

Daniela Vigliotti, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

08/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/12/2019 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 4448/2018 depositato il 08-11-2018 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di D.S.A.A., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal proprio Paese per timore di essere arrestato in quanto aveva colpito con un bastone lo zio paterno, dal quale tutta la sua famiglia aveva subito soprusi e violenze. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del Senegal, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo il ricorrente lamenta “Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 T.U. Immigrazione, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere, l’Ill.mo Tribunale di Brescia, Sezione Specializzata in materia di Immigrazione Protezione Internazionale e Libera Circolazione dei Cittadini dell’Unione Europea concesso al Ricorrente la protezione per ragioni umanitarie, in ragione della situazione socio-politica del suo Paese di provenienza, omettendo con ciò di assolvere all’onere di cooperazione istruttoria gravante in capo all’autorità giudiziaria adita nella materia che ci occupa”. Censura la valutazione effettuata dal Tribunale sulla situazione generale del Paese, richiama le informazioni reperibili dal sito viaggiare sicuri e dal rapporto Amnesty International 2017/2018, dai quali emerge la persistente condizione di povertà, violenza, corruzione, insicurezza del Paese e le limitazioni ai diritti alla libertà di riunione pacifica e d’espressione. Deduce che numerose sono le pronunce di merito di riconoscimento della protezione internazionale emesse in favore di connazionali del ricorrente, il quale, in caso di rimpatrio, verrebbe a trovarsi in una situazione di vulnerabilità in ragione della situazione generale del Paese di origine.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Occorre precisare, in via preliminare, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019), come correttamente affermato nel decreto impugnato.

2.2. Ciò posto, il ricorrente allega genericamente la propria situazione di vulnerabilità senza alcun riferimento individualizzante, limitandosi a richiamare la normativa di riferimento e alcune pronunce di questa Corte, nonchè la situazione di insicurezza, corruzione, violenza e povertà del Senegal.

Il Tribunale, con accertamento di fatto incensurabile ove adeguatamente motivato, come nella specie, ha escluso la sussistenza di fattori soggettivi di vulnerabilità, rilevando che il richiedente è un giovane uomo con integra capacità lavorativa, senza problemi di salute e che la sua famiglia – moglie e figlia – è in Senegal. Il Tribunale ha escluso, altresì, la sussistenza di fattori oggettivi di vulnerabilità, richiamando le fonti di conoscenza indicate nel decreto.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia neppure è stato allegato, e in ogni caso non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, e la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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