Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13199 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. I, 30/06/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 30/06/2020), n.13199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34199/2018 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo

Gilardoni, giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/12/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 4005/2018 depositato il 08-10-2018 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di O.D., cittadino della (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè perseguitato dal padre per motivi religiosi. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Nigeria e dell’Edo State, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente formula “in via preliminare richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3 septies, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito, con decreto non reclamabile, entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso”.

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con unico articolato motivo il ricorrente lamenta “nel merito: violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, con particolare riferimento al mancato riconoscimento dell’autonoma rilevanza giuridica, ai fini del rilascio del permesso umanitario, alla condizione di estrema povertà dello straniero nel Paese d’origine, poichè tale condizione compromette in modo radicale il “raggiungimento degli standards minimi per un’esistenza dignitosa” alla luce delle enunciazioni di cui alla Sentenza della Corte di Cassazione n. 4455/2018″. Deduce che il Tribunale ha omesso di valutare, quanto alla condizione di sua vulnerabilità, il fattore della povertà, l’adeguata integrazione sociale in comparazione con la condizione di provenienza, avuto riguardo al diritto di condurre una vita dignitosa. Lamenta inoltre la mancata valutazione della situazione del Paese di origine sulla tutela dei diritti umani fondamentali, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria.

4. Occorre premettere, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

5. Passando all’esame della censura, il motivo è inammissibile.

5.1. Il ricorrente neppure si confronta con il percorso argomentativo di cui al decreto impugnato, limitandosi a dedurre genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta, quanto alla dedotta sua situazione di vulnerabilità, peraltro allegata senza riferimenti individualizzanti, difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Il Tribunale ha, motivatamente, escluso ogni profilo soggettivo di vulnerabilità del richiedente, affermando che non era stata prodotta alcuna certificazione medica in merito allo stato di salute del cittadino straniero, da considerarsi migrante economico, e alla sua fragilità psichica, allegata negli atti difensivi, ed ha altresì escluso la sussistenza di fattori oggettivi di vulnerabilità.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018 richiamata nella sentenza impugnata) e diventa recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie.

6. Nulla deve disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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